lunedì 24 dicembre 2012

Sfinge, Mummia, Scimmia e Volpe di Marco Travaglio


Non so se avete presente
Fantozzi quando pianta
la tenda nel campeggio, di
notte, col ragionier Filini dell'ufficio
Sinistri. Filini, cieco
come una talpa, gli schiaccia il
dito col martello e Fantozzi,
per non svegliare i campeggiatori,
trattiene le urla per
parecchi minuti, liberandole
solo quando ha attraversato la
foresta. E' la citazione più colta
che viene in mente per descrivere
il minimo comun denominatore
di Mario Monti,
la Sfinge, e di Silvio Berlusconi,
la Mummia, finalmente liberi
di sfogarsi dopo tredici
mesi di reciproca prigionia.
La Sfinge non poteva dire quel
che pensava della Mummia
per non gettare la maschera
del tecnico “extra partes”, e
soprattutto perchè il Pdl gli teneva
in piedi la maggioranza.
La Mummia non poteva dire
quel che pensava della Sfinge
perchè gli serviva un anno di
decantazione per far risalire i
titoli delle sue aziende in Borsa
e far dimenticare almeno ai
suoi le porcherie del suo ultimo
governo. Ieri, finalmente,
han potuto dirsi tutto.
La Sfinge considera la Mummia
uno squilibrato mentale
che dice tutto e il suo contrario.
La Mummia considera la
Sfinge un povero professorucolo
estraneo alla “trincea del
lavoro”, praticamente un fannullone
che sta rovinando l'Italia.
La Sfinge aggiunge che
non riesce a capire quel che
dice la Mummia. Poi l'Annunziata
gli dice che non ha
capito una mazza di quel che
ha detto in conferenza stampa,
anche perchè è l'opposto
della sua intervista a Scalfari
(nel senso che Monti intervistava
Scalfari), ma le domande
che gli fa in ostrogoto non le
capisce nessuno, nemmeno la
Sfinge.
Intanto la Mummia va da Giletti
e cerca di spiegare perchè
mai voleva la Sfinge a capo dei
moderati, ma non ci riesce e
allora se la prende col timido
Massimo Franco (“anche il
Corriere fa parte del complotto”)
e persino col povero Giletti,
che si credeva bastevolmente
arrendevole, non sospettando
che una domandina
ogni tanto costituisce già
eversione. “Ma come, torno in
tv dopo un anno e lei non mi
fa parlare?”.
Non sa, l'ingenuo conduttore,
che l'unità di misura del servilismo
intervistatorio è cambiata:
il sistema nanometrico
decimale, un tempo imperniato
sul “fede” (una domanda
precotta) e sul “vespa” (due
domande al massimo, con
scrivania di ciliegio incorporata),
è ora passato al “d'urso”
(solo gridolini di giubilo e
squittii di gaudio). Il “giletti” è
già terrorismo.
L’altro tratto comune della Sfinge e della
Mummia è l'Ego smisurato: si credono entrambi
la reincarnazione di De Gasperi. Monti
ne parla come di un fratello maggiore, senza
naturalmente averlo mai conosciuto, mentre B.
lo guarda dall'alto in basso (“sono l'italiano che
ha governato di più nella storia, anche più del
ricordato De Gasperi”).
Entrambi, poi, sentono le voci. Monti: “Sento la
società civile dirmi: certo, ci tassate molto, ma
andate avanti così!”. Berlusca: “Tutti mi chiedono
di tornare in campo per completare la rivoluzione
liberale”. Chissà che gente frequentano:
forse club sadomaso.
Monti cita ogni due per tre l'”Agenda Monti”
come se parlasse di un altro, con l'aria ispirata
che dovevano avere i figli di Aronne quando
trasportavano nel deserto l'Arca dell'Alleanza:
occhi socchiusi, boccuccia a cul di gallina, respiro
trattenuto, quasi che l'Agenda fosse un'antica
e sacra iscrizione iniziatica, tipo i Rotoli di
Qumran, il Codice di Hammurabi, la Stele di
Rosetta. Intanto impiega tre quarti d'ora per dire
che si mette all'asta al migliore offerente e non
si abbassa a candidarsi a premier: sono gli altri,
possibilmente tutti, che devono pregarlo in ginocchio.
Si sente tanto Gesù Bambino in attesa
dei Magi. E, mentre snocciola i punti dell' Agenda
Purga con la voce briosa di una segreteria
telefonica, fra una circonlocuzione di dieci minuti
e una freddura che fa ridere solo lui (“l'Agenda
è molto pink e molto green”, vedi Ilva),
s'ode in sottofondo un inconfondibile “ronf
ronf”.
Più pirotecnico l'eloquio della Mummia,che ha
imparato a memoria tre o quattro cose e le ripete
uguali in tutti i programmi, ma sempre condite
con la mossa di Ninì Tirabusciò. Una volta si
alza, finge di andarsene e poi si risiede (“Me ne
vado? VUole che me ne vada? Mi siedo per l’ultima
volta, ma la prossima mi alzo e me ne vado”).
Un'altra tenta la barzelletta dell'incubo
con ”Monti premier, Ingroia alla Giustizia, Di
Pietro alla Cultura, Fini era nelle fogne, quello
del Sel... come si chiama... alla Famiglia e non le
dico cosa faceva la Bindi, ahah”. Oppure conia
neologismi (“pedessiquamente”, “il governo
tennico”). O dà della “scimmia” a Beppe Grillo,
sperando di esorcizzarlo. Intanto la Scimmia
snobba le tv e gira l'Italia a caccia di firme.
In serata, per completare il carrello dei bolliti, si
affaccia da Fazio anche Max D'Alema, la Volpe
del Tavoliere che s'è fatta fregare, nell'ordine,
prima dalla Mummia, poi dalla Sfinge e ora, non
c'è il due senza il tre, attende la Scimmia. Dunque,
fra i quattro, passa per il più furbo.

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