Le prossime elezioni rischiano di costare la
pelle non solo ai grandi partiti, ma anche agli
editori e ai prenditori che ingrassano alle loro
spalle. Dunque prepariamoci a dosi
quotidiane di olio di ricino (quando B. era il nemico,
qualcuno avrebbe detto “metodo Boffo”) per i
nemici della strana maggioranza Pdl-Udc-Pd, che poi
tanto strana non è: Di Pietro, Grillo, alcuni pm che
insidiano il nuovo regime tripartito, già bollati di
“fa s c i s t i ” e “populisti”, diverranno prossimamente
nazisti, poi magari pedofili. Nessun mezzo o
mezzuccio verrà risparmiato. L’antipasto lo fornisce
La Stampa, che inaugura contro Di Pietro un nuovo
genere giornalistico: l’intervista col morto. Il
trapassato di turno è l’ex ambasciatore Usa in Italia
Reginald Bartholomew, deceduto domenica. Ieri, a
cadavere caldo, Maurizio Molinari ha pubblicato
parte di un colloquio avuto con lui “il mese scorso”
in un ristorante di Manhattan. Così il defunto non
può smentire, né essere querelato. Titolo in prima:
“Rivelazione: ‘Così fermai lo strano flirt fra l’Amer ica
e Di Pietro’”. Dunque nel '93 (quando Bartholomew
divenne ambasciatore a Roma) Di Pietro aveva uno
“strano flirt con l’Amer ica”. Senonché nell’ar ticolo
Di Pietro è nominato una sola volta, e per dire che
l’ambasciatore non incontrò né lui né alcun pm di
Mani Pulite. Di chi e di quale flirt stiamo parlando?
“Bartholomew si accorge che qualcosa nel
Consolato a Milano ‘non quadrava’”. Cosa? Mistero.
Bartholomew aveva una tal “urgenza di lasciare una
testimonianza” a Molinari che non gliel’ha detto. “Se
– scrive Molinari – fino ad allora il predecessore
Secchia aveva consentito al Consolato di Milano di
gestire un legame diretto con il pool di Mani Pulite,
‘d’ora in avanti tutto ciò con me cessò’, riportando
le decisioni in Via Veneto”. “Tutto ciò” cosa? Quali
“decisioni”? Mistero: il pover’uomo è spirato fra le
braccia del cronista con le risposte sulla punta della
lingua. Le sue uniche affermazioni su Mani Pulite
(mai su Di Pietro) sono suoi personalissimi giudizi
sul pool che “violava sistematicamente i diritti di
difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una
democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si
sente legato”. Ma guarda un po’: il cuoricino
candido dell’ambasciatore di un paese che ha ancora
la pena di morte sanguinava per quei poveri
tangentari arrestati. Così convocò “il giudice Scalia
della Corte Suprema per fargli incontrare sette
importanti giudici italiani (quali ovviamente non lo
dice, così nessuno può smentire, ndr) e spingerli a
confrontarsi sulla violazione dei diritti di difesa da
parte di Mani Pulite” alla luce del “dir itto
anglosassone”. Infatti negli Usa i processi per i
“fe l o ny ” (i nostri delitti) partono con l’ar resto
automatico dell’imputato che poi, se ha i soldi, esce
su cauzione. Nei due anni di Mani Pulite invece, su
5mila indagati, solo 900 furono arrestati. Non dai
pm, come vaneggiano Bartholomew e Molinari, ma
da un gip, di solito confermato da 3 giudici di
Riesame e 5 di Cassazione, a riprova del fatto che
non vi furono abusi. Ultima rivelazione: “Nel luglio
'94 il presidente Clinton arriva in Italia al G7 che il
governo Berlusconi ospita a Napoli” e proprio in
quel mentre “Mani Pulite recapita al premier un
avviso di garanzia. La reazione di Bartholomew è
molto aspra: ‘Si trattò di un’offesa al presidente Usa
perché era al vertice e il pool Mani Pulite aveva
deciso di sfruttarlo per aumentare l’impatto della sua
iniziativa giudiziaria contro Berlusconi”. Però, che
notiziona. C’è solo un piccolo dettaglio, sfuggito
all’anziano infermo e anche all’infor matissimo
intervistatore: il primo “avviso di garanzia” (che poi
era un invito a comparire), fu recapitato a B. non nel
luglio '94 durante il G7 di Napoli, ma il 21 novembre
durante un incontro internazionale anti-crimine,
dove non c’era ombra di Clinton. Ora però Molinari
annuncia altre “puntate” con nuove mirabolanti
“r ivelazioni”. Nella prossima, Di Pietro pedofilo e i
pm cannibali. L’ha detto il morto
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