sabato 29 settembre 2012

Un Paese sull'orlo di una crisi di nervi


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Negli scontri di Madrid tra i manifestanti e la Polizia davanti al Parlamento c'era qualcosa di nuovo. Le immagini non trasmettevano solo le cariche, le manganellate, i corpi di persone incoscienti trascinate di peso a cui ormai siamo abituati, ma un clima daguerra civile. I manifestanti avanzavano indifferenti ai colpi, non si curavano delle conseguenze, delle denunce e della galera. Non erano black block, ma gente normale con la faccia rassicurante del vicino di casa senza più niente da perdere. Avevano la stessa faccia dell'operaio dell'ALCOA che a Roma si diceva disposto a morire piuttosto che rinunciare al posto di lavoro che gli consente di mantenere la famiglia o la disperazione dei lavoratori dell'ILVA che sanno di barattare un misero stipendio con la salute e con la morte dei loro stessi figli. Non sono solo le aziende italiane a chiudere o a fuggire in Europa per sopravvivere, anche le multinazionali se ne vanno o tagliano il personale come la Fnac e la McDonald. Licenziano centinaia di persone, un numero che ormai non viene nemmeno preso in considerazione dai media, non fa più notizia.
La rabbia spagnola è contro le misure del governo, contro una povertà che si credeva superata per sempre, contro la politica della BCE, non è rivolta contro le ruberie dei politici, contro uno Stato predone e arrogante, contro leggi disegnate su misura dai parlamentari per rubare nella legalità. Rajoy e il suo predecessore Zapatero non sono accusati di truffa, malversazioni, corruzione, appropriazione indebita. Eppure, negli occhi degli spagnoli alla Puerta del Sol che gridavano "No nos rapresentan!" o "La voce del popolo non è fuorilegge", c'era una rabbia che mi ha ricordato la folla fuori dal palazzo diCeaucescu prima che fuggisse in elicottero diretto verso la sua fine. In Italia i politici hanno persino lo stomaco, dopo decenni di silenzio, al presagire dei forconi alle porte, di dichiarare di voler urgentemente una legge anti corruzione, di cambiare la legge elettorale, di ridurre gli stipendi dei politici, di abolire i vitalizi parlamentari. Meretrici pitturate che si fingono vergini per proporre un nuovo matrimonio ai cittadini. Nessuno ammette le proprie colpe, nessuno lascia la poltrona spontaneamente senza l'intervento della magistratura, nessuno denuncia il collega corrotto, nessuno rinuncia all'ultimo euro rubato "a norma di legge" alla collettività. Intanto il corpaccione dell'Italia si muove sempre più lentamente, ondeggia, barcolla. Si tiene ancora in piedi, ma senza ragione apparente, come un vecchio ubriaco prima di collassare, all'improvviso. Rigor Montis è tornato dagli Stati Uniti con in tasca il reincarico, mentre coloro che hanno affossato, l'Italia negli ultimi decenni si propongono senza pudore come salvatori sugli schermi televisivi intervistati dai loro servi. La rabbia italiana potrebbe fare impallidire quella spagnola. Dio fa impazzire coloro che vuole perdere.

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