venerdì 22 marzo 2013

COS’È IL DANNO DA VACCINO



Il problema dei danni da vaccino può essere inquadrato a partire dalla loro gravità:
  • Per le persone danneggiate a livello individuale in modo più o meno grave e,
  • Per i danni a livello di massa per certi versi ancora più pericolosi.

DANNI GRAVISSIMI CON LA MORTE DEL SOGGETTO

Esistono anche se ampiamente sottovalutati numericamente danni gravissimi con la morte del soggetto vaccinato: questo tipo di danni riguarda una casistica di bambini deceduti nella primissima infanzia a seguito di una o più vaccinazioni, per le quali nessuno e tanto meno il ministero della salute fanno nulla per rilevarne l’entità. La cosa è comprensibile per l’impatto negativo che avrebbero dati del genere nel frenare le campagne vaccinali ma è del tutto ingiustificabile in quanto solo uno studio epidemiologico del genere consentirebbe fra l’altro di individuare i possibili bambini a rischio salvando molte vite. La tendenza della ricerca scientifica nazionale ed internazionale è quella di minimizzare il fenomeno: rispetto a questo punto come rispetto a tutti i danni da vaccino sarebbe sufficiente la compilazione delle schede di sospetta reazione avversa da vaccino per avere un quadro del fenomeno. Per questo, secondo noi, il Ministero, nella sua prossima deliberazione dovrà prevedere che, per ogni bambino deceduto entro 30 giorni dalla vaccinazione sia prevista una indagine approfondita.

DANNI GRAVISSIMI CHE NON PORTANO ALLA MORTE

Quanto ai danni gravissimi che non hanno portato a morte il vaccinato si tratta di rilevare che non esistono studi epidemiologici, che solo negli USA i VAERS sono migliaia (comunque nulla rispetto alla realtà), solo in Germania vi sono 5000 segnalazioni l’anno, in Italia il Ministero non fornisce dati, le persone non conoscono l’esistenza delle schede di sospetta reazione avversa ai vaccini e quindi non ne possono richiedere la compilazione, le ASL fanno di tutto per non compilarle.
Quando un bambino muore a causa di un vaccino, genitori sono disperati e distrutti, non tollerano possibili autopsie sul bambino, sono deviati dai medici, paramedici e d amici ecc che negano a priori qualsiasi responsabilità, qualora vi siano delle indagini queste sono le più superficiali possibili, il tutto si conclude dopo qualche mese o qualche anno con una archiviazione del caso. Non viene nemmeno mai compilata la scheda di sospetta reazione avversa da vaccino.
L’esempio di Padova del 2003 è un caso esemplare: i genitori sono due infermieri, quindi discretamente preparati, avevano inutilmente cercato di far ritardare la vaccinazione antimorbillo senza riuscirci, hanno coinvolto subito una associazione locale, non hanno accettato le intimidazioni o i tentativi di confusione, hanno trovato dei medici che non si sono accontentati di soluzioni facili ma false. Le due perizie medico legali, disposte dal giudice, hanno confermato il rapporto fra la morte e il vaccino antimorbillo.
Le stesse cose valgono anche per i danni gravissimi, con il fatto che con il bambino vivo non è possibile fare l’autopsia e quindi le commissioni medico ospedaliere degli Ospedali Militari (L. 210/92) hanno gioco facile a negare il rapporto fra vaccino e danno.

I DANNI MENO GRAVI

I danni meno gravi o modesti possono riguardare tutti gli organi e apparati. Sono numerosissimi e non vengono quasi mai segnalati perché:
  • Spesso si manifestano molto tempo dopo la vaccinazione, quindi sono difficilmente correlabili,
  • hanno un decorso poco significativo, magari con una sola puntata febbrile,
  • i genitori, dopo un po’ di tempo non ricordano i fatti e le correlazioni,
  • quasi sempre i genitori si adattano al pensiero che il bambino è stato sfortunato ma ha evitato il peggio.
Soprattutto in questo caso, genitori, pediatri e ASL non si sognano neppure di compilare le schede di sospetta reazione avversa al vaccino.

I DANNI PIÙ MODESTI

I danni più modesti e quelli minimi. Questo tipo di danno non è preso in considerazione da nessuno, eppure è del tutto evidente che esiste in quanto non possono esistere danni gravissimi come quelli noti senza contemporaneamente in modo assolutamente più numeroso, danni modesti e minimi. Questi sono perlopiù attribuiti al caso, all’ereditarietà, ecc. riguardano poi centinaia di migliaia di bambini in Italia e nel mondo. Per rilevarli sono indispensabili ricerche epidemiologiche ampie ed approfondite.
Al fine di consentire di disporre di indagine epidemiologiche serie, soprattutto sui danni modesti e minimi, è bene tener presente che un’indagine del genere deve coinvolgere un numero adeguati di soggetti (diverse migliaia).
Questi devono avere caratteristiche omogenee (per età, sesso, posizione geografica, condizioni socio economiche, ecc), devono basarsi su un questionario completo ed adeguato, devono prevedere esami obiettivi, definiti con parametri omogenei, non devono essere gestiti esclusivamente dalle ditte farmaceutiche.

LA QUESTIONE DEI CONSERVANTI A BASE DI MERCURIO … E NON SOLO

IL MERCURIO

I dati di assorbimento, di distribuzione e di trasformazione del mercurio così come i relativi aspetti patologici [vedi IARC (1)], biochimici (2) e di medicina del lavoro (3) sono stati ben studiati e sono abbastanza conosciuti.
Il mercurio è contenuto nella molecola del tiomersal, un composto chimico usato come battericida a garantire la sterilità delle preparazioni vaccinali. Appena iniettato nel circolo umorale, il tiomersal si decompone subito in etilmercurio e salicilato. L’etilmercurio è considerato ‘mercurio organico’. Gli effetti del mercurio (come metilmercurio, molto simile all’etilmercurio) sono stati ben studiati e documentati in letteratura: esistono migliaia di articoli sulla tossicità del mercurio nei confronti del sistema nervoso che comprendono anche i dati sull’assorbimento e distribuzione nei tessuti sotto forma di mercurio organico, il composto chiave che è alla base della tossicità del tiomersal.

DISTRIBUZIONE NEL CORPO UMANO

Il mercurio sotto forma di mercurio organico ed in particolare di metil (MM) (o etil) –mercurio non ha una distribuzione uniforme nei vari tessuti (4 e relative citazioni). Se ingerito con il cibo, viene assorbito quasi completamente dalla mucosa intestinale. Appena entra nel circolo sanguigno, il 90 % del MM è presente nei globuli rossi del sangue, associato alle proteine contenenti gruppi –SH, per i quali ha una grande affinità. Dal sangue passa ai tessuti in maniera differenziale. Ci vogliono circa 1-2 giorni affinchè la distribuzione si completi (4). Passa facilmente la barriera emato-encefalica e la barriera placentare. Siccome i tempi di eliminazione sono molto lunghi [circa 70 giorni per il mercurio nel sangue e addirittura 270 giorni per il mercurio nel sistema nervoso centrale (5)] a causa dell’eliminazione massima giornaliera molto ridotta, si stabilisce uno stato d’equilibrio tra mercurio nel sangue, nel cervello e nelle escrezioni (stato stazionario) che ha un significato fisiologico preciso. La concentrazione nel sangue (e qui si intende sangue intero e non plasma sanguigno), normalmente utilizzata per diagnosticare le intossicazioni acute (l’analisi delle urine non ha significato diagnostico), diventa diagnostica dell’intossicazione cerebrale a lungo termine (6) (dopo almeno qualche giorno) quando l’equilibrio tra il mercurio nei vari comparti corporei si è instaurato. Per cui la rilevazione entro 24-48 ore della concentrazione sanguigna (sangue intero) ha il suo valore nell’immediato per una intossicazione acuta. Nei giorni seguenti ha un suo valore per stimare l’intossicazione cerebrale. La concentrazione nel cervello in stato stazionario è circa 10:1 rispetto al sangue.
Inoltre, il mercurio è concentrato fino a 250 volte nei capelli rispetto al sangue. Questo ha un alto valore diagnostico temporale, in quanto la velocità di crescita dei capelli è di circa 1 cm al mese. La distribuzione della concentrazione del mercurio nel tempo nei capelli è un indice sicuro dell’esposizione e del suo decorso temporale.
Studi del metabolismo, hanno evidenziato che il mercurio organico è trasformato lentamente in mercurio inorganico dai batteri intestinali e quindi eliminato tramite le feci. Questa trasformazione è lenta (4). Nel cervello parte del mercurio organico è a sua volta trasformato in inorganico, rendendo difficile il suo allontanamento.

EFFETTI TOSSICOLOGICI

Il mercurio è un veleno sistemico. Il metil mercurio è cancerogeno (1). Si presume che a livello molecolare la sua tossicità sia dovuta alla quantità di mercurio legato ai recettori cellulari o a molecole bersaglio. Questo implica la presenza di una ‘dose-soglia’ che dipende solo apparentemente dalla quantità di mercurio accumulata nelle cellule e nei tessuti. E’ stata scoperta l’esistenza di un complesso di geni (l’operone Mer) capace di donare resistenza alle cellule nei confronti del mercurio. Il complesso regola l’espressione di proteine ed enzimi capaci di catturare e ridurre allo stato metallico il mercurio (Hg°), non tossico e quindi espulso dalle cellule senza danni (7). Tale complesso è situato in plasmidi, a cui sono associati anche geni che conferiscono resistenza a molti antibiotici: la presenza del mercurio favorisce quindi una flora batterica resistente agli antibiotici.
Le conseguenze per la salute di questa condizione (popolazione batterica intestinale alterata e resistente agli antibiotici) è ancora tutta da valutare. In ogni caso, in biologia si considera che a causa dell’effetto dell’interazione specifica con molecole recettrici, il valore di concentrazione soglia della sostanza, scatenante una reazione cellulare o biochimica di risposta, possa essere anche estremamente bassa, in quanto la reazione non è legata strettamente alla concentrazione ma all’effetto che anche una molecola di sostanza può scatenare, legandosi al sito opportuno. Per una discussione dettagliata sugli aspetti biochimici e cellulari si rimanda alla letteratura specializzata.

ALTERAZIONE DEL SISTEMA NERVOSO

Una caratteristica rimarchevole del MM è il danno selettivo nei confronti del sistema nervoso centrale (SNC). Questo è un dato abbastanza sconcertante che non è ancora ben spiegato (4). Il SNC nell’adulto è danneggiato, con perdita di neuroni funzionanti in varie aree del cervello. E’ interessante notare che un disturbo classico come la parestesia delle estremità (mani e piedi) che appare per primo alle dosi più basse, ha un periodo di latenza di un mese o più. I sintomi aggravano in tempi ancora più lunghi ( 8 ). Bisogna notare che gli effetti di dosi basse al mercurio organico esprimono i loro effetti nocivi in tempi lunghi.
Il MM è particolarmente dannoso per il cervello in via di formazione. Nei casi degli avvelenamenti a Minamata (Giappone), sono stati notati danni cerebrali-neurologici severi per esposizione prenatale, nonostante che le madri avessero livelli ematici di mercurio normali, tipiche di persone non esposte (9). Questo è stato confermato da esperimenti su animali (10). Da notare che anche in questo caso si parla di alterazioni comportamentali e neurologiche (nei bambini nati) a basse dose di esposizione!!
Il danno nel cervello in via di sviluppo differisce sia come patologia sia come meccanismo di azione da quello che soffre un cervello sviluppato (11). Si considera all’incirca che la sensibilità del SNC del bambino sia 10 volte più sensibile di quello dell’adulto. L’aspetto biochimico di base è l’azione selettiva sui microtubuli del citoscheletro delle cellule neuronali. Infatti il monomero della tubulina (componente fondamentale del citoscheletro) contiene gruppi –SH, che hanno una grande affinità per il mercurio. Il processo di assemblaggio e smontaggio del citoscheletro, che avviene continuamente durante la vita cellulare, viene inibito e disorganizzato (12). Tali aspetti sono fondamentali per la divisione cellulare e la migrazione cellulare nel differenziamento e ciò si correla bene con le osservazioni sulle patologie del cervello danneggiato per esposizione al mercurio.

ALTERAZIONI NEUROLOGICHE

E’ stato notato che l’avvelenamento prenatale conduce a forme patologiche non distinguibili nel neonato da quelle tipiche delle paralisi cerebrali leggere, come evidenziato dagli studi fatti nell’avvelenamento in Iraq (13).I bambini iracheni hanno avuto una serie di ritardi a vari livelli in vari distretti corporei.
Analisi biostatistiche hanno rilevato una correlazione chiara tra le concentrazioni di picco durante esposizione prolungata (pane contaminato) della madre durante gravidanza e frequenza di problemi neurologici nei nascituri.
Questa è la prima volta dove si è stabilita una chiara correlazione tra dose-risposta nell’uomo (14). E’ da notare ancora una volta la correlazione tra danni neurologici minori ed esposizione a mercurio a basse dosi (come nel caso dell’esposizione prenatale) e la valutazione di questi effetti a livello neurologico. Questo argomento riprende da vicino quanto discusso sugli effetti comportamentali e neurologici a lungo termine a seguito delle vaccinazioni DT (difto-tetanica) (15, 16). Le sottili anomalie neurologiche da ‘encefalite’ post vaccinali più o meno manifeste sono simili a quelle riscontrate negli studi di avvelenamenti di massa.
A proposito di comportamento alterato a seguito di danni neurologici da vaccinazioni, è stata ben evidenziata la correlazione sconcertante tra l’incremento dell’autismo, di natura quasi ‘epidemica’, e le vaccinazioni. E’ stata infatti chiaramente delineata l’ipotesi che le vaccinazioni possano causare l’insorgenza delle sindromi autistiche nei bambini (17).
La correlazione tra esposizione a metilmercurio e ritardi comportamentali nello sviluppo dei bambini è stato postulato anche molto di recente, confermando la serietà dei dubbi sulle lesioni a lungo termine del sistema nervoso centrale per effetto dell’esposizione a basse dosi di mercurio organico nei bambini (18).
Più in generale, sulle lesioni del mercurio organico a carico del sistema nervoso centrale e particolarmente della sostanza grigia del cervello (con tutte le patologie da esse derivate) si rimanda alla letteratura specializzata facilmente reperibile (ad es. 6).

LIMITI DI ESPOSIZIONE

Si ricorda che i limiti di esposizione al mercurio sono i seguenti (Tabella 1) (“microg” sta per microgrammi):
Tabella 1: Limiti di esposizione al mercurio secondo alcuni enti di controllo di riferimento
Da notare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) non si pronuncia sulla quantità giornaliera ma sulla quantità settimanale: il limite è 3.3 microg/kg/settimana (20) che equivale a 0.47 microg/kg/giorno.
Il riferimento del limite ‘per settimana’ è sorprendente poiché sembra “diluire” il problema nel tempo: infatti una dose vaccinale superiore ai limiti su base giornaliera può essere considerata accettabile se suddivisa nell’arco di una settimana. In un altro documento dell’OMS (21) si legge che per i bambini il limite di esposizione al mercurio può essere di 159 microg/kg/anno.
Tabella 2quantità giornaliera di mercurio somministrato
(1) limiti per un giorno per un bambino di 3 mesi, 5 kg di peso (valori da Tabella 03.1)
Questo limite annuale, se calcolato su base giornaliera, equivale a 0.43 microg/kg/giorno: questo dato è consistente con quello citato in precedenza (riferimento 20) se riferito al valore giornaliero. In ambedue i documenti, quindi, vengono dati dei limiti che, se espressi su base giornaliera, sono decisamente superati dalle quantità presenti nei vaccini, come evidenziato nella Tabella 2.
Le quantità di mercurio presenti nelle preparazioni vaccinali più comuni sono riportate nella Tabella Tabella 03.2 (microg sta per microgrammi) (da ‘L’Informatore Farmaceutico’, 57a ed., 1997).
Come si può osservare, in una seduta vaccinale che prevede sia la vaccinazione DT (vaccini Anatoxal o Di-Te-all) sia la vaccinazione per l’epatite B (vaccini Engerix o Recombivax) viene inoculata una quantità di mercurio nettamente superiore a quelle considerate come limiti di esposizione per un bambino di 3 mesi (5 Kg di peso). I dati dimostrano in modo evidente che nei vaccini sono contenute quantità tali che, se iniettate, sono superiori a quelle considerate come limite di esposizione.
Viene comunque osservato che i limiti federali USA non si riferiscono a situazioni di dosi intermittenti (come nel caso delle vaccinazioni) (19), cosa che costituirebbe una situazione aggravante. Infatti, e’ interessante notare che dal punto di vista tossicologico è molto diverso somministrare una dose di un prodotto tossico tutta in una volta o dilazionata nel tempo. Recenti indagini sugli effetti neurologici negativi in bambini per esposizione al metilmercurio suggeriscono che dosi significative prese in maniera intermittente e dilazionata (come nelle vaccinazioni) sono più dannose che dosi minori prese in modo continuo (22). Questo è stato confermato da due studi condotti su popolazioni che hanno subito intossicazioni da metilmercurio dopo esposizione a dosi considerate ‘sicure’ (23,24)! In particolare sono stati seguiti parecchi bambini dalla gravidanza fino all’età di 5-7 anni, studiandone lo sviluppo e gli aspetti neurologici e comportamentali. Quindi sostenere che il mercurio annuale a cui sono sottoposti i bambini per le vaccinazioni è comunque somministrato in quantità limitata per cui è possibile sopportarlo senza conseguenze, non ha nessuna base ragionevole, in quanto l’effetto di dosi alte e ripetute è completamente diverso di quello di dosi molto basse e prese in continuo.
Questo dibattito ricorda quello sul piombo alcuni decenni fa: dopo anni di studio si è constatato che effetti sottili e pericolosi da esposizione su tempi lunghi possono essere registrati a dosi progressivamente sempre più basse di piombo. Ciò ha portato ad una continua e drastica diminuzione dei limiti accettabili di esposizione e delle loro modalità (25). Nessuno oggi si sognerebbe di mettere del piombo in qualsiasi preparato da iniettare nel corpo umano: questo è ovvio in quanto decenni di esposizione a livello industriale e lavorativo hanno permesso di verificare la perniciosità dell’esposizione al piombo anche a livelli molto bassi. La presa di coscienza dei rischi associati alla sua presenza ha quindi creato la consapevolezza diffusa ed accettata ormai da tutti della sua pericolosità. La stessa cosa deve maturare col mercurio, che essendo un materiale forse meno diffuso del piombo, ma forse più velenoso, non ha ancora elevato il livello di vigilanza consapevole della società nei confronti della sua pericolosità.

L’ALLUMINIO

L’alluminio è stato sempre considerato innocuo soprattutto a causa del bassissimo livello di assorbimento intestinale (tra lo 0.01 e 0.3 %, in condizioni di buona salute (26, 27)). L’organismo umano ha sviluppato meccanismi molto efficienti per l’eliminazione dell’eccesso di alluminio dal corpo, la cui presenza globale rimane molto bassa. Il suo ruolo biologico sembra essere quello di stimolo dell’accrescimento cellulare e dell’intero organismo animale in dosi molto basse, mentre a dosi più alte diventa rapidamente tossico (26).
E’ comunque oramai riconosciuto che l’alluminio è un elemento tossico sia per gli animali da esperimento sia per l’uomo (28). Il rilascio di alluminio presente nel terreno a causa delle piogge acide, il suo utilizzo nel trattamento delle acque, come additivo nel cibo e nei medicinali e soprattutto iniettato direttamente nel circolo sanguigno con le vaccinazioni hanno notevolmente aumentato il rischio di intossicazione della popolazione.
Studi epidemiologici hanno confermato una correlazione significativa tra l’insorgenza di disordini mentali (come ad esempio il morbo di Alzheimer) e la contaminazione dovuta al contenuto di alluminio nell’acqua potabile (29,30).
La principale preoccupazione riguardante l’impatto dell’alluminio sulla salute umana è la sua tossicità in caso di esposizione eccessiva. Ad esempio l’ecefalopatia da dialisi nel caso di soggetti con deficienze renali croniche e sottoposti a dialisi continue è stata associata all’aumento di alluminio presente nel sistema nervoso centrale. L’alluminio veniva sistematicamente assorbito dall’acqua di dialisi (31). L’eccesso di alluminio danneggia inoltre anche lo scheletro, riducendo marcatamente la formazione dell’osso.
E’ da notare che a causa dell’efficienza dell’organismo umano nell’eliminare l’alluminio in condizioni normali di non esposizione e buon funzionamento degli organi di assorbimento (intestino) e secrezione (reni), la concentrazione nel sangue in persone non esposte è molto bassa: 6-7 microg/l (32,33).

LIMITI DI ESPOSIZIONE

Nella Tabella 3 vengono riportati le quantità di alluminio presenti in alcune delle preparazioni vaccinali più comuni (da ‘L’Informatore Farmaceutico’, 57a ed., 1997), le quantità giornaliere ricevute da un bambino nel caso di una seduta vaccinale con due vaccinazioni contemporanee ed il valore di esposizione considerato come limite oltre il quale si possono avere pericoli per la salute (microg sta per microgrammi):
Tabella 3quantità giornaliera di alluminio somministrato
(1) limiti per un giorno per un bambino di 3 mesi, 5 kg di peso (valori da Tabella 03.1)
(2) considerando un assorbimento medio del 0.1% (26,27)
Esiste una ricca letteratura sulla fisiopatologia e biochimica dell’alluminio dovuta all’aumento dell’attenzione verso questi problemi proprio in questi ultimi 10 anni. Di seguito, si forniranno alcuni elementi su come l’alluminio introdotto come idrossido o fosfato direttamente all’interno del corpo (come nel caso delle vaccinazioni) possa essere solubilizzato nel sangue e possa, legandosi alle molecole biologiche del corpo, passare rapidamente la barriera emato-encefalica ed accumularsi nel sistema nervoso centrale, oltre che in altri organi del corpo.

SOLUBILIZZAZIONE ‘BIOLOGICA’ DEI COMPOSTI DELL’ALLUMINIO

L’idrossido di alluminio idrolizza intorno alla neutralità (pH 7) formando complessi misti con lo ione idrossido. Lo scambio di leganti (la sostituzione dell’idrossido con altre molecole leganti ) avviene facilmente nel sangue e nelle cellule. L’idrossido di alluminio è molto poco solubile a pH 6 mentre a pH 7.4 (pH fisiologico) la sua solubilità è di circa 8-10 mM (millimolare, millimoli/litro).
Sotto forma di fosfato la sua solubilità aumenta a circa 20 mM. (34).In realtà la presenza di molecole biologiche aumenta in maniera enorme la solubilità dell’alluminio, anche di alcuni ordini di grandezza. Queste molecole sono le proteine di trasporto presenti nel sangue (quali la transferrina e la siero albumina), molecole contenenti gruppi fosfato (quali l’ATP e altri nucleotidi), i fosfolipidi (gli acidi fosfatidici e le fosfatidilcoline, componenti fondamentali ubiquitari delle membrane cellulari), molecole contenenti gruppi alcolici (quali zuccheri) o carbossilici (la presenza di citrato aumenta enormemente l’assorbimento intestinale) ed altre molecole (quali l’inositolo esafosfato, molecola regolatrice del funzionamento dell’emoglobina, ), ecc. (34). E’ interessante entrare un po’ più nel dettaglio per alcuni di questi complessi.

COMPLESSO TRANSFERRINA-ALLUMINIO

E’ ormai accertato che gran parte dell’alluminio nel sangue viene catturato dalla transferrina, a cui si lega in maniera molto forte (35).Tale proteina è quindi in grado facilmente di complessare l’alluminio, solubilizzandolo. In condizioni fisiologiche solo un terzo dei siti di legame disponibili della transferrina sono occupati (principalmente dal ferro, da cui il nome della proteina) per cui esiste una grande capacità di riserva di legare l’alluminio.
E’ stato stimato che la concentrazione dell’alluminio per la sola transferrina può aumentare fino a 50 mM (36).Per capire questo numero si consideri che sommando l’alluminio iniettato in una seduta vaccinale contenuto in 2 vaccini si ottiene una quantità di circa 700 microgrammi di alluminio (vedi Tabella 3), che considerato il volume di sangue del corpo umano corrisponde ad una concentrazione di circa 0.050 mM. Dai dati riportati più sopra è evidente che la solubilità dell’idrossido di alluminio (ca. 8-10 mM) e la complessazione con la transferrina (50 mM) bastano da sole a solubilizzare tutto l’alluminio iniettato. A questo si sommano anche tutti gli altri effetti citati: esistono molte molecole nel sangue contenenti gruppi fosfato (37) (il fosfato di alluminio come tale raggiunge una solubilità fino a 20 mM) e carbossilici capaci di legarsi fortemente all’alluminio.
Tutte queste interazioni sono state studiate (35,37). La cinetica (cioè la formazione del complesso nel tempo) è stata studiata ed è risultata abbastanza lenta: ci vogliono giorni affinché le varie specie si distribuiscano nei tessuti (34,38) ed è per questo che l’idrossido di alluminio ‘funziona’ come adiuvante nei vaccini, in quanto comunque la solubilizzazione è completa ma lenta. Infatti, nella maggior parte dei casi i pomfi o edemi dopo le iniezioni vaccinali scompaiono nel giro di poche ore-giorni indicando l’avvenuto assorbimento o solubilizzazione.
Si noti che l’escrezione dell’alluminio in condizioni normali non supera i 20-30 microgrammi al giorno (26). Anche in questo caso, come per il mercurio, l’interazione forte con i componenti cellulari, non permette una pronta e immediata escrezione per via renale. In effetti, sarebbe interessante (come nel caso del morbo di Alzhmeier, ecc.) conoscere l’accumulo dei metalli tossici nei vari organi bersaglio dopo vaccinazione. Rimane il fatto che, come nel caso del mercurio vaccinale, una quantità notevole di metallo è introdotto direttamente all’interno dell’organismo che, non potendolo eliminare in fretta, si trova invaso prima a livello sanguigno e poi a livello tessutale da metalli fortemente interagenti con le molecole biologiche e quindi difficilmente eliminabili in tempi brevi.

COMPLESSO FOSFOLIPIDI DI MEMBRANA ED ALLUMINIO

Il legame tra alluminio e fosfolipidi di membrana è stato studiato ed ha rivelato come comporti una alterazione significativa della struttura dei globuli rossi, la cui membrana viene modificata radicalmente, alterando i processi di trasporto ionico (l’effetto del ferro nelle stesse condizioni è nullo). Inoltre gli effetti di alterazione del metabolismo cellulare e dei processi enzimatici delle cellule normali e neuronali sono notevoli (39). E’ stato stimato che una concentrazione di alluminio di 20-50 mM sposta quasi completamente (a causa della alta affinità) quasi tutti gli ioni divalenti dalle membrane cellulari in condizioni fisiologiche, con alterazioni della funzionalità cellulare (37).
Uno dei meccanismi che permette l’entrata dell’alluminio all’interno delle cellule e di conseguenza la sua capacità di penetrare la barriera emato-encefalica è collegata ai siti recettori della transferrina presenti in tutte le cellule comprese quelle della barriera encefalica e del sistema nervoso (40). L’alluminio si accumula soprattutto nei lisosomi (all’interno della cellula) alterando tra l’altro la permeabilità della membrana. Esperimenti preliminari hanno dimostrato la presenza di una sensibilità individuale all’assorbimento di alluminio (attraverso il meccanismo dei recettori sopramenzionati) in certi soggetti in perfetto stato di salute (la presenza cioè di un fenotipo alluminio-sensibile) (34).

STUDI EPIDEMIOLOGICI

E’ stata trovata una correlazione tra alluminio presente nell’acqua potabile e il morbo di Alzheimer, demenza e incapacità cognitive. Questa correlazione è molto sconcertante in quanto la scarsa quantità di alluminio presente nell’acqua contribuisce solo in piccola quantità all’apporto di alluminio giornaliero ingerito. Tutte queste malattie (inclusa la demenza associata ai dializzati) sono caratterizzate da un accumulo anormale di alluminio nei tessuti e nelle cellule neuronali, fino a 20-30 volte la quantità normale nella corteccia cerebrale ed anche 120 volte nel fegato (41). La speciazione del metallo, cioè la formazione di complessi particolari con molecole biologiche a seconda della modalità fisiologica di introduzione, gioca un ruolo fondamentale sulla tossicità dell’alluminio. In base a tutte queste considerazioni e agli studi citati si può concludere che:
  • La concentrazione di alluminio per litri di sangue viene comunemente accettata come valore diagnostico dell’intossicazione acuta da alluminio. E’ evidente che l’accumulo preferenziale nei vari tessuti avviene lentamente nel tempo. Tale argomento è giustificato dalla notevole capacità delle molecole biologiche presenti nel sangue di legare e solubilizzare il metallo
  • Esistono studi sulla fisiopatologia, biodisponibilità, distribuzione tessutale e cellulare e relative caratteristiche in funzioni del tempo.
  • Bisogna sottolineare che l’allumino vaccinale non è filtrato dalle varie barriere naturali fisiologiche (speciazione ‘non tossica), ma immesso direttamente nel circolo sanguigno, dove entra in contatto immediato con le molecole biologiche (proteine, recettori cellulari, ecc) e può quindi espletare il suo effetto senza possibilità di essere ‘neutralizzato’ o eliminato come avviene naturalmente. Questo è ancor più vero nel caso in cui le funzioni renali del bambino non siano perfettamente a posto: l’eliminazione renale è il sistema più importante di eliminazione del metallo dal corpo. E’ noto infatti che la demenza che si sviluppava nei malati di reni cronici dializzati sia dovuta all’accumulo di alluminio durante il processo di dialisi. E’ noto comunque che il sistema renale nel bambino appena nato è ancora in via di completamento funzionale. Se a questo si aggiunge la possibilità che il bambino possa avere una disfunzione subpatologica renale, si può immaginare che l’immissione nel sangue di quantità così rilevanti di alluminio possa comportare effetti patologici. Per avere un’idea dei numeri si pensi che la quantità ingerita da una persona al giorno varia da 10 a 40 milligrammi/giorno ma solo una minima quantità viene assorbita, circa lo 0.1% (valore medio) (26,27) che corrisponde a circa 10-40 microgrammi/giorno. Come ricordato più sopra, in una seduta vaccinale si arriva tranquillamente a 700 microgrammi direttamente all’interno dell’organismo!
  • È da notare, come nel caso di intossicazione da mercurio organico, che le patologie correlate all’alluminio sono patologie che insorgono lentamente, nel corso dei mesi ed anni, spesso iniziando con sintomi considerati sub-clinici.

CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI METALLI

1a “Conferenza Internazionale su Metalli e Cervello, dalla Neurochimica alla Neurodegenerazione”First International Conference on Metals and Brain: from Neurochemistry to Neurodegeneration)
Questa Conferenza si è tenuta presso l’Università di Padova il 20-23 settembre 2000 ed ha elaborato un documento “Alluminum and heath. Recommendations” (Alluminio e salute. Raccomandazioni) sugli effetti dell’alluminio. Nel documento si legge “Inoltre, una concentrazione aumentata di alluminio nelle formulazioni alimentari per infanti o nelle soluzioni alimentari per nutrizione parenterale domestica è stata associata con conseguenze neurologiche e malattie metaboliche a carico delle ossa, caratterizzate quest’ultime da un rallentamento della velocità di formazione”. Questo documento è stato firmato da decine di scienziati di tutto il mondo ed è stato mandato come documento-guida a tutti gli enti governativi nazionali e internazionali (OMS, FDA, Ministero della Sanità, ecc). Le linee guida sono quelle di eliminare il più possibile l’alluminio da tutte le fonti alimentari e non alimentari, per ridurre il rischio di esposizione nociva soprattutto per categorie a rischio quali bambini, malati di reni, anziani, ecc. In particolare, riprendendo anche le raccomandazioni del Congresso di Oslo del 1988 “Alluminio e salute”, si raccomanda (le frasi tra virgolette sono citazioni letterali del documento):
  • “le persone a rischio di sovraesposizione per l’alluminio sono: infanti, persone con insufficienza renale, persone anziane e pazienti con nutrizione parenterale. In tutte queste persone la concentrazione di alluminio nel siero deve essere al di sotto di 30 microgrammi/l” (Si noti che si parla di concentrazioni per litro di sangue, implicando la presenza dell’alluminio solubilizzato).
  • “esposizione parenterale: c’è un consenso generale che il contenuto di alluminio p.e. nei fluidi utilizzati per bambini e adulti con insufficienza renale o sottoposti a dialisi debba essere il più bassa possibile, in ogni caso inferiore a 10 microgrammi/l”
  • “esposizione ambientale: non è provato che l’alluminio sia cancerogeno (rapporto canadese del 1993). E’ provato invece che l’esposizione all’alluminio provochi deficit neurologici. Sarebbe utile monitorare l’alluminio totale contenuto nel siero e nelle urine (come test di funzionalità renale specifico) nei lavoratori a rischio”.
  • “I bambini nati prematuramente sono a rischio a causa del loro apparato renale incompleto. Attenzione particolare deve essere diretta al latte artificiale (a base di soia) che potrebbe contenere troppo alluminio”
  • “Negli emodializzati una concentrazione di alluminio di 30 microgrammi/l nel siero deve essere considerata a rischio” (Si noti che questa soglia era di 60 microgrammi/l nei documenti della CEE del 1986!!)
  • Si può notare infine che le concentrazioni limite citate dal documento sono espresse in microgrammi per litro di sangue (microg/l). Per ragioni di confronto, si consideri allora la domanda: è possibile calcolare la concentrazione per litro di sangue delle quantità di alluminio iniettate durante la vaccinazione? Nell’ipotesi che i composti contenenti alluminio presenti nei vaccini vengano completamente solubilizzati (ipotesi verosimile in base a quanto discusso più sopra), la risposta è affermativa. Per rispondere a questa domanda bisogna considerare i seguenti punti:
    • il valore medio di alluminio iniettato in una seduta vaccinale tipica (2 vaccinazioni) è di circa 700 microgrammi (Tabella 3)
    • la quantità di sangue presente in media in un bambino di 3 mesi è di circa 0.5 litri (42)
    • la concentrazione nel sangue dopo solubilizzazione dei composti di alluminio vaccinali nel sangue è quindi di 700/0.5=1400 microgrammi/litro
    • la quantità di alluminio nel sangue di persone non esposte è di circa 6-7 microgrammi/litro (32,33)
    • ne consegue che nel bambino vaccinato la concentrazione di allumino è 1400/6=233 volte superiore a quella di una persona considerata non esposta.
  • Di conseguenza, è evidente da questa analisi che le quantità iniettate durante una seduta vaccinale sono ben superiori a quelle suggerite come limiti di sicurezza (vedi Tabella 3 e Raccomandazioni della Conferenza Internazionale di Padova).
  • In conclusione, le dosi di mercurio e di alluminio presenti nelle preparazioni vaccinali, rappresentano un potenziale rischio per la salute umana in quanto superiori ai limiti di sicurezza stabiliti a livello nazionale ed internazionale. Sottovalutare il rischio associato alla presenza di metalli tossici nei preparati vaccinali significa minimizzare inutilmente un problema potenzialmente critico per tutta la società.

BIBLIOGRAFIA

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SORVEGLIANZA SANITARIA

PROPOSTE IN TERMINI DI SORVEGLIANZA SANITARIA SULLE REAZIONI AVVERSE E PREVENZIONE DEGLI EFFETTI COLLATERALI DELLE VACCINAZIONI

Già nella definizione di evento avverso possiamo individuare una prima distinzione, per cui viene definito tale qualsiasi evento peggiorativo dello stato di salute che sia collegabile ad una somministrazione recente di un vaccino: su questo punto, ovvero l’aspetto cronologico, si possono giocare gran parte delle possibilità di definire un “evento avverso alla vaccinazione” o meno.
Inoltre, l’altro elemento sostanziale, è rappresentato dalla figura di colui che è chiamato, obbligatoriamente, a segnalare l’evento stesso, ovvero il medico vaccinatore, il pediatra di libera scelta, il medico di medicina generale, il medico del pronto soccorso, il medico ospedaliero.
Rispetto all’ordine cronologico possiamo osservare quanto segue:
  • la somministrazione di vaccini in età pediatrica (dal 2° mese) rende estremamente difficile, se non impossibile nella stragrande maggioranza dei casi, determinare una vera e propria individuazione della reazione avversa, in quanto le reazioni del neonato sono alquanto generiche e possono essere facilmente scambiate, come di fatto avviene, con comportamenti “pseudo-normali”,
  • gli effetti di una reazione avversa si possono manifestare anche a distanza di mesi e anni: chi è in grado dopo questo periodo di dimostrare l’ipotetica correlazione al vaccino se i sintomi post-vaccinali, anche lievi, non vengono raccolti e registrati in modo sistematico, senza pregiudizio?
  • La scienza medica, fin dall'inizio della pratica vaccinale, ha conosciuto e ha saputo riconoscere i danni da vaccino; ma soprattutto da quando questa pratica è diventata obbligatoria, o almeno è praticata a livello di massa, l'industria farmaceutica che controlla gran parte della scienza medica, tende a minimizzare i danni alla salute.
Le patologie dei casi di danno da vaccino riguardano, nella quasi totalità, il sistema nervoso. Per avere un’idea dei danni gravi e gravissimi da vaccino a livello nazionale, visto che il Ministero della Salute non fornisce dati di alcun tipo, sono estrapolabili unicamente dai dati delle casistiche dei medici curanti i danneggiati e da considerazioni basate sulle esperienze personali dei professionisti del settore.

DANNI PRODOTTI DAL VACCINO IN SÉ

  1. Fra le prime più note, e riconosciute anche dalla scienza ufficiale, sono le sostanze allergizzanti contenute nei vaccini; queste, come tutte le sostanze allergizzanti, possono manifestarsi in modo drammatico ed immediato come shock anafilattico (in alcuni casi mortale) o in modo più lento e spesso inapparente ma, non per questo, meno rilevante per la salute.
  2. Vi sono poi le sostanze tossiche contenute nei vaccini, in particolare soprattutto mercurio, alluminio e formaldeide: su queste sostanze dannose per la salute appunto perchè tossiche, esiste un’ampia letteratura scientifica a cui si rimanda in bibliografia.
  3. Vi sono poi tutti i rischi legati alla rivirulentazione del virus nel vaccino stesso. Questa avviene, o per la mancata “uccisione” di tutti i ceppi virali (es. Vaccino antipolio Salk) contenuti nel vaccino in fase di produzione e di conservazione o, più comunemente, per l’insufficiente inattivazione del vaccino, come nel caso del Sabin antipolio in cui il vaccino deve essere ancora vivo ma attenuato, attraverso successivo passaggio su terreni culturali diversi.

DANNI PRODOTTI DAL VACCINO A CAUSA DELLE CARATTERISTICHE FISICHE DEL SOGGETTO VACCINATO

Quanto ai danni legati al soggetto da vaccinare, questi, come vedremo, possono essere numerosi e proprio per questo, una buona pratica medica impone, prima della vaccinazione, un’attenta visita medica per ridurre il più possibile danni da vaccinazione che possono essere previsti sulla base di malattie o alterazioni presenti nel soggetto da vaccinare. Purtroppo le visite mediche spesso non sono neppure effettuate, e se vengono fatte per lo più sono rapide e superficiali. Lo scarsissimo numero di bambini esonerati dalle vaccinazioni, in modo temporaneo o definitivo, indica chiaramente la sottovalutazione di queste controindicazioni, del resto tutte ben note alla scienza medica.
Costituiscono, infatti, controindicazioni alla vaccinazione, a causa delle condizioni fisiche del soggetto da vaccinare:
  1. Malattie infettive in atto, facilmente evidenti, ma anche quelle in incubazione che sono ben difficilmente diagnosticabili e anche quelle appena superate. Le malattie infettive, infatti, rendono il soggetto temporaneamente immunodeficiente.
  2. Le malattie immunitarie costituiscono una gamma molto vasta di malattie, così come quelle autoimmuni e non sono facilmente individuabili, neppure ad una visita molto attenta. Spesso, per essere evidenziate, impongono accertamenti strumentali e di laboratorio molto complessi e costosi. Proprio per questo costituiscono un rischio individuale importante e tale da necessitare un’attenta osservazione del soggetto da parte, non solo del medico, ma anche dei genitori.
  3. I deficit immunitari: questi sono molteplici e per comodità sono qui sintetizzati in due diverse Tabelle, 2A e2B; le immunodeficienze possono essere distinte in due categorie principali: le immunodeficienze primarie, Tabella 2A, e le immunodeficienze secondarie, Tabella 2B. La tabella 2A, riguardante le immunodeficienze primarie, è ripresa da una suddivisione fatta dall’OMS nel 1986. Questi deficit immunitari riguardano un soggetto ogni 420 nati, quindi, ad una lettura superficiale, i bambini interessati possono essere considerati pochi, ma se si pensa che solo in Italia vengono vaccinati obbligatoriamente circa 500.000 di bambini l’anno, di conseguenza, vi dovrebbero essere oltre 1000 esoneri che, non essendoci, fanno temere l’esistenza di centinaia di danni da vaccini, magari anche non gravi ma pur sempre presenti, seppur non individuati.

IL SETTORE DELLE IMMUNODEFICIENZE SECONDARIE

Basti pensare, oltre ai relativamente pochi casi dei soggetti in terapia cortisonica o in corso di terapia immunosoppressiva (per i quali, del resto, anche dal Ministero è previsto l’esonero dalla vaccinazione), va aggiunto il grandissimo numero di casi di soggetti sottoalimentati, (specie nel Terzo Mondo, dove più sono diffuse le vaccinazioni). Vi è poi la possibilità di un gran numero di immunodeficienze da stress data la sempre più grande diffusione delle immunodeficienze da stress nella nostra società. Nel nostro mondo, infatti, questo rischio è sempre più diffuso, dato l’alto numero di persone colpite dalle patologie da stress, legate alle condizioni di vita, di lavoro, di ambiente ecc.
Vi sono poi le malattie del sistema nervoso e le cerebropatie. La presenza di una qualunque malattia del sistema nervoso, nonché tutte le cerebropatie, costituiscono anche per il Ministro della Salute, una controindicazione assoluta a tutte le vaccinazioni. In effetti, la stessa scienza ufficiale le riconosce come motivazioni adeguate all’esonero. Va aggiunto che soprattutto per queste patologie, sarebbe necessaria un’attentissima visita medica. Chiunque si rende conto delle difficoltà di una visita neurologica ben fatta in un bambino di 3÷4 mesi, con un sistema nervoso ancora in via di formazione.
Alle terapie cortisoniche, abbiamo già fatto riferimento quando abbiamo trattato delle immunodeficienze secondarie e, quindi, non aggiungiamo nulla.
Emerge, fra i rischi legati al soggetto da vaccinare, il rischio genetico, cioè il rischio di slatentizzare malattie congenite proprio a causa dell’azione complessa del vaccino. In pratica in tutti i bambini (e adulti), prima della vaccinazione, si dovrebbero fare dei test genetici (ad esempio il test HLA) per escludere che vi siano alterazioni genetiche congenite che il virus vaccinico, nella sua azione combinata sul sistema immunitario, sul sistema nervoso e sul sistema ormonale, possa far emergere con conseguenze più o meno gravi.
Vi sono infine le reazioni di ipersensibilità. È riportata di seguito la classificazione clinica delle principali possibili reazioni di ipersensibilità a sieri e vaccini contenuta nel classico volume di Clinica medica “Harrison’s". Da una lettura necessariamente rapida di questa tabella emerge la vastità del problema e l’assoluta varietà dei danni potenziali che possono colpire praticamente tutti gli organi e apparati di ogni individuo.
Nonostante la necessaria sinteticità di questa classificazione, dalla sola lettura si può capire facilmente la vastità dei danni non riconosciuti né dai genitori, né dai medici, in quanto le patologie causate dai vaccini riguardano quasi tutti gli organi e apparati e possono manifestarsi anche a distanza di mesi o anni dalla vaccinazione e, solo indagini cliniche ed epidemiologiche serie ed approfondite, potranno fornirci le prove inconfutabili di quanto qui affermato.
Reazioni SistemicheReazioni CutaneeReazioni Respiratorie
  • Anafilassi (reazioni anafilattoidi all’uovo e … al lievito di birra)
  • Malattie da siero
  • Febbre da vaccino
  • Vasculiti
  • Lupus post-vaccinale
  • Eruzioni esantematiche
  • Orticaria e angioedema
  • Dermatite da contatto
  • Eritema fisso
  • Eritema multiforme essudativo
  • Dermatite esfoliativa
  • Epidermolisi tossica necrotica
  • Asma bronchiale
  • Polmonite eosinofila
  • Fibrosi polmonare
Reazioni EmatologicheReazioni EpaticheReazioni Neurologiche
  • Eosinofilia
    Anemia immuoemolitica
    Agranulocitosi
    Trombocitopenia
    Aplasia midollare
    Linfoadenopatie da ipersensibilità
    Pseudolinfoma da vaccino
  • Colestasi intraepatica
  • Ittero epatocellulare
Reazioni Renali
  • Glomerulonefrite
  • Sindrome di Goodpasture
  • Nefrite interstiziale
  • Polineuropatie
    Sindrome di Guillan Barrè
    Neuriti periferiche
    Mieliti
    Encefaliti
    Meningiti

PROPOSTA PER UNA CORRETTA REGISTRAZIONE DELLE REAZIONI AVVERSE DA VACCINO

Il programma di farmacovigilanza internazionale dell’OMS (Programme on International Drug Monitoring of the World Health Organization) è formato da 50 commissari e dai dati provenienti dai centri nazionali di monitoraggio delle reazioni da farmaci denunciate dai vari Stati membri (Drug Reaction Monitoring Centers) che affluiscono in un database mondiale dell’OMS (WHO Collaborating Center for International Drug Monitoring) situato a Uppsala (Svezia).
In questo database ci sono circa 3.000.000 di registrazioni, con un afflusso di circa 200.000 nuove registrazioni all’anno e il programma è stato predisposto per segnalare automaticamente eventuali reazioni tossiche potenzialmente gravi indotte dai vaccini. Oltre a ciò, è noto che molti Stati hanno dei sistemi individuali di farmacovigilanza in modo da attivarsi in caso di segnalazioni di importanti danni da vaccini.
Il problema, però, è che la quasi totalità dei Medici non considera e non denuncia gli effetti indesiderati dei vaccini, rendendo così praticamente vano tutto l’imponente e dispendioso apparato organizzato dall’OMS.
La denuncia dei casi di reazione avversa da vaccino deve essere fondamentalmente libera, alla stregua di quanto avviene normalmente negli USA con il sistema VAERS. Tutti possono intervenire nel riportare reazioni avverse ai vaccini in questo sistema di raccolta dati: CDC (Center of Disease Control) ed FDA (Food and Drug Administration) che gestiscono i dati raccolti incoraggiano chiunque a segnalare tali eventi avversi anche nel caso che questi non siano apparentemente connessi al vaccino somministrato. Quante più informazioni sono rese disponibili in questo campo e tanto migliore sarà il sistema di controllo sui vaccini e, di conseguenza, la loro sicurezza.
Il sistema di registrazione degli effetti indesiderati da vaccino della US Vaccine Adverse Events Reporting System (VAERS) riceve circa 11.000 segnalazioni/anno di reazioni avverse da vaccino: circa l’1% sono denunce di morte. La maggior parte di queste segnalazioni sono fatte da Medici (solo il 2% proviene direttamente dai genitori dei bambini vaccinati).
Questo dato, e cioè che i vaccini possano portare a morte, è allarmante già da solo, se si pensa che i vaccini vengono somministrati a bambini praticamente sani, ma per quanto drammatico, si può tranquillamente dire che è solo la punta dell’iceberg dei danni da vaccini.
È anche interessante notare come le Compagnie di Assicurazione americane (che fanno i migliori studi statistici sulle responsabilità) rifiutino di coprire le reazioni avverse da vaccino.
Nel nostro paese manca questa cultura: è necessario introdurla nel segno della massima trasparenza e tutela del cittadino, in particolare verso i neonati. Medici ed operatori sanitari devono avere un atteggiamento di massima trasparenza ed apertura verso le segnalazioni che ricevono per dar corso ad una completa e corretta diagnosi dell’evento avverso, senza alcuna pregiudiziale o chiusura preconcetta, ma semplicemente rendendo tale processo un dato puramente oggettivo, separando all’atto della registrazione gli aspetti di indagine clinica dal puro e semplice manifestarsi di determinati sintomi in concomitanza o in relazione temporale possibile alla vaccinazione.
D’altra parte libera denuncia da parte dei genitori era tra le prerogative riconosciute a questi con il Decreto Ministeriale 12 dicembre 2003, (G.U. n. 36 del 13/02/2004) che ha portato alla definizione della scheda di segnalazione unica di reazione avversa da farmaci (ADR), che poteva avvenire tramite modello in all. 4 della suddetta norma e denominato “Modello di scheda per la comunicazione di effetti indesiderati dal cittadino”. Questo modulo deve poter essere migliorato nei contenuti, introducendo al suo interno una serie di sintomatologie specifiche e riscontrate fra le reazioni avverse vaccino e riscontrabili facilmente dai genitori prima di rivolgersi al medico curante e/o pediatra di libera scelta. Il modulo stesso inoltre deve essere consegnato alla famiglia subito dopo la somministrazione del vaccino e deve contenere i dati del soggetto vaccinato oltre a quelli essenziali relativi al vaccino somministrato, ovvero:
  • Identificazione del soggetto vaccinato, età compresa,
  • Esito della visita pediatrica preliminare alla vaccinazione,
  • Indicazione della dose di vaccino somministrata (prima, seconda, richiamo, ecc.),
  • Data e ora di somministrazione,
  • Tipo di vaccinazioni somministrate,
  • Nome commerciale del prodotto e ditta produttrice,
  • Numero di lotto e numero di serie,
  • Data di scadenza del prodotto,
  • Identificazione del medico vaccinatore,
  • Identificazione della struttura nella quale viene effettuata la somministrazione.
 La famiglia deve essere debitamente sensibilizzata nel poter riconoscere i possibili sintomi di reazione avversa, senza inutili allarmismi ma anche senza minimizzare pericolosamente possibili indicatori. Qualunque sospetta reazione avversa dell’organismo successiva alla vaccinazione va presa in attenta considerazione: non esistono false reazioni avverse ma tutte le reazioni avverse devono essere sospettate, denunciate , attentamente studiate ed adeguatamente contrastate.
Reazioni avverse possono manifestarsi dopo qualunque vaccinazione e possono comparire subito dopo l’inoculazione o dopo tempi molto variabili.
L’elenco delle possibili reazioni avverse è lunghissimo e sarà sempre incompleto.
Inoltre, il soggetto vaccinato deve conservare una vera e propria cartella clinica che lo accompagni nel percorso dell’intero ciclo vaccinale: tale cartella, oltre a riportare tutti i dati essenziali di cui al capoverso precedente, conterrà anche tutte le anamnesi post vaccinali dell’intero ciclo e dovrà permettere al medico vaccinatore, ovvero al pediatra di libera scelta di decidere in via preliminare alla somministrazione del vaccino se e come procedere con la somministrazione della dose stessa: ovviamente il verificarsi di episodi di reazione avversa in coincidenza alle dosi precedenti dovrà costituire elemento pregiudiziale al proseguimento del ciclo vaccinale almeno fino a quando tali episodi non siano stati pienamente chiariti da una indagine clinica approfondita e pienamente accettata dagli esercenti la potestà genitoriale del soggetto vaccinato quando questi sia un minore.
Per una più corretta ed effettiva valutazione delle cause scatenanti una reazione avversa dovrà essere riconsiderata la politica attuale della somministrazione di dosi multiple di vaccino nella stessa seduta (vaccini combinati).
Oggigiorno, i vantaggi dei vaccini combinati sono ritenuti:
  •  Semplicità d’uso,
  • Migliore accettazione da parte di chi li riceve e di chi li somministra,
  • Minori costi dei programmi di vaccinazione (per un minor numero di inoculazioni).
Questi fattori favorevoli hanno favorito il successo dei vaccini combinati attualmente in uso sempre maggiore in tutto il mondo.
Va premesso che non tutti gli Autori sono a favore dei vaccini combinati, perché aumentano il rischio degli effetti indesiderati da vaccino. Infatti, ogni combinazione vaccinale dovrebbe essere giustificata da una documentazione che ne dimostri i vantaggi o comunque gli eventuali benefici rispetto gli stessi vaccini usati singolarmente. Ogni combinazione deve inoltre dimostrare di disporre di:
  • Studi di qualità,
  • Studi di stabilità,
  • Studi di sicurezza,
  • Studi di tollerabilità clinica,
  • Studi di efficacia/immunogenicità,
  • Studi farmaceutici per stabilire la corretta stabilità e compatibilità tra i vari componenti biologici del vaccino combinato con garanzia di esclusione di interazioni con conservanti, eccipienti, adiuvanti.
Nei vaccini combinati, infatti, non sono rare le interazioni che possono indurre un aumento o una diminuzione della risposta immunitaria rispetto quella che ci sarebbe stata con la somministrazione di un singolo antigene. Queste interazioni sono quasi sempre di tipo immunitario, ma possono anche sorgere interazioni chimiche e/o fisiche (nei vaccini vivi ci può essere un’interferenza tra i vari ceppi virali usati in combinazione che può ridurre la proliferazione di uno o più ceppi vaccinici con la conseguente riduzione della risposta immunitaria).
Per esempio:
  • La vaccinazione antipoliomielitico orale richiede 3 somministrazioni per raggiungere la piena immunizzazione a causa delle mutue interferenze tra i tre virus che compongono il vaccino;
  • Il vaccino antimorbilloso e antiparotitico (dell’MPR) sono caratterizzati da un’interferenza tra i due virus con conseguente ridotta risposta immunitaria al virus della parotite;
  • Nel vaccino batterico tetravalente (antifterico-antitetanico-antipertossico-antiemofilo B) si è visto che c’è una aumentata risposta anticorpale alla tossina antitetanica e alla componente antiemofila con possibili effetti indesiderati pari a quelli che si avrebbero avuti usando dosi eccessive ma singole degli antigeni in questione.
In genere, di tutti questi studi farmaceutici e biologici non compare traccia nelle schede tecniche “riservate”. Al massimo, compaiono delle affermazioni molto vaghe come la seguente: “Non ci sono dati in merito all’efficacia e alla sicurezza della somministrazione concomitante del vaccino X con un vaccino virale vivo contro il morbillo, la parotite e la rosolia. Ad oggi non sono disponibili dati sufficienti sull’immunogenicità della somministrazione concomitante del vaccino X con il vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato adsorbito” (tratto dalla scheda tecnica di un vaccino esavalente).
Infine, non va scordato che i vaccini combinati sono delle complesse miscele formate, oltre che da antigeni (batterici o virali), da conservanti, adiuvanti, stabilizzanti e spesso dei contaminanti derivati dalla fermentazione delle colture cellulari e/o da altri processi della lavorazione vaccinale e spesso i NUOVI VACCINI combinati contengono dei nuovi adiuvanti (lipide A detossificato, liposomi, microsfere, emulsioni, saponine, muramil-peptidi) e necessitano pertanto di nuovi studi preclinici e clinici (specie di farmacovigilanza) che ne dimostrino l’innocuità, perché potrebbero sorgere nuove allergie e/o effetti indesiderati verso queste sostanze non ancora sufficientemente sperimentate.
I dati così raccolti, oltre a costituire una ricca banca dati per gli operatori sanitari preposti al controllo e alla farmacovigilanza, dovranno essere pubblici e comunque disponibili sul territorio nazionale a chiunque ne faccia debita richiesta, nel rispetto delle norme vigenti sulla tutela della privacy.

PROPOSTE IN TERMINI DI FOLLOW-UP DEI CASI DI REAZIONE AVVERSA

Questa materia è senz’altro una delle più spinose ed impegnative, sia in termini di raccolta dei dati che di valutazione clinica dei casi, soprattutto quando lo sviluppo di determinate patologie non può essere chiaramente attribuito in termini strettamente temporali alla somministrazione di un vaccino.
La materia è peraltro già stata ampiamente definita al capitolo dedicato ai danni da vaccino: in questa sezione si tratta di identificare i possibili meccanismi di monitoraggio e registrazione dell’incidenza sulla popolazione – a partire dalle comunità infantili – delle patologie in qualche modo associabili alla somministrazione dei vaccini e raggruppabili nelle categorie summenzionate. Le strutture sanitarie preposte al controllo e alla registrazione degli eventi legati alle malattie infettive possono e devono poter registrare con pari zelo e cura tali patologie, affinché possa essere veramente possibile elaborare in modo scientifico il cosiddetto bilancio “costo/beneficio delle vaccinazioni.
Finché si useranno due pesi e due misure in questo settore, qualsiasi dato di bilancio sarà da ritenersi inattendibile perché incompleto e non rispondente alla realtà: ovviamente in questo bilancio dovranno essere parimenti inseriti i costi che la comunità sarà chiamata a sostenere per il sostegno ed il recupero dei soggetti danneggiati dalle vaccinazioni.
Si vuole sottolineare ancora una volta il carattere peculiare che l’amministrazione scolastica ha nel rivestire un ruolo di primo piano in questo scenario: prendiamo spunto a tale proposito dal documento “Autistic Spectrum Disorders”, 2002, California Department of Developemental Services (www.dds.ca.gov) , per indicare una possibile strategia operativa nel seguire i bambini ed i ragazzi nel loro sviluppo scolastico progressivo, individuando in modo scientifico tutte quelle situazioni di crisi che emergono dal loro rendimento, anno per anno. La scuola rappresenta un momento topico per l’espressione delle potenzialità intellettive, dei comportamenti, dello stato di salute psicofisica e delle capacità espressive generali della persona umana in divenire: ed è in tale contesto che possiamo vedere chiaramente l’impatto di determinate politiche socio sanitarie sulle generazioni presenti e future.
Il documento a cui facciamo riferimento si occupa in particolare di Autismo: un tempo raro, l’autismo ha raggiunto proporzioni epidemiche negli Stati Uniti. L’incremento non può essere attribuito all’evoluzione dei criteri diagnostici, anche se questi sono diventati attualmente più restrittivi.
L’aumento dei soggetti affetti da questa grave patologia avrà un enorme effetto non solo come maggior onere per le strutture scolastiche ma anche sull’economia nel momento in cui questi bambini saranno degli adulti. L’esplosione dei casi di autismo a partire dal 1994 è stata impressionante: a partire dai 644 nuovi casi, nel giro di 5 anni (1999) il numero dei nuovi casi era salito a 1,944, ovvero 6 nuovi casi al giorno per 7 giorni alla settimana. I nuovi casi salirono a 2,725 nel 2001 e 3,577 nel 2002, ovvero 10 nuovi casi al giorno. L’autismo è diventata l’invalidità predominante in California per quanto concerne l’accesso ai servizi sanitari. Secondo il più recente rapporto sull’autismo di questo stato (marzo 2003), i casi di autismo del tipo I sono aumentati del 97% negli ultimi quattro anni, in confronto al 16% dei casi di paralisi cerebrale e del 29% dei casi di ritardo mentale.
Lo stesso andamento è riscontrabile anche negli altri stati ed è stata ben documentata recentemente a Rhode Island, dove proporzionalmente l’incremento annuale dell’autismo è stato sostanzialmente più grande dell’aumento dei disturbi del comportamento e di tutte le inabilità complessivamente.
Fino ad oggi, sebbene il CDC (USA) non conosca le cause dell’autismo e i sintomi neurologici, endocrini, gastrointestinali e immunitari, appare fermamente determinato a negare qualsiasi potenziale ruolo del vaccino MPR e dei conservanti a base di mercurio, senza produrre al suo interno alcuno studio di carattere clinico. La possibilità che il mercurio possa colpire il sistema immunitario di alcuni bambini geneticamente predisposti e far scattare conseguentemente l’autismo a fronte della loro esposizione al vaccino MPR non è mai stata esclusa in via definitiva.
Senza dubbio, parlando solo di Autismo, queste sono cifre impressionanti: non entriamo qui nel merito di altre patologie altrettanto invalidanti o perlomeno limitanti le potenzialità cognitive dell’individuo, come l’ADHD (sindrome da deficit attentivo), la dislessia, la disgrafia e altre patologie collegate a disturbi del SNC come ad es. l’epilessia, ma non solo. Pensiamo solo per un momento alla grande famiglia delle allergie e delle intolleranze che rappresentano oggigiorno una delle grandi problematiche che le famiglie e le comunità si trovano ad affrontare nella gestione quotidiana dell’alimentazione.
Queste ed altre patologie, possono e devono poter essere registrate e portate all’attenzione sia degli addetti ai lavori sia del cittadino con una chiara disamina dei fatti e relativi programmi di intervento. In tal senso i dati rilevati dovranno poter essere messi in relazione anche ai programmi di immunizzazione e possibilmente comparati su una base omogenea (classi di età, sesso, etnia, classificazione della patologia in base alla gravità).
Questa attività, oltre a dare un quadro realistico della situazione in evoluzione, potrà costituire uno strumento utile alla programmazione degli interventi necessari a controllare il fenomeno e, possibilmente, a contrastarlo: su questo piano sarà quindi doverosa una chiara presa di coscienza della fenomenologia. Non saranno accettabili certamente interventi di carattere esclusivamente farmacologico, come tendenzialmente vediamo già delinearsi per l’ambito comportamentale, con l’introduzione sempre più spinta di psicofarmaci a livello pediatrico: occorrerà viceversa affrontare il problema nella sua organicità e poter finalmente mettere in discussione qualsiasi scelta e orientamento fatti in questi anni, arrivando finanche alla discussione del reale impatto dei programmi di immunizzazione.

PROPOSTE IN TERMINI DI TERAPIE RIABILITATIVE E DI RECUPERO

In termini di principio generale deve essere attribuita rilevanza assoluta al percorso assistenziale nel quadro di un rapporto eticamente e culturalmente corretto tra domanda di assistenza e concreta disponibilità di risorse: la tutela della salute fisica e psichica deve avvenire net rispetto del dignità e della libertà del paziente.
Si rileva inoltre che l’articolo 1, comma 7, lettera b del Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229, avente per oggetto “ Norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998 n. 419” dispone che siano poste a carico del SSN le tipologie di assistenza i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche e di rischio, evidenze scientifiche di uno specifico beneficio in termini di salute a livello individuale e collettivo. Parimenti, l’articolo 3, comma 2, della legge 8 aprile 1998 n. 94 di conversione del Decreto Legge 17 febbraio 1998 n. 23, che fra l’altro dispone che il singolo medico può, sotto la propria responsabilità e previa informazione del paziente ed acquisizione del consenso informato dello stesso impiegare specialità medicinale al di fuori delle indicazioni di registrazione nei casi in cui il medico stesso ritenga che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.
Dalla premessa al Decreto del Ministero della Sanità 22 dicembre 2000 avente ad oggetto” Revisione delle note riportate nel provvedimento 30 dicembre 1993 di riclassificazione dei medicinali e successive modificazioni” e considerato che:
  • Il quadro normativo sopra delineato assicura sufficienti garanzie di tutela della salute per i cittadini affetti da patologie gravi ,indicando le modalità e i requisiti per la fruizione delle prestazioni stesse;
  • La gravità di alcune patologie e la loro specificità clinica determinano comunque situazioni dove il ripristino dello stato di salute o il mantenimento della speranza di vita some talmente esigue che legittimano, sul piano umano e morale, il ricorso a tentativi di cura non erogati dal SSN e assicurati unicamente dalle famiglie dei pazienti su cui ricadono tutti i disagi e gli oneri economici;
  • Fermo restando il principio della derogabilità delle prestazioni a carico del SSN sulla base delle evidenze scientifiche è doveroso far fronte al fenomeno sopra descritto in termini di adeguato supporto sia per la rilevanza sociale della stesso sia in ottemperanza al principio fondamentale del SSN che assume ,come elemento portante di tutta l’attività assistenziale, il rispetto della dignità e della liberta di cura del paziente;
  • Tra i principi ispiratori del Sistema Sanitario Regionale ci sono l’appropriatezza delle prestazioni, la continuità di cura, la dignità e la libertà del paziente, pur nell’ambito di un equo governo della domanda;
  • Si considera opportuno poter realizzare un percorso assistenziale con iniziative anche a carattere sperimentale da inserire negli atti di programmazione attuativa aziendale, nei settori di gravi patologie con particolari specificità e rarità, secondo le modalità di seguito indicate;
Sulla base di quanto specificato e su specifica richiesta dei pazienti affetti da particolari patologie, che malgrado l’assistenza fornita dal SSN incorrono in rilevanti spese per ulteriori livelli di assistenza, (anche di natura farmacologia) i Direttori Generali delle Aziende USL dovranno poter essere autorizzati ad erogare un contributo economico non superiore ad euro 20,00 (venti) giornalieri.
L’erogazione del contributo sopraindicato potrà avvenire su richiesta del paziente, richiesta alla quale viene allegata proposta di piano di trattamento terapeutico redatto dal medico di Medicina Generale. La proposta è accompagnata da una relazione sulla storia sanitaria del paziente ed eventuale documentazione dalla quale risulti che sono tate comunque espletate le procedure terapeutiche appropriate definite da linee guida consolidate ed è stata altresì dimostrata l’inefficacia di procedure standard. A tale fine il Medico di Medicina Generale potrà avvalersi di consulenze specialistiche rese da strutture pubbliche.
Il piano terapeutico di trattamento dovrà essere limitato ad un periodo non superiore a sei mesi e potrà essere rinnovato solo dietro relazione del medico curante e, se ritenuto necessario, previa verifica da parte dell’Azienda USL . La Direzione Sanitaria Aziendale è tenuta ad attivare le relative procedure di controllo.
La liquidazione del contributo avviene esclusivamente dietro presentazione di idonea documentazione probante le spese sostenute dall’assistito e in conformità del trattamento al piano terapeutico proposto.
Trimestralmente le Aziende USL dovranno far pervenire al Dipartimento del Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà apposita rendicontazione circa i contributi erogati ed i relativi piani terapeutici.
Sulla base dei rendiconti trimestrali, la Giunta Regionale si riserva di ridefinire le procedure di erogazione rinviando ad una disciplina organica della materia, da adottare in seguito alla valutazione del risultati ottenuti dalla sperimentazione e da inserire, se ritenuta efficace, nell’ambito del prossimo Piano Sanitario Regionale.
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