martedì 28 maggio 2013
Il grillo marino di Marco Travaglio
La disfatta dei 5Stelle alle elezioni comunali
di ieri è figlia dei loro errori, ma anche dei
loro meriti. Gli errori sono noti e li abbiamo più
volte segnalati.
1) Comunicazione. Un movimento giovane e
radioso, aggressivo ma sorridente, ha assunto
via via una mutria ringhiosa, rancorosa, sospettosa,
difensiva. Contro nemici veri ma prevedibili
e contro nemici immaginari (il complotto
interno dei traditori, le congiure dei partiti per
spaccare i 5Stelle, le macchinazioni dei giornalisti,
tutti cattivi a prescindere e servi per definizione).
2) Televisione. La scelta di Grillo di non mettere
piede in tv e di costringere le tv a occuparsi di lui,
azzeccata nella campagna per le politiche, è stata
un suicidio in quella delle comunali: lì i comizi
contro “Pdl e Pdmenoelle” lasciano il tempo che
trovano. Chi vota vuol conoscere i candidati e i
programmi. Se no gli schifati votano Grillo alle
politiche e alle comunali si astengono.
3) Candidati. Il non-partito col non-statuto ha
dei non-candidati, degli anonimi “portavoce”.
Che possono andar bene per opporsi in Parlamento,
ma sono totalmente inadatti per l’elezione
diretta e personalizzata dei sindaci. De
Vito, a Roma, si presentava ai dibattiti tv leggendo
un foglietto prestampato: anche se leggeva
il Vangelo, levava la voglia di votarlo a
chiunque non appartenga allo zoccolo duro del
Movimento, che non supera il 10% (il resto è
voto di opinione e va conquistato ogni volta).
4) Scelte nazionali. I balbettii delle consultazioni
al Quirinale e degli incontri in streaming con
Bersani e Letta, quando i 5Stelle non riuscirono
a far capire la loro proposta di un governo fuori
dai partiti con Rodotà, o Zagrebelsky, o Settis. E
consentirono alla black propaganda anti-Grillo
di addossargli la colpa dell’inciucio Pd-Pdl, già
deciso la sera del voto, e di oscurare la bellissima
candidatura di Rodotà al Quirinale.
5) Classe dirigente. Il sistema di selezione, con le
parlamentarie nazionali online e con la votazione
locale dei meet-up, tiene alla larga impresentabili,
corrotti e riciclati, ma porta a galla
troppi personaggi mediocri, se non addirittura
imbarazzanti. Quella che piagnucola perché
vuole andare a Ballarò, quello che campeggia
dalla D’Urso, quelli che alla prima busta paga si
fanno la pipì addosso e scatenano la rivolta della
diaria. Consultare gli iscritti è fondamentale,
ma necessita di un filtro successivo: meglio
escludere qualcuno prima che espellerlo poi.
Ma anche alcuni meriti dei 5Stelle aiutano a
spiegare la batosta. E sarebbe assurdo negarli.
1) Se tre mesi fa avesse prestato sottobanco 15
senatori a Bersani per il suo demenziale governicchio
di minoranza, o se poi si fosse imbarcato
nell’immondo carrozzone Letta-Alfano, il M5S
si sarebbe guadagnato i favori dei giornaloni,
della Rai e di mezza La7, che ora non lo lincerebbero
da mane a sera, non inventerebbero
scandali inesistenti (tipo i delirii della cronista
di Repor t sulla pubblicità nel blog), non oscurerebbero
la clamorosa rinuncia a 42 milioni di
rimborsi elettorali, non lo accuserebbero di perder
tempo a “parlare di scontrini” o di essere
come tutti gli altri.
2) Le battaglie e i consensi dei 5Stelle hanno
costretto gli elettori e i candidati del Pd a cambiare
in meglio (il predatore migliora la specie
predata): i primi, alle primarie, scelgono quasi
sempre il più lontano dalla nomenklatura e più
vicino alla società civile; i secondi, una volta in
lizza, si ingrilliscono vieppiù rubando voti al
candidato M5S. Pisapia a Milano, Doria a Genova,
Renzi a Firenze, De Magistris a Napoli,
Emiliano a Bari, Orlando a Palermo, Zedda a
Cagliari, Serracchiani in Friuli. E ora Marino,
che vince a Roma contro il Pd dell’inciucio (era
per Rodotà). Invece alle politiche c’era Bersani
con tutto il cucuzzaro, e Grillo superò il 25%.
Ieri, nel pieno della débâcle alle comunali, i sondaggi
nazionali davano M5S addirittura in ripresa
al 24-25%. L’inciucio logora chi lo fa.
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