Il Giappone è patrimonialmente molto meno ricco rispetto alla fine degli anni Ottanta. La borsa vale meno della metà e l’immobiliare ancora meno rispetto ai livelli folli di allora. Il cambio reale, tuttavia, ha tenuto e il reddito procapite è salito più o meno come quello americano. La disoccupazione è sempre stata inferiore a quella europea e non di poco. Negli ultimi anni, poi, il Giappone è diventato una destinazione ambita per i capitali privati cinesi e taiwanesi in cerca di stabilità politica e di tranquillità. La ripresa dell’immobiliare, partita molto prima dell’arrivo di Abe, è dovuta proprio a questo. Il debito pubblico giapponese, al 245 per cento per fine 2013, è meno inguardabile se ne togliamo (come si fa abitualmente per quello americano) la parte collocata presso enti pubblici, inclusa la banca centrale. Con questo criterio scende al 145 per cento. Se poi al debito togliamo il trilione abbondante di riserve valutarie scendiamo al di sotto dei livelli italiani. Il disavanzo annuale è vicino al 10 per cento del Pil, ma il Giappone parte dalla felice condizione di entrate fiscali pari al solo 30 per cento del Pil,contro il 50 di Italia e Francia. Con 10 punti di pressione fiscale in più (parecchi di meno se riprende a crescere) arriverebbe al pareggio rimanendofiscalmente competitivo rispetto a noi...................marco cimo
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