martedì 6 agosto 2013

Navi dei veleni affondate nel Mediterraneo, cosa viene a galla

Mappa affondamenti188affondamenti sospetti dal 1979 sino al 2000 (cliccaqui per leggere tutte le navi 
affondate in modo sospetto con relativo carico a bordo), la quasi totalità di questi 
nella 
parte sud del Mediterraneo con, ad esempio, un drammatico interessamento del Mar 
Tirreno
 adiacente alle coste della Calabria.Verità che emergono lentamente dopo oltre due 
decenni di misteri che poi, forse, misteri non sono più. Se non altro in quei termini 
negazionisti
 che in un primo tempo hanno assalito tutto e tutti. Insieme agli affondamenti un 
mare con tutta probabilità malato che forse ha ingoiato di tutto, dai rifiuti tossico-nocivi 
fino ai rifiuti radioattivi. Poi, col tempo, arrivano pure le morti.



Quelle sospette di Amantea e dintorni, innumerevoli, purtroppo, e quella di Natale de

 Grazia (ucciso), capitano di corvetta, uomo onesto dello stato che su quelle rotte, 
circa quegli affondamenti stava cercando di far luce nel buio degli abissi. Tra il suono 
armonioso delle onde e con l'andare del tempo si delineano pezzi di una storia 
estremamente
 dolorosa, dura da mandare giù senza sdegno e strazio. Nella lunga ricostruzione degli
 eventi qualcuno ha già scritto, da tempo, la sua certezza e verità: "avvelenati dalla
 'ndrangheta, avvelenati dallo stato".
Per oltre vent'anni l'armatore Ignazio Messina ha negato che la motonave Rosso, arenatasi 
il 14 dicembre 1990 sulle coste calabresi, trasportasse siluri-penetratori per sparare rifiuti 
tossico-radioattivi dentro ai fondali marini. Nessuno ha mai trovato la prova che 
l'imbarcazione nascondesse questo segreto e i magistrati hanno chiuso il caso. Senonché 
adesso spunta un documento choc del 22 maggio 2003.
Quattordici pagine dove l'allora sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, Francesco
 Neri, propone di assegnare la medaglia d'oro al merito di Marina al capitano di corvetta 
Natale De Grazia: suo collaboratore chiave nell'inchiesta sulle navi dei veleni, morto in 
circostanze sospette la notte del 12 dicembre 1995. Ed elencando ciò che l'ufficiale aveva 
scoperto riguardo alla vicenda Rosso, il magistrato scrive: «De Grazia, mediante
 l'escussione testimoniale del comandante Bellantone della Capitaneria di porto di Vibo 
Valentia, accertava personalmente che a bordo della nave che si era spiaggiata, vi erano i 
cosiddetti "penetratori", indicati dai marinai come "munizioni"».
Non solo.
Stando a quanto riferisce Neri sulle indagini di De Grazia, «i documenti di carico erano
 falsificati». Il che si somma al fatto che «lo stesso Bellantone aveva lanciato l'allarme 
radioattivo ai vigili del fuoco, i quali intervennero regolarmente sui luoghi, senza però 
stranamente certificare nulla». Dopodiché, citando le parole di Neri, sarebbe emerso 
che il comandante Bellantone «sapeva che a bordo della nave vi era un carico "pericoloso",
 perché a suo dire era stato già allertato dal comando della Marina militare». E se tutto
 questo fosse ancora poco, per sollevare qualche dubbio sull'andamento dei fatti, va aggiunto
 che a bordo della nave, «proprio sulla plancia di comando, Bellantone aveva 
sequestrato le identiche mappe di affondamento» della O.d.m. (Oceanic disposal 
management), azienda che aveva proposto a decine di nazioni di seppellire in mare le 
scorie tossico-nocive.
Mappa affondamenti
Un quadro sconcertante, nell'insieme. Anche perché Neri, ricostruendo i giorni successivi 
allo spiaggiamento della Rosso, racconta che l'imbarcazione fu smantellata dall'armatore dopo
 che l'azienda olandese Smit Tak (specializzata nel recupero marino di rifiuti tossici e 
radioattivi) «aveva lavorato con la completa "sorveglianza" del sito, reso inaccessibile da 
parte di un servizio segreto non meglio identificato». Tutto normale? Tutto da interpretare 
come una banale prassi operativa?
Le domande, in queste ultime settimane, stanno tornando a farsi dense attorno al capitolo 
delle navi dei veleni. Sia per l'ipotesi lanciata da Neri che sulla Rosso ci fossero i famosi
 missili-penetratori, sia perché il settimanale "Corriere della Calabria" ha pubblicato alcuni
 passaggi dell'audizione di Emilio Osso davanti alla Commissione parlamentare ecomafie.
Sede in cui questo istruttore di polizia municipale, al fianco della Procura di Paola nelle
 inchieste ambientali, ha definito quello che la Rosso trasportava il 14 dicembre 1990 
«difforme» dal piano di carico ufficiale. «Inoltre», riferisce Osso a "l'Espresso", «tre container
 non sono più stati rinvenuti». Dettagli impossibili da sottovalutare, a questo punto. 
Schegge di un mistero che pochi vogliono risolvere.

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