mercoledì 21 agosto 2013

Severgnini, lucido paraculo - di Daniele Martinelli

beppe severgnini

Mi è capitato di chiedermi a cosa serva in un giornale uno come Beppe Severgnini. Non riesco a definirlo un giornalista e nemmeno un cronista. Non ho mai capito quale sia la branca del sapere in cui si sia distinto. Spazia da narratore del teatro alla Scala in prima pagina, a catodico tifoso dell’Inter (e di Moggi); da analista politico stile bar Sport, a tiepido intervistatore con domande concordate. Gira il mondo perché sa bene l’inglese e lo racconta sul Corriere, ma sempre in modo introspettivo perché di notizie, in giro, non ne raccoglie. E come se non bastasse, dispensa pure consigli non richiesti. A tutto e tutti. Va dalle “14 ricette per il giornalismo rubate a uno chef” (23.2.2012), a “Come spiegare Montanelli ai ragazzi” (17.7.2011) fino all’imperdibile “Decalogo per un voto rassegnato (e pratico)“.
Si spaccia per libero critico e lucido pensatore, Severgnini, ma da come scrive traspare lampante il suo debole per Berlusconi e i suoi servi legati a cielle, a cominciare dal ministro Lupi. Da ingrigito samaritano, predica rispetto, morigeratezza, riflessione, e dice di non sopportare gli insulti. Soprattutto se lanciati sul web. Buona scusa da sfruttare in ogni occasione per depistare le vere emergenze sociali parlando male del Movimento 5 stelle e di Grillo. Del resto dobbiamo riconoscere che Severgnini ha subìto un violento shock per il risultato ottenuto dal M5S. I quasi 9 milioni di voti presi, sono per il libero critico “la balena anarchica che ribalta la barca” (18.3.2013) capitanata da Grillo che ha “l’abitudine di parlare solo coi media stranieri che è provinciale, non sofisticata” (4.3.2013). Poco male se lui, Severgnini, col suo inglese da lord cremasco, il 12 giugno 2012 rivelava al Financial Times che Grillo è come Mussolini. “Un populista 2.0“.
Ieri, sul Corsera, Severgnini si lagnava con Grillo in quanto “la sincerità non può essere libertà d’Insulto“. L’ha presa larga citando a esempio le esternazioni dei leghisti Salvini e Calderoli nei confronti della Kyenge, passando dal piddino PirLas nei confronti dell’astista russa anti-gay Isinbayeva, per concludere che Grillo “non capisce che un leader politico deve pensare prima di parlare o scrivere. Perché i suoi eccessi, ai sostenitori, appariranno come un incoraggiamento” a vergare commenti di insulti. Dunque, se per il leader 5 Stelle “«mescolarsi vuol dire sporcarsi di merda» è chiaro che “i suoi fan andranno oltre e scriveranno oscenità, insulti e minacce.” E’ un puritano multimediale, Severgnini. Talmente puritano da aver deciso di disabilitare i commenti alla sua rubrica “Italians” (divenuta itaglians). Deve provare terrore dall’immediatezza dei messaggi non filtrati. Troppo chiari e troppo luicidi per poter essere smentiti o messi in discussione. Non saprebbe come rispondere, Severgnini, a chi gli farebbe notare che non ha fiatato contro gli insulti in piazza di Berlusconi, quando diceva che i magistrati sono un’associazione a delinquere.
Del resto, Berlusconi, per il libero (servo?) Severgnini, è “un paesaggio“, a cui tutto è concesso perché “cerchiamo di essere sereni… ha le sue idee, il suo stile, i suoi ammiratori, i suoi elettori (tanti)” (4.9.2009). Benché Berlusconi “non può dire e fare quello che gli pare e piace, gli attacchi contro di lui sono spesso isterici” in quanto “tutto porta a credere che ci tenga a essere benvoluto e rispettato nel mondo“. Mentre per Grillo la parola «’macerie’ pronunciata nell’umiliante intervista alla Bbc” è “l’insulto come metodo di discussione imbarazzante e volgare», sono ben cinque i motivi elencati da Severgnini (che vi risparmio) per spiegare la “lunga passione” per Berlusconi (3.12.2009), che “può essere battuto con un bel progetto, una grande coerenza e un ottimo candidato“, tale da far sembrare di colpo “il dominatore della politica italiana negli ultimi 15 anni anacronistico“. Bene, ora che quel concorrente è arrivato, il Movimento 5 stelle, Severgnini pare non accorgersene. Anzi, siccome lui è rispettoso e morigerato, non esita a raccontarci sul Corsera che il successo della creatura politica del comico genovese, è un “voto di protesta” frutto delle “assurdità dette da Grillo e Guruleggio“, con buona pace per Gianroberto.
Se la tendenza pederasta di Berlusconi verso le “teenie” è “una debolezza umana e italiana non per questo veniale” (senza citare la concussione 28.01.2011), Severgnini, con la sua lunga penna bagnata di inchiostro inumidita dalla sua lunga lingua inzuppata di bauscia, è costretto a prendere atto della “immagine imbarazzata di un Paese“, se quando “il Financial Times parla di una profonda vergogna per l’Italia, non possiamo far finta di niente. Provate a pensare a Zapatero, a Sarkozy o a Cameron sospettati di prostituzione minorile” si chiedeva smarrito il 18.1.2012. Già, con quelle imputazioni che “lasciano l’amaro in bocca“, alle quali “nessun leader occidentale sarebbe sopravvissuto a un decimo delle accuse.” Ecco perché per Severgnini, “chi è interessato all’Italia, non si ferma agli stereotipi” e dunque, di fronte a quelle vergognose accuse sfociate in una condanna in primo grado a 7 anni, “meritiamo incoraggiamento, non derisione” (21.9.2011). Severgnini è uno di quei liberi (servi?) che non demordono. Ha il suo antidoto: un altro consiglio non richiesto! “Le (TRE ndr) carte da giocare per Silvio Berlusconi” (24.5.2012) per la sua “mente americana” che “sa leggere l’umore nazionale” (24.3.2011).
Altro che “Gli stellati che non brillano per educazione” (22.3.2012), votati da “molti elettori che capivano che una moderna democrazia non può affidarsi alle idee, ai metodi e al personale politico messo in campo da Beppe Grillo” nel bel mezzo di “una democrazia messa molto male” in quanto “costretta a scegliere l’incompetenza come antidoto all’inefficienza” (26.4.2012).” Severgnini, con la sua bauscia, non lustra le natiche soltanto a Berlusconi, ma anche i suoi alleati. Due politici eleganti e morigerati come “Bossi e Calderoli, sono persone più ragionevoli di quanto vogliano far credere” (20.2.2011), sono espressione di una Lega razzista solo in apparenza, visto che “s’è limitata alle fantasie orobiche”. Non come i conati via web di Grillo contro gli «zombie, vi seppelliremo vivi!» o contro il «fallito amico dei piduisti». Benché “se abbiamo evitato sassi e bastoni in campagna elettorale è anche grazie a Grillo” in quanto “siamo ridotti a dover lodare il confuso populismo. (21.2.2013), per Severgnini “Internet è troppo importante perché una minoranza di predoni, camuffati da libertari, possa rovinarla” con le minacce alla Boldrini (4.5.2013).
Di tutt’altro tono era il Severgnini del 16.12.2009, convinto che “al web non servono altre regole“, dove si raccolgono “giovani umori antiberlusconiani che in tv non arriveranno mai e sui giornali non hanno ancora voglia di arrivare.” A quell’epoca, il tenore dei commenti seguiti alla statuina di Tartaglia tirata in faccia al puttaniere di Arcore, erano “aggressivi e sgangherati del cuore oscuro di Internet”, di cui “ho imparato ad apprezzarne l’anima chiara e pulita. La Rete è il luogo dove qualcuno strilla «Ecce (d)uomo!», credendo d’essere spiritoso“. Oggi che Grillo è a capo del primo partito italiano col suo blog, Severgnini non ha perso solo la faccia, ma anche lo spirito. Oggi che l’umanità pare pendere dai commenti ai post su internet, rimane Grillo quello che “non capisce o finge di non capire” che “l’aggressività verbale non si ferma alla politica“. Del resto, Grillo non è il Balotelli che urla «ogni volta che vengo qui a Verona mi rendo conto che questo pubblico mi fa sempre più schifo». Quello, per Severgnini non era un insulto e nemmeno un’aggrressione verbale, bensì “uno sfogo esasperato di chi non deve abituarsi al razzismo” (7.1.2011).
Insomma, questo collage di posizioni schizofreniche, mi induce a chiedermi di nuovo a cosa serva nel panorama mediatico uno come Beppe Severgnini. Uno che ce l’ha col “male collettivo” della “Ricerca di notorietà” di Aldo Busi, Vittorio Sgarbi, Schumacher e altri…(28.1.2011). Lui, intanto, non è rimasto a Crema a fare l’impiegato o il contadino. Va a condurre un programmino su Sky, e poi fa l’ospite televisivo a destra e a manca per dire tutto e il contrario di tutto. Sempre alla “ricerca continua della rissa” che imputava a Michele Santoro, quando criticava Annozero in prima pagina. Ce l’aveva con gli italiani che “hanno finito per considerare fisiologico il patologico giornalismo come forma di lotta politica. Un mostro che s’aggira per i nostri schermi e sulle nostre pagine, e prende molte forme: il disprezzo per le opinioni altrui, la paura del diverso, l’aggressività come prova di virilità professionale.” Pare descriversi, Severgnini. Del resto, “è inutile nasconderselo. Il controllo dei partiti sulla televisione pubblica s’è esteso a quella privata; la pressione sugli editori riesce a condizionare i giornali e gli altri media. La politica italiana — non da oggi — tenta di lusingarci, spaventarci, sfruttarci, comprarci. Di fronte, spesso, non trova orgoglio professionale, ma vanità, astuzia e parzialità.” (15.10.2010)
Quella che trasuda proprio addosso a Severgnini. Conscio che “molti di noi si bevono tutto. Anche il giornalismo governativo, un ossimoro che non stupisce i nostri liberali tuttifrutti, ma lascia basìto qualsiasi osservatore in buona fede.” (24.2.2011). Come il sottoscritto. Che rimane ancora più basito quando scopre che il 20 dicembre 2011, in prima pagina, un convinto Severgnini monitava: “Dobbiamo smettere di ingannarci a vicenda. Diciamolo: 235 miliardi di evasione annuale — otto volte la manovra appena votata — è una somma sconvolgente: insostenibile. Un Paese dove ristoratori e gioiellieri dichiarano mediamente 38 e 44 euro di entrate al giorno; un Paese così non può andare avanti. Ne occorre un altro.” Pare riferirsi proprio a Berlusconi, il Severgnini. Condannato in via definitiva per evasione fiscale di centinaia di milioni di euro. E invece toh! Qualche giorno fa (4.8.2013), Severgnini, a proposito di quella condanna che ha sancito il titolo di criminale delinquente al suo beniamino, ci diceva meravigliato che “i media del mondo non sembrano aver dubbi: stavolta, e non per la prima volta, stanno con la magistratura.
Sì. Severgnini non posso definirlo un giornalista, e nemmeno un cronista. Non ha branche del sapere che lo possano rendere obiettivo e imparziale. Non è nemmeno un narratore. E’ solo un paraculo. Sarà un insulto pure questo?

Daniele Martinelli

fonte:  http://www.danielemartinelli.it

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