giovedì 31 ottobre 2013

La Mercificazione delle Relazioni


DI MASSIMILIANO CAPALBO

megafono


Che la fine sia vicina o lontana poco importa, il danno è già stato fatto.
 Infatti, il giorno dopo l’uscita di scena del signor Silvio Berlusconi da 
Milano, detto “il Cavaliere”,la cui figura ha dominato l’ultimo ventennio
 della storia politica italiana, non cambierà assolutamente nulla nel nostro
 Paese, perché la trasformazione è già avvenuta. Contrariamente a 
quanto si possa pensare non ha interessato né le istituzioni, né la 
politica, né il costume (di cui è stato solo un degno 
rappresentante) ma la comunicazione.
Il concetto di comunicazione a cui mi riferisco è un concetto puro,
 originario, fondamentale, che non si basa sull’assunto che comunicare
 significhi, come molti erroneamente pensano, inviare un messaggio da 
un emittente A ad un ricevente B. Il principio fondamentale a cui faccio 
riferimento non considera la comunicazione un processo 
relazione”.La comunicazione, quindi, è bidirezionale, mai ad una via,
 ma soprattutto presuppone una capacità di relazione che va a di là
 del semplice trasferimento di contenuti e quindi anche una
berlusconiano” di comunicazione, che purtroppo ha fatto scuola
 soprattutto tra gli addetti ai lavori, è sempre stato, sin dagli esordi, 
unidirezionale (non prevede l’ascolto del feedback e si sottrae quasi
e prepotente (occupa tutti gli spazi). Non prevede il rispetto 
dell’interlocutore, non si mette in ascolto. Una comunicazione egocentrica,
 a volte paranoica, quasi sempre sterile. La comunicazione di un venditore
 che deve convincere nel breve periodo che ciò che sta vendendo è un
 buon prodotto, ma incapace di creare relazione. Per questo fragile e 
destinata a durare giusto il tempo della transazione.
Per scongiurare questo pericolo e sopperire all’incapacità di entrare in
 relazione, il modello deve prevedere necessariamente l’occupazione 
cambiare idea” ai più tenaci, lo scambio di favori. Ma soprattutto la 
 funzionali, stabilite solo in funzione di un interesse, di uno scopo preciso, 
per il tempo necessario al raggiungimento dello stesso. Una volta raggiunto 
le relazioni muoiono, con la stessa facilità e velocità con cui sono nate. 
All’aumentare della loro quantità si registra, contemporaneamente e 
spesso, una diminuzione della loro qualità e della loro durata. Ecco qual è la
 cicatrice più profonda che il ventennio Berlusconiano lascerà nella società
 di sinistra, in funzione di qualcos’altro. Berlusconi ha incarnato questo 
modello, nato nell’era Craxi e fatto emergere dalle inchieste di Mani Pulite 
all’inizio degli anni ’90, e lo ha spacciato per vincente utilizzando
relazionidella stragrande maggioranza dei cittadini di questo Paese,
 il cui tessuto sociale appare sempre più frammentato e individualista,
 in cui la comunicazione affettiva ha lasciato il posto a quella funzionale.
Un Paese basato su relazioni di questo tipo è un Paese fragile, 
privo di coesione sociale, carente in fiducia, incapace di fare rete e 
di disegnare il proprio futuro, perché incapace di costruirlo su ciò che gli 
permetterebbe di funzionare: le relazioni affettive, quelle vere, leali, le 
uniche destinate a durare.

FONTE: ERETICAMENTE
http://eccocosavedo.blogspot.it

Olanda: nove ragazze morte in cinque mesi per la pillola Diane-35. Questo non è femminicidio?

Ottobre 30, 2013 Benedetta Frigerio
Nonostante i dati siano allarmanti, l’Agenzia europea per i medicinali e la Società italiana della contraccezione continuano a sostenere che la pillola della Bayer non è rischiosa
pillola_anticoncezionale-jpg-crop_displayL’agenzia del farmaco olandese ha annunciato l’uscita di un nuovo studio dal quale emerge che almeno 27 donne sono morte in Olanda dopo aver ingerito la pillola contraccettiva Diane-35. Dal 1987 al maggio di quest’anno i decessi causati dal contraccettivo della Bayer nel paese dei tulipani erano fermi a 18. In meno di cinque mesi, dunque, sono morte nove donne e la direttrice dell’agenzia olandese Agnes Kant ha lanciato l’allarme.
VITTIME IN TUTTA EUROPA. Solo due settimane fa, l’Ema (European medicine agency) ha assicurato che le donne che utilizzano la pillola possono continuare a farlo senza timori, perché nonostante ci sia il rischio di contrarre la Tev (tromboembolia venosa), questo è un evento raro. La dichiarazione è stata però fatta senza ricordare tutte le vittime della pillola in Europa e nel mondo, e senza sottolineare che la Tev può anche portare alla morte.
All’inizio dell’anno la Francia aveva vietato l’uso del contraccettivo dopo che un centinaio di ragazze avevano rischiato la vita, mentre altre quattro erano decedute. Anche in Gran Bretagna aveva fatto clamore il caso di una sedicenne morta dopo che aveva cominciato ad assumere la pillola. Dalle ricerche inglesi era emerso poi un collegamento fra la Diane e la depressione, come dimostrano molte testimonianze.
CAUSE MILIONARIE. In Canada, dove a gennaio è morta una ragazza di 18 anni, sono state segnalate 11 morti collegate al farmaco. Negli Stati Uniti i decessi contati finora sono più di 50 e la Bayer ha già pagato 750 milioni di dollari per 3.500 donne, mentre altre 3.800 sono in causa con la casa farmaceutica. Eppure settimana scorsa anche la Società italiana della contraccezione (Sic), durante il suo congresso nazionale, ha sottolineato che «i benefici della pillola sono maggiori dei rischi». Anche in questo caso non si è parlato delle vittime, in compenso è stato chiarito che «la pillola è il metodo più efficace nella prevenzione delle gravidanze indesiderate».


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Come sono diventata un'attivista contro le scie chimiche


Non chi ha il volto ringhioso, ma chi lo ha intelligente appare temibile e pericoloso, come è certo che il cervello dell’uomo è un’arma più terribile che l’artiglio del leone. (A. Schopenauer)

Pubblichiamo la testimonianza di un'attivista contro le scie chimiche. E' un resoconto emblematico ed eloquente dell'incongruo, grottesco rapporto che si instaura tra il cittadino e le istituzioni, poiché le istituzioni, invece di agire in difesa della collettività o sono succubi dei poteri forti o si rivelano del tutto inutili. Tutto ciò non sorprende, ma è comunque una gravissima violazione del dettato costituzionale e la prova di come non si possa quasi mai far assegnamento su chi dovrebbe essere preposto a tutelare l'ambiente ed i diritti dei cittadini. Vero è che la Costituzione è ormai stata svuotata e calpestata, ma, come si deduce dal tragicomico resoconto che proponiamo, si può e si deve continuare a divulgare ed a sensibilizzare anche tra gli appartenenti alle istituzioni, molti dei quali ignorano sia le scie chimiche sia altre scottanti questioni. Il sistema basa la sua turpe forza sull'ignoranza: la conoscenza contribuisce ad indebolirlo.


Il 25 maggio si presentano in casa i Carabinieri, dicendo di voler parlare con me... Risponde al citofono la sorellina, dicendo loro che non ci sono (mi trovavo a Torino per seguire un festival di danza contemporanea). Lasciano un avviso nella buchetta delle lettere, con su scritto di presentarmi urgentemente nella loro sede.

Inizio quindi a ricevere una serie di telefonate da parte di mia madre che, celando a fatica la sua preoccupazione, mi chiede gentilmente di dirle che cosa ho combinato... le rispondo in sincerità che non ne ho la più pallida idea! Ben presto, però, inizio a sospettare il motivo della visita, confermato dall'sms di mia madre che, recatasi il giorno seguente dai Carabinieri per avere delle informazioni, mi scrive appunto che si tratta di una e-mail da me spedita ai Carabinieri del N.O.E. (Nucleo Operativo Ecologico) di Bologna. Bingo!

L'antefatto

Dopo aver partecipato a conferenze, letto articoli, guardato video nonché trasmissioni televisive e, soprattutto, dopo aver osservato ciò che avviene nei nostri cieli per circa un annetto, ritengo di avere un'idea abbastanza chiara circa le scie chimiche: al di là di tutte le possibili implicazioni (controllo climatico, controllo mentale, H.A.A.R.P. etc.), si tratta di un fenomeno reale e anomalo, sicuramente nocivo per la nostra salute, su cui gli organi competenti dovrebbero indagare, fornendo delle risposte serie ai vari interrogativi posti sul tavolo della discussione. Decido quindi di dare il mio piccolo contributo alla causa, inviando il giorno 20 aprile, giornata della telefonata al N.O.E., una e-mail al Nucleo Operativo Ecologico competente per il territorio della mia città. Di seguito l'e-mail.

Alla cortese attenzione dei Carabinieri del N.O.E. di Bologna.

Vorrei richiamare la Vostra attenzione sull'anomalo fenomeno che si può osservare nei nostri cieli ormai quasi quotidianamente: mi riferisco alla presenza di strane scie, rilasciate da aerei bianchi che girano sui nostri centri abitati senza targhe identificative, seguendo tracciati casuali e spesso intersecando le rotte fino a formare veri e propri reticoli.

Si tratta di scie che, già soltanto a prima vista, appaiono diverse da quelle normalmente rilasciate dagli aerei, ossia le scie di condensazione, formate da vapore acqueo e che svaniscono dopo pochi minuti (fenomeno abbastanza raro, che si verifica solo a certe condizioni di quota e di temperatura e a seconda dell'umidità presente nell'aria).

Le scie da me osservate sono, invece, molto lunghe, permangono per ore nel cielo e si allargano fino a creare uno strato di "nebbia" che oscura il sole.

Molti cittadini, allarmati dallo strano fenomeno, hanno già condotto analisi sul terreno e sull'acqua piovana in concomitanza con il passaggio di tali aerei: i risultati attestano la massiccia presenza di elementi chimici quali bario, alluminio ecc. ben al di sopra della media, cosa che risulta essere estremamente pericolosa per la salute dell'uomo (che inala queste sostanze sia attraverso la respirazione sia attraverso il cibo che ingerisce). Sono molte le malattie associate a questo avvelenamento, tra le quali figura un morbo non ancora riconosciuto ufficialmente, il Morgellons.

Vorrei quindi denunciare lo stato attuale di scempio dei nostri cieli ed esprimere il mio timore per le conseguenze nocive che tali irrorazioni possono avere sulla salute dell'uomo e degli esseri viventi in generale.

Sperando in un Vostro intervento e nella Vostra richiesta di un chiarimento da parte delle istituzioni (che in più occasioni hanno ignorato la lunga serie di interrogazioni parlamentari o hanno fornito soltanto risposte evasive), Vi ringrazio per la cortese attenzione.

Cordiali saluti

(firma)
Il colloquio

Tornata dalla trasferta torinese, mi reco nella sede dei Carabinieri accompagnata da mia madre (che, nel frattempo, dopo aver capito che si tratta di "questioni ecologiche", sembra essersi tranquillizzata. Dal canto mio, sapendo che non solo di questioni ecologiche si tratta, continuo a ripetermi come un mantra che "non ho fatto niente di male", "non ho fatto niente di male", "non ho fatto niente di male"...). In realtà la curiosità vince di gran lunga il timore: non vedo l'ora di rapportarmi con questa istituzione per sapere che cosa hanno da dirmi e per vedere in che modo si esporranno circa un fenomeno così dibattuto. Mi riprometto di essere pronta a tutto, di mantenere la calma e di affermare solo ciò che io stessa in prima persona posso dimostrare.

La fortezza videosorvegliata ci accoglie con un Carabiniere sulla cinquantina, molto serioso e taciturno, che, dopo aver letto l'avviso che mi diceva di presentarmi da loro, ci fa accomodare nel suo triste ufficio in penombra. Noto subito dei monitor con le riprese della strada che circonda l'edificio. Passa una serie di minuti interminabili in cui tale signore legge più e più volte un fascicolo che ha tra le mani, in cui noto un foglio con l'intestazione Wind (mi stanno già controllando il cellulare?) mentre mia madre sbuffa per il caldo e si slaccia la cerniera della maglia (o era una tattica?!?) ed io non posso fare a meno di pensare al romanzo "Delitto e Castigo", quando Raskòl'nikov subisce tutta la pressione dell'interrogatorio fino a svenire! Penso esattamente così: che quest'attesa, questo rimandare l'inizio del discorso sia una tattica per farmi capitolare... ma il delitto in questo caso non c'è e con me non funziona.

La prima a rompere il silenzio è mia madre, che evidentemente non resiste più al gioco e chiede qualcosa del tipo "E' grave?".

Il povero Carabiniere, interrotto nei suoi studi, risponde "Siamo qui per valutarlo" e la invita subito a tacere, intimando di farla uscire dalla stanza, perché in teoria non dovrebbe assistere... poi si rivolge subito a me chiedendo "Hai un'idea del perchè sei qui?". Sorrido. "Penso di sì. Praticamente ho inviato una e-mail..." Mi interrompe subito "Esatto, esatto". Di nuovo silenzio.

Ciò che segue è una discussione talmente patetica che forse vale la pena riportarne i passaggi peggiori!

Da una parte c'era questo rappresentante delle forze del (dis)ordine che diceva cose tipo "Ma le vedi solo te tutte queste cose! Chissà che strumenti usi, cannocchiali..." ed io "Ma no, basta osservare il cielo, ad occhio nudo" e lui "Va be' che in effetti ti chiami (cognome)... hai proprio una vista d'aquila!" Risatine finte isteriche di tutti. Oppure continuava rivolgendosi a mia madre: "Eh signora, quando ero giovane anch'io volevo cambiare le cose... Poi per fortuna si cresce, si capisce".

E qui interviene mia madre, stupendomi, dicendo cose del tipo: "Ma guardi veramente bisognerebbe sempre continuare ad interessarsi di queste cose, che cosa vuol dire che da grandi bisogna rinunciare, non bisogna più occuparsi delle cose giuste?" E lui "Adesso, giuste... tutto è giusto allora. Tutto è inquinamento... Ma se abitavi in America cosa facevi? Io ho dei parenti che abitano in America e lì con il traffico aereo che hanno, cosa facevi, una denuncia al giorno?!? Ahahah!"

Dopo questa ho lasciato perdere (non avendo segnalato la pericolosità delle scie rilasciate dal consueto traffico aereo, ma la pericolosità delle scie chimiche, rilasciate appositamente da aerei non identificati) e la discussione è andata avanti ancora un bel po' tra lui e mia madre, per luoghi comuni ovviamente. "Ad esempio, la droga: ma se lo Stato volesse, non l'avrebbe già debellata da un pezzo? Eh? E invece perché non succede?" Qua non ce l'ho fatta: "Evidentemente perché gli conviene, perchè ci guadagna". "Esatto!", risponde lui.

Non male detto da uno sbirro. Mi fa pensare al gioco delle parti: questo qui vede sicuramente molto più schifo di quello che vedo io, però la cosa non lo sconvolge; il suo mestiere è eseguire degli ordini senza farsi domande, il suo ruolo nella società è quello, è stabilito. Guardo per un attimo gli stemmi e le stellette che ha attaccate sulla giacca, ma è inutile: non è da quelle che so riconoscere il grado, il valore di una persona.

Passiamo ai motivi della convocazione: devo dichiarare di essere stata io a inviare la e-mail, informazione richiesta dal N.O.E. di Bologna che aprirà o ha già aperto un'indagine sulla base della mia segnalazione. Bene. Faccio finta di crederci, ma chiedo innanzitutto di vedere l'e-mailin questione, perché non voglio dichiarare nulla senza essere sicura che ciò che ho effettivamente spedito è ciò a cui si stanno riferendo. Mi passa il fascicolo piegando il foglio a metà, in modo che posso leggere la mia e-mail (effettivamente è quella), ma non gli appunti che hanno trascritto a lato. Noto comunque che il mio scritto è stato suddiviso in paragrafi, dalla a alla f, mi sembra... mi hanno studiata bene. Rilascio la mia dichiarazione, firmo e saluto.

Sulla soglia il Carabiniere dice che il mio caso gli ricorda il film "Il rapporto Pelican", che mi consiglia di guardare... Tratto da Wikipedia: "Una studentessa di Legge formula una teoria sulla morte violenta di due giudici della Corte suprema: il mandante degli omicidi potrebbe essere un potente industriale che aveva finanziato la campagna elettorale del Presidente in carica degli Stati Uniti. Il rapporto finisce nelle mani dell'F.B.I.: la studentessa va eliminata. Solo con l'aiuto di un giornalista nero, la bella riesce a sopravvivere".

Conclusioni

Ho scritto questo articolo non solo per diventare la giornalista nera di me stessa (eh eh), ma anche per sapere se a qualcun altro è stato riservato un simile trattamento in seguito alla segnalazione al N.O.E. e, soprattutto, per contribuire a diffondere la conoscenza del fenomeno delle scie chimiche... Sono lì, lampanti, sopra le teste e davanti agli occhi di tutti, vengono sparate di notte e di giorno, ma non ce ne accorgiamo perché non siamo più abituati ad osservare, a porci domande ed a pretendere delle risposte; se ce le fanno notare, non vogliamo crederci, perché per noi, se un fenomeno non è stato ufficialmente riconosciuto, non esiste...

Preferiamo non pensarci o preferiamo pensare che sia una "bufala" internettiana, come certi disinformatori ci suggeriscono... Permettiamo che il virtuale si sostituisca al reale, quando basterebbe aprire gli occhi per capire che qualcosa non va. In fondo, anche se ce ne accorgiamo, anche se ci lamentiamo ogni giorno, uscendo di casa la mattina per andare al lavoro, siamo comunque restii a passare all'azione, abbiamo paura di esporci in prima persona, non siamo più abituati all'azione, alla rivoluzione. Siamo pavidi, come dice Paolo Barnard nel suo ultimo post. Proviamo a smentirlo? Fermiamoli!


Pubblicato da 

http://mondogallach.blogspot.it

Scie chimiche: dopo l’incidente stradale, sequestro ai Marcianò per fermare la denuncia delle scie chimiche


Sulla vicenda repressiva nei confronti dei fratelli Marcianò vedi
30 ottobre 2013
Incursione della polizia postale in casa dei fratelli marcianò, dopo che uno dei due aveva da poco subito un’incidente stradale intimidatorio…
Le scie chimiche danno fastidio e si sono sequestrati tutti i computer con una scusa ridicola, dei 2 tra i più grandi divulgatori sia in italia che nel mondo di informazioni in merito all’attacco che l’umanità subisce continuamente con la geoingegneria clandestina e le scie chimiche…
fate girare questo video in maniera virale.

http://www.stampalibera.com




AGGIORNAMENTO SUL DISPOSITIVO DI SEQUESTRO BAVAGLIO. LEGGETE IL DISPOSITIVO SUGLI PSICO-REATI: SE IL REATO NON SI TROVA, COMUNQUE CERCHIAMO QUALCOS'ALTRO...






Contro ogni forma di schiavitù ....... Viva la libertà della dignità umana ...

video:

https://www.youtube.com/watch?v=BnfaphaT_n8#t=22


"Dobbiamo liberarci della schiavitù mentale che ci lega al mondo professionale in modo perverso, attraverso una relazione di odio-dipendenza che ci aliena, ci corrode e ci riduce a meri numeri." 
[Alain de Benoist]



fonte: Ecco Cosa Vedo 

mercoledì 30 ottobre 2013

Come e perché Facebook sta “fregando” utenti e clienti




Questa volta Facebook ha sul serio superato ogni limite. Con le ultime, disastrose modifiche apportate all’Edge Rank (l’algoritmo che decide quali post far visualizzare sulla newsfeed degli iscritti), il social network più famoso al mondo ha letteralmente tagliato le gambe a tutti i gestori di pagine fan e, al contempo, ha chiuso ogni utente in una sorta di recinto virtuale dove l’interazione con i propri contatti è sempre più ristretta, ripetitiva e limitata. Anche se come sempre i responsabili negano gli effetti devastanti delle ultime modifiche (come di consueto applicate senza preavviso ed in maniera unilaterale), di fatto il social in blu si è trasformato in una sorta di condominio virtuale dove, se hai 4500 amici e sei iscritto a 300 pagine fan, ti ritrovi nella newsfeed praticamente sempre gli stessi contenuti, a volte addirittura ripetuti in loop. Controllate voi stessi sulle vostre rispettive home: vi capiterà di scorgere quasi esclusivamente i post di amici con i quali interagite spesso, anche più volte nel giro di pochi minuti. Oppure vedrete post vecchi di giorni comparire in alto solo perché hanno collezionato tanti “mi piace” ed altrettante condivisioni e commenti o sono di quelli a pagamento.

In estrema sintesi, da un po’ di tempo Facebook ha deciso di stuprare la propria natura, ciò che lo ha reso tanto diffuso e soprattutto rivoluzionario. Come? Modificando l’algoritmo che decreta quanta visibilità concedere ai contenuti condivisi dai suoi utenti. Se un tempo c’era grande alternanza, eterogeneità e possibilità di scoperta del nuovo, oggi ci si ritrova in maniera sempre più stringente ad essere profilati e poi automaticamente “indirizzati” verso un range molto limitato di amici e contenuti. Questo perché la nuova regola è semplice quanto stupida: se tizio interagisce abbastanza con determinate pagine e contatti, allora vedrà i post di tali pagine e tali contatti comparire sulla sua newsfeed sempre più spesso. Se però smette, allora le pagine e i contatti “trascurati”, vengono inesorabilmente oscurati. La home di chi vi scrive, ad esempio, è praticamente priva di ogni contenuto postato dalle centinaia di pagine fan alle quali sono iscritto e mi rimanda gli aggiornamenti di stato, i post e le interazioni delle solite 30-40 persone (a dispetto delle oltre 4500 che ho tra i contatti) che più si confrontano con me, lasciando commenti e like ai contenuti che posto. Spesso mi capita addirittura di scorgere lo stesso aggiornamento di stato dello stesso amico più di una volta lungo la stessa time line e questo soprattutto sui dispositivi mobiie (dove l’effetto dell’algoritmo è ancora peggiore).

Qualcuno a questo punto potrà osservare che tutto sommato è meglio così: indirizzati verso qualcosa che ci interessa e verso le persone con le quali chiacchieriamo con più piacere e frequenza, potremo fare pulizia tra contatti e contenuti superflui. Peccato, però, che in questo modo si precluda agli iscritti l’attività senza dubbio più interessante e utile del social in blu e cioè la scoperta anche casuale di pensieri e persone, quel meraviglioso caos di stimoli disparati che tanto manca a chi, come il sottoscritto, usa Facebook dalla fine del 2006. E peccato, soprattutto, che con simili algoritmi si censuri di fatto coloro che si occupano di fare informazione senza tramutarsi in una sorta di prostitute dei click e dell’interazione. Senza, cioè, farsi ossessionare dal numero di like, condivisioni e mi piace ottenuti dai post diffusi attraverso le proprie pagine ed i propri profili personali. Insomma: non parliamo di adolescenti intenti a postare frasi stucchevoli ed immagini glitterose ma di giornali online e professionisti della comunicazione che devono diffondere contenuti di un certo tipo, non per forza virali o “viralizzabili” per venire incontro ai capriccio di mister Facebook e dei suoi utenti più nevrotici e superficiali.

Ma l’aspetto più clamoroso ed odioso, riguarda i cosiddetti “promoted post” e cioè quei contenuti che vengono promossi pagando cifre anche molto alte. Neppure in quel caso, infatti, il nuovo algoritmo assicura un risultato certo e chiaro in termini di visibilità ed efficacia. Come confermato dai test noi effettuati nelle ultime settimane e stando a quanto confermano anche le riviste specializzate, l’utente-cliente può anche pagare 200 euro nella speranza di raggiungere un numero più elevato di fan o, in alternativa, potrà “acquistare” nuovi fan promuovendo la propria pagina. Tuttavia, per quel contenuto a pagamento, varrà la stessa regola utilizzata per tutti gli altri post e cioè: poche interazioni, poca visibilità concessa. Se nessuno regala like, commenti e condivisioni, quel contenuto che avete pagato per vedere diffuso, magari anche oggettivamente interessante, verrà automaticamente oscurato dall’algoritmo. Allo stesso modo, quindi, anche se compriamo spendendo cifre esorbitantanti 100.000 nuovi fan per la nostra bella pagina, solo un numero esiguo di questi ultimi visualizzerà i nostri post, tutti gli altri saranno letteralmente tenuti in ostaggio dall’Edge Rank di ultima generazione e rimarranno “parcheggiati” potenzialmente in eterno in zone d’ombra (la nostra pagina più grande ha oltre 350.000 iscritti e post visualizzati da 80 persone). Di fatto, questo significa vendere fumo e dare zero possibilità di recesso e/o reclamo ai consumatori. Non solo: se pagate e la vostra campagna inizia proprio durante uno dei non pochi aggiornamenti/problemi tecnici riscontrati dal social, nessuno vi rimborserà la cifra sborsata. E il servizio clienti? Meglio non considerarlo visto che risponde una volta su dieci, se siete particolrmente fortunati ed insistenti. I blocchi ingiustificati di account e la rimozione altrettanto arbitraria ed imprevedibile dei contenuti postati? Idem (nessuno ci ha ad esempio spiegato come mai, un nostro articolo sulla psoriasi, sia stato segnalato da qualche utente bontempone, rimosso da tutte le pagine sulle quali era stato diffuso e, cosa ancora più grave, abbia causato il blocco di un mese a tutti gli account amministratori). Facebook si è quotato in borsa, ha avuto un disperato bisogno di tramutare i suoi iscritti in prodotti da vendere e clienti da spremere ma non ha saputo offrire alcuno strumento professionale e chi lo utilizza, appunto, per lavoro e non solo per condividere foto con frasi da baci perugina e video di gattini fuffolosi o patetici sfoghi autoreferenziali. Chi lavora e mantiene aziende e dipendenti grazie all’utilizzo professionale dei social network, deve ovviamente anche essere pronto a pagare per tale utilizzo che possiamo definire commerciale. Ma poi, coloro che offrono il servizio, devono garantire trasparenza, assistenza ed una policy decisamente più affidabile e partecipativa. Non è possibile, per chi gestisce portali d’informazione, svegliarsi un mattino, ritrovarsi con un calo di traffico pari al 50% ed essere obbligato ad investire decine di migliaia di euro praticamente al buio per mantenere un trend che prima veniva garantito gratuitamente. E non è possibile che le autorità garanti del caso dormano e non si decidano ad intervenire in maniera ferma nei confronti di questi giganti senza volto che spesso, troppo spesso, si comportano da vere e proprie divinità digitali che in nessun caso devono dar conto delle proprie azioni (o non azioni). Se ti “puniscono” tu puoi solo pregare inviando una mail o una segnalazione e sperare che qualcuno, prima o poi, risponda.

Con questo editoriale, YOUng spera di poter ricevere il supporto di altre realtà editoriali medio-grandi e di numerosi professionisti di settore per portare avanti una protesta comune e chiedere a Facebook Italia un tavolo di confronto con le aziende che, da anni, lavorano incessantemente ed indirettamente anche per il social network che le ospita, mantenendolo attivo e vivo. In merito agli utenti, è decisamente odioso il relegarli a semplici prodotti da profilare e poi rivendere, privandoli di fatto della possibilità di un’interazione più ampia e di una selezione meno rigida e ripetitiva dei contenuti visualizzati nella propria newsfeed. Che il social resti social e non si tramuti in asocial-truffa-network.

http://sapereeundovere.it/come-e-perche-facebook-sta-fregando-utenti-e-clienti/

La TV Fa Venire L’Ansia



La scelta dei temi 
Il primo degli elementi sotto accusa è costituito dai temi trattati, che 
degli intervistati. Scandali, efferati delitti, accuse e litigi che minano ogni fiducia
 nei confronti della politica e dell'economia del paese: sono solo alcune delle 
tematiche che quotidianamente vengono evidenziate in Tv.

Il tono della trattazione 
Ma per l'84% degli esperti non sono solo gli argomenti di cui si parla a generare 
 l'allarmismo (58%), ormai utilizzati in ogni tipo di trasmissione, dalle news ai contenitori di costume. A questo si aggiungono poi i toni dei diversi servizi: a 
qualsiasi ora del giorno, infatti, anche quelli più normali vengono annunciati 
come se si stesse dando la notizia di una meteora che sta per colpire la terra. Insomma per il 51% i toni isterici che ormai dominano nel piccolo schermo rappresentano una delle maggiori cause dell'ansia che sempre più spesso 
prende chi resta troppo tempo davanti alla Tv. 

Sfumano le funzioni di informazione e intrattenimento 
continuare ad utilizzare certi toni rischia di far mettere sullo stesso piano notizie 
e temi di importanza diversa, causando alla lunga una sorta di atarassia dell'informazione, dove il modo in cui viene data una notizia diventa più 
pregnante della notizia stessa. 

Sindrome da accerchiamento 
Di fatto per il 63% degli intervistati la Tv sta sempre più diventando una fonte 
di stress (anche dal punto di vista acustico), genera ansia (55%) e aggressività 
(49%), ma fa venire anche l'idea di essere continuamente fregati(43%), tanto 

Classifica dei generatori d’ansia 
Sicuramente in una sorta di classifica del grado di ansia catodica i Talk show 
sono al primo postocome sottolinea il 58% degli esperti e conferma l'analisi 
dei programmi andati in onda nelle ultime 4 settimane. In media, infatti, ogni 
6 minuti di messa in onda vengono utilizzati toni e termini che alzano il livello 
di ansia e aggressività, oltre al fatto che gli stessi temi trattati bombardano lo spettatore con tutto ciò che di più stressante avviene quotidianamente, che si 
tratti di politica, di scandali o di fatti di cronaca nera. Subito dietro ai Talk 
show ci sono naturalmente i telegiornali (52%): sicuramente gli argomenti ansiogeni sono più concentrati, ma i toni e il lessico utilizzato sono più controllati
 e meno allarmistici (in media si raggiungono alti livelli di stress ogni 12 minuti).
 Lo stesso vale per le trasmissioni sportive, dove l'ansia catodica sembra
 la costante per cercare di fidelizzare gli spettatori (45%, con i picchi di ansia 
catodica che hanno una frequenza media di uno ogni 15 minuti). Seguono le trasmissioni di servizio, dove si vogliono tutelare i consumatori o 
dirimere controversie (41%, con i picchi di ansia catodica che hanno una 
frequenza media di uno ogni 20 minuti). Ma ad essere messe sotto accusa 
 i contenitori pomeridiani (38%, dove i toni e gli atteggiamenti di conduttori
 e partecipanti fanno impennare il livello d'ansia in media ogni 21 minuti). 
Seguono i reality (36%), che seguono lo stesso principio delle trasmissioni 
sportive e dove i toni e gli atteggiamenti di conduttori e partecipanti fanno 
impennare il livello d'ansia in media ogni 24 minuti.

Banca mondiale: “Più facile fare impresa in Botswana che in Italia”

La Penisola guadagna posizioni, ma nella classifica Doing Business 2014 gli economisti di Washington la piazzano al 65esimo posto su 189

Banca mondiale: “Più facile fare impresa in Botswana che in Italia”

Fare impresa in Italia? Meglio andare in Botswana. A dirlo sono gli economisti di Washington che, nella classifica Doing Business 2014, stilata dalla Banca mondiale collocano il Paese al 65esimo posto su 189 economie prese in esame. Subito dopo Saint Lucia, un’isola delle Antille e Bielorussia. In realtà, rispetto allo stesso report dello scorso anno, l’Italia guadagna ben otto punti (dal 73esimo al 65esimo posto).
Un piccolo passo avanti dovuto in sostanza a tre fattori: registrazione della proprietà (dal 54esimo al 34esimoposto), efficacia dei contratti (da 140esimo a 103esimo) e commercio estero (da 58esimo a 56esimo). Un capitolo a parte riguarda invece la gestione dei fallimenti: il Paese ha perso tre posizioni rispetto al 2013, ma resta comunque nella parte alta della classifica, al 33esimo posto. Le lungaggini burocratiche e l’alta pressione fiscale rimangono però i punti più controversi e negativi per le piccole e medie imprese italiane.
Secondo il report fare impresa sarebbe più semplice in Botswana (56esimo posto), ma anche in Rwanda (32esimo posto), Armenia (37esimo posto) e nelle isole Tonga (57esimo posto). Se sui tempi sono stati fatti passi avanti, le procedure per metter su un’attività sono ancora troppe (6 contro le 5 della media Ocse) e soprattutto onerose. Pesano i costi: un imprenditore italiano effettua circa 15 pagamenti all’anno, impiega 269 ore di lavoro amministrativo e versa delle imposte sugli utili, sui consumi e i contributi sociali e previdenziali quasi doppie rispetto alla media Ocse, oltre il 65 per cento.
Proprio sul dato relativo alla tassazione, il peggiore in verità, l’Italia si colloca al 138esimo posto al mondo, perdendo tre punti rispetto al Doing Business 2013. In difetto anche i permessi per costruire che dal 101esimo posto adesso scivolano al 112esimo e la facilità di aprire una nuova società (che passa dall’84esimo al 90esimo posto). Peggiora anche l’accesso al credito che dal 105esimo scende giù al 109esimo posto in classifica.
Perfino avere un allaccio alla rete elettrica è complicato: 5 procedure per 124 ore di lavoro. Insomma per fare impresa, secondo gli economisti di Washington, meglio allora andare a Singapore (prima in classifica da qualche anno) seguita a ruota da Hong Kong, Nuova Zelanda e Stati Uniti e Danimarca. Al sesto posto entra la Malesia che supera la Corea e la Norvegia. Chiude la top ten infine la Gran Bretagna. Per l’Italia c’è però un’ulteriore amara sorpresa: tra i Paesi Ue, dove la Germania è al 21esimo posto, il Belpaese si trova nelle retrovie, perfino sotto la Spagna della crisi (52esimo posto): peggio di noi insomma fanno solo Grecia, Romania e Repubblica Ceca.

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