sabato 23 novembre 2013

IL SOLE E I RECENTI MUTAMENTI CLIMATICI



 

ADRIANO MAZZARELLA 


Prof. Associato di Climatologia
Dipartimento di Scienze della Terra
Università di Napoli Federico II, Largo S. Marcellino, 10 80138 Napoli
Responsabile Osservatorio Meteorologico dell’Università Federico II
Responsabile Osservatorio Geofisico “Ciro Chistoni”, Terme di Agnano



Relazione tenuta il 13 marzo 2003, presso la Società dei Naturalisti in Napoli, nell’ambito del Corso di Formazione e Aggiornamento sul tema:”Le tematiche emergenti nell’attuale visione della Scienza”

RIASSUNTO

Viene attualmente riservato molto interesse al riscaldamento della Terra attribuito all’immissione nell’atmosfera da parte dell’Uomo dei gas ad effetto serra. Pochi, però, si sono posti il quesito se tali variazioni siano fisiologiche e rientrino perciò nelle oscillazioni naturali a lungo periodo del clima. La descrizione e la relativa quantificazione della variabilità naturale del clima dovrebbe essere, invece, la premessa necessaria per una corretta valutazione di eventuali cambiamenti climatici di natura antropica. Questo lavoro si pone in quest’ottica e mira all’individuazione di segnali di origine esclusivamente solare in grado di giustificare una significativa percentuale dell’aumento della temperatura dell’aria a scala planetaria.

INTRODUZIONE

Stiamo vivendo un periodo di intenso antropocentrismo con l’Uomo che si illude di governare la macchina termica del sistema atmosfera-Terra alla stregua di un capo macchinista, costruisce modelli di circolazione atmosferica in grado di risolvere centinaia di equazioni per ogni scatoletta di una griglia tridimensionale che ricopre il globo e fa di tutto per dimostrare che le cause del recente riscaldamento del Pianeta sono attribuibili alla sua azione forsennata di produzione di CO2. Questo perché uno dei paradigmi dominanti della scienza è quello del determinismo: ogni evento possiede una causa e il futuro è univocamente determinato dal presente. Ma un tale approccio riduzionista non si può applicare al sistema atmosfera dove i processi fisico-chimici sono, invece, regolati da parametri dinamici e termodinamici interconnessi e con innumerevoli processi di retroazione positivi e negativi. A tal proposito si è solito affermare che il battito di una farfalla in Amazzonia può scatenare una tempesta a New York dopo un mese: cioè eventi atmosferici microscopici sono capaci di innescare eventi atmosferici macroscopici ed imprevedibili. La debolezza dell’approccio riduzionista può essere superata solo con un approccio olistico (Bak, 1996) che analizzi il sistema atmosfera nella sua interezza per evidenziarne una variabilità naturale che, premessa necessaria per una corretta valutazione di eventuali cambiamenti climatici di natura antropica.


TEMPERATURA PLANETARIA DEL PIANETA
La sorgente primaria di energia della Terra è la radiazione proveniente dal Sole, una stella nana gialla che ha un diametro pari a 1392000 km, corrispondente a 109 Terre disposte una dietro l’altra, composta per il 74% da idrogeno e per il rimanente da elio e che ha già consumato metà della sua vita. La gigantesca massa del Sole, pari al 99.9% di tutta la massa del sistema solare, determina una tale compressione del suo nucleo, che ha un raggio di circa 200000 km, da raggiungere le temperature che innescano la fusione nucleare dell’idrogeno: quattro nuclei di tale gas si trasformano in un nucleo di elio. Ma la massa di quest’ultimo è leggermente minore della somma delle masse dei nuclei di idrogeno che fondono: la massa mancante è l’energia emessa dal Sole. Durante la fusione, per ogni secondo, 594 milioni di tonnellate di idrogeno si trasformano in 590 milioni di tonnellate di elio; i 4 milioni di tonnellate mancanti Dm diventano energia per la legge E = Dm c2, dove E è l’energia prodotta e c è la velocità della luce. L’energia che si produce in un secondo è paragonabile a quella che produrrebbero 400 milioni di centrali nucleari di media grandezza. All’interno del nucleo la temperatura del Sole è pari a 15 milioni di gradi Kelvin, alla superficie è di circa 6000 K (più o meno uguale a quella del nucleo terrestre) e, poi, verso la corona, lo strato più esterno della stella, la temperatura ritorna a toccare i milioni di gradi. Tale comportamento anomalo sembra essere dovuto all’eruzione dei getti di gas che, come filamenti incandescenti, si innalzano per mezzo milione di km al di sopra della superficie solare.
La quantità massima di energia incidente su un piano perpendicolare ai raggi solari al limite superiore dell’atmosfera e nell’unità di tempo è detta costante solare (Co) e vale circa 1370 watt m-2.
Per calcolare la temperatura superficiale della Terra, in assenza di atmosfera, risulta conveniente considerare il Sole e la Terra come corpi neri che irradiano alle temperature di 6000 K e 288 K, rispettivamente. I relativi spettri di emissione, riportati in figura 1, non mostrano alcuna sovrapposizione: il massimo dell’irraggiamento solare è centrato nella banda del visibile compresa tra 0.4e 0.7m e il massimo dell’irraggiamento terrestre è centrato nell’infrarosso intorno ai 10.5m.




Figura 1

Spettri di emissione del Sole e della Terra calcolati come corpi neri che irradiano con temperature superficiali pari a 6000 K e a 288 K, rispettivamente (l’asse delle ascisse è in scaal logaritmica). 





Nella ragionevole ipotesi che l’energia riflessa dalla superficie terrestre A (albedo) sia uguale al 30%, la temperatura superficiale T del Pianeta risulta uguale a:

T = [Co (1-A)/(4 s)]1/4

dove s è la costante di Stefan pari a 5.67 10-8 W m-2 K-4. Ma il valore di T, così calcolato, pari a 255K (-18°C), risulta di molto inferiore di quello reale della Terra pari a 15°C. Per ottenere un bilancio energetico più efficiente, occorre considerare la Terra circondata da un’atmosfera contenente gas serra capaci di essere trasparenti alle radiazioni corte incidenti del Sole ed opachi alle radiazioni lunghe riemesse dalla Terra (figura 2).







Figura 2

Bilancio energetico tra Sole, atmosfera e suolo terrestre. A destra l’energia solare in ingresso è pari a 342 W/m2 dei quali solo 168 raggiungono il suolo. A sinistra, la superficie terrestre emette 390 W/m2 dei quali solo 235 vengono dispersi nello spazio: i restanti circa 155 W/m2 sono intercettati dai gas serra e restituiti alla Terra insieme all’apporto energetico precedentemente immagazzinato dall’atmosfera (67 W/m2), al calore di condensazione del vapore (78 W/m2) e a quello trasferito dalla convenzione (24 W/m2). Tutte queste quantità forniscono i 324 W/m2 della radiazione di ritorno. 










Il più abbondante gas serra è il vapor d’acqua che ha una concentrazione, rispetto all’intero volume atmosferico, compresa tra lo 0.5% ai poli e il 5% all’equatore, seguito a grande distanza dal CO2 (0.03%). Ma, l’introduzione dei gas serra comporta un aumento della temperatura superficiale della Terra da –27°C fino a 72°C; per giustificare la temperatura media di 15° C del Pianeta, occorre prendere ulteriormente in considerazione i processi convettivi all’interno dell’atmosfera che, al di sotto dei 5 km, risultano molto efficienti nella distribuzione del calore tra l’equatore e i poli.







APPROCCIO RIDUZIONISTA 

E’ largamente diffusa nell’opinione pubblica la convinzione che le recenti variazioni climatiche, osservate a scala planetaria, siano dovute esclusivamente all’aumento dell’immissione nell’atmosfera da parte dell’Uomo del CO2 connesso alla combustione dei combustibili fossili, alla deforestazione e al cambiamento d’uso della terra (figura 3).





Figura 3

Andamento temporale della concentrazione di CO2 a Mauna Loa (Hawaii). 


La variabilità ciclica interannuale, con valori massimi in inverno e minimi in estate, è dovuto all’assorbimento da parte della vegetazione.





Questo perché uno dei paradigmi dominanti della scienza (solo parzialmente intaccato dalla fisica quantistica) è quello del determinismo per cui, un aumento del gas serra CO2, dovrà per forza determinare un aumento della temperatura globale. Quasi ogni giorno, i mass media e una parte della comunità scientifica diffondono scenari apocalittici del riscaldamento del Pianeta per i prossimi 100 anni. Tali scenari sono calcolati mediante modelli di circolazione generale (GCM) che girano su particolari super-computers con un numero enorme di equazioni in grado di simulare solo alcuni dei numerosi processi dinamici e termodinamici che avvengono all’interno dell’atmosfera. In tali modelli l’atmosfera è normalmente simulata da una griglia tridimensionale con maglie di 300-1000 km in senso orizzontale e circa 1 km in senso verticale, con livelli variabili da 1 a 19 (figura 4).





Figura 4

Scomposizione del globo terrestre in griglie tridimensionali (con maglie da 300 a 1000 km in orizzontale e fino ad 1 km in verticale) sulle quali i modelli di circolazione generale (GCM) calcolano gli scenari futuri climatici a partire dalle condizioni climatiche attuali. 




Le equazioni che descrivono l’evoluzione della circolazione atmosferica sono quelle classiche della meccanica e della termodinamica ma la loro risoluzione è molto difficile perché i processi atmosferici investigati sono strettamente interdipedenti, ossia una modifica dell’uno si ripercuote a cascata su tutti gli altri, con reazione finale di feedback sulla causa scatenante (figura 5).



Figura 5

Illustrazione schematica dei processi che sono inclusi in un modello di circolazione generale dell’atmosfera. Lo spessore delle frecce è proporzionale all’importanza dei vari processi e i versi stabiliscono le relative influenze 




Un aumento della radiazione solare, ad esempio, aumenta la temperatura al suolo e favorisce l’evaporazione: il conseguente aumento del contenuto di umidità nell’atmosfera può portare alla saturazione e alla condensazione, fino alla comparsa delle nubi, le quali tendono ad attenuare la radiazione solare in arrivo al suolo, il cui iniziale aumento era stata la causa primaria del processo a valanga. Per questo motivo i vari modelli GCM (GFDL: Geophysical Fluid Dynamics Laboratory, USA; MPI: Max Plank Institute, D; NCAR: National Center for Atmospheric Research, USA; UKMO: United Kingdom Meteorological Office, UK), testati sulle condizioni climatiche degli ultimi 100 anni, calcolano aumenti di temperatura media della Terra, per un raddoppio della concentrazione di CO2, molto diversi fra loro compresi tra 1.9 e 5.2°C. Per evidenziare ulteriormente la scarsa significatività delle previsioni operate dai GCM, basti ricordare che l’aumento di 5°C previsto dal Meteorological Office di Londra per un raddoppio di CO2, si riduce ad un valore di appena 2°C (una riduzione di ben 60 %!) cambiando semplicemente il contenuto di ghiaccio nelle nuvole.



APPROCCIO OLISTICO

Non possiamo analizzare correttamente il sistema atmosfera finchè non cessiamo di cercare di capire le sue parti separatamente l’una dall’altra, non pensiamo al sistema nella sua interezza (Bak, 1996) e non ne evidenziamo la sua variabilità naturale. A tal fine risulta importante evidenziare i risultati ottenuti da una equipe multidisciplinare di ricercatori che hanno analizzato le goccioline d’aria racchiuse all’interno di una carota estratta dai ghiacci dell’Antartide, lunga 3300 m e corrispondente agli ultimi 420000 anni (Petit et al., 1999) (figura 6).







Figura 6
Valori di temperatura e di concentrazioni di CO2 e CH4 all’interno delle goccioline d’aria, racchiuse nella carota di ghiaccio lunga 3300 m, estratta a Vostok in Antartide e risalente a 420000 anni. 




Le curve delle concentrazioni di CO2, di CH4 e della temperatura dell'aria T testimoniano come, già nel passato, in assenza di qualsiasi tipo di industrializzazione, fossero strettamente correlate ce che i recenti aumenti di T e di CO2 osservati negli ultimi 50 anni rientrano perfettamente nell’oscillazione di circa 100000 anni. Per identificare la causa primaria di queste variazioni naturali, abbiamo rivolto l’attenzione al Sole, già definito da Dante lo Ministro maggiore de la Natura (Paradiso, X, 28). A questo proposito è curioso verificare che è possibile ottenere una buona misura della temperatura dell’aria in un sito semplicemente a partire dal numero degli stridii di un grillo effettuati in 8 secondi e dall’aggiunta di 4. Questo perché il grillo è un insetto che risente moltissimo del calore del Sole. L’attività solare è normalmente parametrizzata con il numero delle macchie solari, scoperte da Galilei nel 1611 con l’invenzione del cannocchiale; le macchie solari raggiungono dimensioni di decine di migliaia di chilometri e la Terra potrebbe esservi completamente inghiottita. Spesso si riuniscono a gruppi di decine, grandi e piccoli; lo sviluppo di un gruppo di macchie comincia con la comparsa di macchie piccole che, poi, si espandono aggregandosi tra loro e questo processo può durare da una settimana a qualche mese. Non è errato immaginare le macchie sulla fotosfera solare come bocche da cui fuoriescono linee di forza del campo magnetico del Sole e appaiono scure semplicemente perché la loro temperatura, che è di circa 4500 K, è inferiore rispetto alla fotosfera circostante (6000 K). La temperatura si abbassa perché la circolazione del calore viene bloccata a causa dei violenti campi magnetici. E’ ben noto agli astronomi che le macchie solari hanno cicli di 11 anni, di 22 anni, connesso all’inversione del campo magnetico solare (ciclo di Hale), di 60 anni e di altri cicli più lunghi (Gough, 1986). E’ interessante notare che, a partire dal 1645, il Sole rimase in una fase di minima attività per 70 anni e all’eccezionale periodo chiamato Minimo di Maunder (dal nome del sovrintendente per le ricerche solari del Royal Greenwich Observatory di Londra che ne scrisse alla fine dell’Ottocento) corrispose sulla Terra una piccola era glaciale con una diminuzione planetaria della temperatura. La riluttanza della comunità scientifica internazionale ad accettare un’ipotetica influenza delle macchie solari sul clima deriva dalla mancanza di un semplice meccanismo fisico che spieghi come piccole variazioni percentuali dell’output solare (dell’ordine dello 0.1%) possano influenzare le alte energie in gioco nella circolazione troposferica. Ma l’influenza del Sole sui fenomeni troposferici non avviene attraverso le variazioni delle macchie solari ma attraverso la turbolenza del vento solare che fuoriesce dai buchi coronali polari del Sole ed è in grado di percorrere 150 milioni di km tra il Sole e la Terra nel giro di qualche giorno. Il 14 luglio 2000, per esempio, il Sole eruttò miliardi di tonnellate di particelle elettricamente cariche verso la Terra ad una velocità di 1700 km al secondo ed il suo impatto sul campo magnetico terrestre diede origine alla più grande tempesta geomagnetica mai misurata sulla Terra che causò la perdita di un

satellite nippo-americano (Advanced Satellite for Cosmology and Astrophysics) e un black out della rete GPS per diverse ore. Buchi coronali ampi e stabili (tipici del minimo di attività solare) determinano un flusso di vento solare poco turbolento e perciò una bassa attività geomagnetica; buchi coronali ristretti ed instabili (tipici del massimo di attività solare) determinano un flusso di vento solare turbolento e perciò un’alta attività geomagnetica (Bravo and Otaola,1989; Mazzarella and Palumbo, 1992). La turbolenza del vento solare a terra è ben misurata dall’indice di attività geomagnetica aa (Mayaud, 1973), regolarmente pubblicata dal N.O.A.A. sin dal 1868.Un flusso turbolento di particelle solari, e perciò un indice aa elevato, è in grado di ionizzare l’atmosfera, causare le aurore polari e produrre vuoti parziali nella troposfera. Questo processo altera la pressione atmosferica al suolo, la distribuzione areale dei centri semipermanenti di azione (Bucha, 1988) ed in definitiva la circolazione troposferica. Un cambiamento di regime nella circolazione troposferica è responsabile della corrispondente variazione nel regime termo-pluviometrico di quel luogo. Per esempio, la circolazione troposferica nel bacino del Mediterraneo è caratterizzata da una componente zonale che dipende dalla distribuzione spaziale che i tre centri semipermanenti di pressione, l’anticiclone delle Azzorre, l’anticiclone Siberiano ed il ciclone Islandese, sono soliti occupare nell’emisfero boreale. Un’attività geomagnetica intensa, come quella attuale, è in grado di determinare non solo un’intensa attività aurorale ai poli ma anche un blocco della circolazione zonale, con la sostanziale scomparsa delle stagioni intermedie (Palumbo and Mazzarella, 1984), la concentrazione delle piogge in periodi sempre più limitati (Mazzarella, 1999; Luongo e Mazzarella, 2003) e ripetuti fenomeni di acqua alta nell’ Adriatico (Mazzarella, 1998).

Jones et al. (1986) dell’Università inglese della East Anglia hanno ricostruito le temperature medie a scala planetaria dal 1861, eseguendo accurate analisi critiche delle fonti più antiche, apportando correzioni ragionate, in alcuni casi affetti da errori sistematici, ed hanno esaminato un’imponente massa di dati di temperatura dell’aria sia a terra che sul mare. Questo ha consentito di verificare la significatività di una modulazione solare dei recenti mutamenti climatici. A tal fine abbiamo effettuato un’analisi incrociata fra le serie contemporanee dell’attività geomagnetica aa e della temperatura dell’aria planetaria T. Nelle figure 7,8 abbiamo riportato gli andamenti delle due serie temporali aa e T, entrambe standardizzate a un valore medio e ad una deviazione standard pari a 0 e a 1, e filtrate con medie mobili di ordine 11 e 23.








Figura 7

Media mobile d’ordine 11 dell’attività geomagnetica aa e della temperatura dell’aria. Il valore del coefficiente di correlazione R tra le due curve è un indice del loro grado di somiglianza. 







Figura 8

Media mobile d’ordine 23 dell’attività geomagnetica aa e della temperatura dell’aria. Il valore del coefficiente di correlazione R tra le due curve è un indice del loro grado di somiglianza. 








I risultati mostrano che, man mano che eleviamo l’ordine del filtraggio, il coefficiente di correlazione R fra le due serie è sempre più alto e perciò la somiglianza fra le due serie è sempre più elevata. Abbiamo anche indagato nel dominio delle frequenze ed abbiamo ottenuto segnali significativi di 11, 22 e 60 anni sia nella serie dell’attività geomagnetica aa che nella serie corrispondente della temperatura globale dell’aria T, soprattutto per quanto riguarda i segnali di 22 e di 60 anni, trovati essere completamente in fase con quelli di aa (figura 9).








Figura 9

Cicli di 11, 22 e 60 anni calcolati dalle serie temporali contemporanee d’attività geomagnetica aa e di temperatura planetaria dell’aria T. Il valore del coefficiente di correlazione R è un indice di bontà di adattamento tra i valori osservati e calcolati. 




L’alto valore del coefficiente di correlazione R dimostra la sistematicità e la realtà fisica di questi segnali climatici legati all’attività solare e perciò non riconducibili ad attività umana alcuna.





DISCUSSIONE

L’inadeguatezza dei modelli di circolazione generale dell’atmosfera dipende dall’elevato numero di parametri che in maniera complessa ed interdipendente interessano il clima, dalla scarsa conoscenza dei processi climatici essenziali e dalla inadeguata informazione dei fenomeni di retroazione. I modelli GCM sono stati costruiti in maniera subdola, con lo scopo di attribuire alla CO2 un ruolo primario sulle variazioni termiche dell’aria trascurando perfino quello del vapor d’acqua, ritenendo talvolta che l’incremento della concentrazione di H2O sia conseguenza di quello di CO2. L’atmosfera non può essere costretta in scatolette ed è sconvolgente come questi modelli vengano comunque considerati gli unici strumenti disponibili per consentire decisioni politiche e sociali.

L’evidenza geologica di segnali coerenti di 100000 anni sia nella concentrazione di CO2 che nella temperatura globale dell’aria T (figura 6) dimostra, in maniera definitiva, che l’attuale recente aumento del CO2, sul quale tanto gli pseudoambientalisti amano disquisire per formulare scenari apocalittici, appartiene, invece, semplicemente alla fisiologia del Pianeta.

L’esistenza, inoltre, di una modulazione solare significativa della temperatura dell’aria globale T, sia nel dominio del tempo che in corrispondenza dei cicli di 11, 22 e 60 anni, dimostra la realtà fisica di una variabilità naturale di origine esclusivamente solare e non ascrivibile certamente ad attività umana alcuna.

I cicli di 11, 22 e di 60 anni, tipici dell’attività solare, sono attualmente in fase tra loro e questo ha determinato gli elevati valori sia nell’attività geomagnetica misurata al suolo che nella temperatura dell’aria planetaria. Ma questo scenario non durerà all’infinito! I cicli dell’attività solare tenderanno a non essere più in fase tra loro con il passar del tempo e l’attività del Sole tenderà a diminuire. In tali condizioni, la circolazione nel Mediterraneo, per esempio, tenderà progressivamente ad acquistare il suo carattere zonale che si tradurrà nel ritorno progressivo delle stagioni intermedie e di un regime termo-pluviometrico regolare come osservato nel medio periodo. 
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Fonte: http://www.meteo.unina.it/

http://mondogallach.blogspot.it

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