lunedì 26 maggio 2014

Elezioni Europee 2014, quanto contano le elezioni


Non è soltanto un’offesa all’intelligenza dei lettori scrivere che bisogna votare questo o quellocome abbiamo letto, ma soprattutto un modo per farsi ridere dietro perché, a poche ore dall’apertura dei seggi, chi ha deciso ha deciso (anche di non decidere) e non sarà certo qualche pomposa articolessa a cambiare il corso degli eventi. I giornalisti non dovrebbero fare gli agit prop, ma per esempio raccontare cosa c’è di vero e di falso dietro le gigantografie dei leader o nei retrobottega di una campagna elettorale giudicata “vergognosa” tra “Europa dimenticata e liti da cortile” (Corriere della sera), ma proprio per questo quantomai spumeggiante.
Certo che si vota per il Parlamento europeo e sarebbe cosa buona e giusta che agli elettori fosse concesso il potere di modificare i vizi capitali dell’Unione, dalla costosissima macchina eurocratica (con annesse prebende) alle cosiddette politiche di rigore che, come è certificato, hanno impoverito chi già povero era rinsanguando i caveau delle banche. Dire alla gente che domani potrà cambiare con un semplice segno sulla scheda l’andazzo è disonesto prima che falso. Le cose a Bruxelles resteranno più o meno come prima e, se il nuovo presidente della Commissione europea sarà il socialista Schulz, i più informati penseranno: ah è quello che Berlusconi definì un “kapò”. Quanto alla popolarità del Popolare Juncker verrebbe da dire: Juncker chi? Anche la disputa su euro sì euro no è roba da comizianti, visto che perfino le procedure per tornare alla vecchia liretta, se anche si volesse, restano un mistero.
Sulle liti da cortile, poi, il nostro Fabrizio d’Esposito ha compilato ieri una gustosissima antologia di culi, manette, banane e lupare, con annessi Hitler e Stalin che hanno avuto almeno il merito di concentrare sui talk show masse di curiosi attirati dagli alterchi tra Grillo e Renzi più che dalle questioni, del resto inesistenti, di alta politica. Via, non scherziamo, la sacralità delle elezioni si è dissolta da quel dì, da quando il cosiddetto responso delle urne è stato stravolto dai maneggi dei partiti che poi i governi se li sono fatti pret-à-porter, senza neppure scomodare l’elettorato (Monti, Letta, Renzi) e sotto l’alto patrocinio del Quirinale.
Domani, come sempre, avranno vinto tutti. Ma se Grillo avrà vinto un po’ di più saranno guai per Renzi, che in ogni caso non intende sloggiare da palazzo Chigi (magari con l’affettuoso appoggio del malconcio Caimano). Queste in fondo sono le semifinali di una partita la cui finalissima si giocherà alle politiche, che molti vedono dietro l’angolo: e lì chi vince si prende tutto il piatto. Personalmente spero che lista Tsipras superi lo sbarramento del 4 per cento per portare a Strasburgo qualcosa di sinistra, ma per le ragioni esposte non mi sento di biasimare chi se ne resterà a casa. Cattivi pensieri che non impediranno al Fatto, giornale che ha come linea politica la Costituzione, di rispettarne l’articolo 48: “L’esercizio del voto è dovere civico”. Auguri.



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