Che ci fa l'uomo dei servizi segreti e della sicurezza nazionale ai vertici di una delle aziende più strategiche del nostro Paese?
Di Claudia Fusani
Se uno dice "Gianni De Gennaro al vertice di Finmeccanica", possono venire in mente scenari da fiction, roba che Snowden è un ragazzino e Prism un gioco di ruolo, Certo è che vedere l'uomo che ha fatto la guerra a Cosa Nostra; che è stato sette anni capo della polizia e per venti nella stanza dei bottoni della sicurezza nazionale; poi dominus dei servizi segreti inseguendo il mito di Negroponte e al governo a supervisionare gli stessi 007; ecco, vedere uno così che diventa presidente dell'azienda tra le più strategiche per l'economia nazionale è storia che sollecita parecchie suggestioni e interpretazioni.
Anche perché, e da qui dovremmo partire, è vero che De Gennaro è quello giusto per dare rigore e credibilità ad un'azienda che negli ultimi tre anni ha perso due presidenti e vari manager coinvolti in inchieste per corruzione anche internazionale. Ma è anche vero che De Gennaro non ha alcuna esperienza industriale. E quindi sembra legittima la domanda se Finmeccanica debba continuare ad essere, magari sempre di più, un asset strategico per l'economia italiana. O se abbia solo bisogno di rifarsi un'immagine.
La chiave di lettura più minimalista racconta che l'ex prefetto, che non aveva alcuna voglia di lasciare l'incarico di sottosegretario con delega ai servizi segreti che gli era stato affidato da Monti, ha trattato fino all'ultimo la sua uscita da palazzo Chigi in cambio del passaggio a Finmeccanica. De Gennaro avrebbe quindi lasciato il posto a Marco Minniti solo dopo aver ottenuto che la poltrona di presidente della partecipata di viale Montegrappa fosse sua. Difficile dire di no a De Gennaro, che ha argomenti e titoli per convincere. E sa come essere convincente.
Contro la lettura minimalista va a sbattere però più di un argomento. Il primo riguarda il fatto che Finmeccanica ha il suo core business nei sistemi di difesa e nell'elettronica per la difesa. Circa l'80 per cento del giro di affari della partecipata del tesoro sono cioè legati in un modo o nell'altro all'industria della difesa. Il settore civile assorbe appena il 16 per cento del business. Finmeccanica ha da sempre tra i suoi clienti il ministero della Difesa, quello dell'Interno, i carabinieri, le forze armate, palazzo Chigi e i servizi segreti.
Va da sé che De Gennaro è a casa propria in questi ambienti. Inoltre vanta, da anni, ottimi rapporti internazionali, soprattutto con Washington, Cia, Fbi e Nsa comprese, e con i responsabili della sicurezza e della difesa di molti vari paesi. Un pedigree così marcato ci può servire non poco, e anzi farci sedere in prima fila, al gran tavolo dei professionisti e dei venditori della sicurezza internazionale.
Ma che succederà al settore civile, ad esempio Ansaldo Energia e Ansaldo Trasporti? Non è un mistero che il Pd avrebbe preferito Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, con un profilo sicuramente più industriale. Zampini dovette già subire, due anni fa, il sorpasso di Giuseppe Orsi (arrestato a febbraio per corruzione internazionale), all'epoca sponsorizzato dalla Lega. Adesso gli è passato avanti il prefetto De Gennaro.
Che è stato anche capace di superare ostacoli per altri forse insormontabili: era lui il capo della polizia e del Dipartimento della pubblica sicurezza nei giorni tragici del G8 di Genova nel 2001. Ne è uscito indenne. I suoi uomini migliori, che prendevano ordini da lui, no.
In nome del prefetto gli uffici di palazzo Chigi sono riusciti a dribblare anche una norma dell'Antitrust e un conflitto di interessi.
Secondo l'Antitrust non c'è incompatibilità nel passaggio di De Gennaro, che ha avuto la delega del governo ai servizi segreti, alla holding della difesa perchè l'attività di Finmeccanica non si svolge “prevalentemente” nell'ambito dei servizi segreti. Il conflitto di interessi viene meno in base al calcolo del giro d'affari di viale Montegrappa nel settore della difesa e dell'intelligence.
C'è anche una terza e ancora più minimalista chiave di lettura. E' quella che sostiene che tanto De Gennaro avrà poche o punte deleghe, che dovrebbero perlopiù restare all'amministratore delegato Alessandro Pansa (nessuna parentela con l'attuale omonimo capo della polizia). E che in fondo il mandato scadrà tra un anno quando sarà rinnovato il cda. Ma un anno è lungo. De Gennaro è abile. E' stato ribattezzato, affettuosamente, “lo squalo”. Il duello con Pansa, amministratore delegato, è forse già cominciato.
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