Le multinazionali dell’Agribusiness sono, per loro natura, interessate al profitto e non, come dichiarano nella loro pubblicità, a “salvare l’umanità dalla fame”. I primi a soffrire la fame sono infatti i contadini e i braccianti del Sud del Mondo che non hanno accesso alla terra e che ricorrono all’indebitamento per acquistare oltre alle sementi, più costose rispetto a quelle selezionate in modo naturale da migliaia di anni, gli altri fattori produttivi collegati alla monocoltura GM ovvero acqua per irrigazioni e prodotti chimici di sintesi (venduti dalle stesse multinazionali) quali pesticidi ed erbicidi e fertilizzanti.
L’introduzione di caratteristiche di resistenza a erbicidi e pesticidi nelle colture sviluppa una competizione negli insetti nocivi e nelle piante infestanti che diventano sempre più resistenti. L’unica soluzione è aumentare diserbanti e accettare la presenza di insetti sempre più forti e privi di nemici naturali.
Oltre a ciò l’imposizione di sementi brevettate che standardizzano piante e frutti, che riducono l’offerta alimentare da parte delle grandi catene di distribuzione subordinando qualità e sicurezza a criteri commerciali o industriali, porterà inevitabilmente alla perdita della maggioranza di specie e varietà naturali, selezionate nei millenni e ognuna adatta ad un determinato territorio: una perdita drastica di quella biodiversità – anche culturale – che rende così unico e straordinario il nostro Paese.
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