D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


mercoledì 11 luglio 2012

Ricatto criminale: è la legge di Mario Monti, il dittatore


Mario Monti comanda in virtù di un’autorità attribuitagli per “stato di eccezione”. È investito di poteri politici pieni per un tempo sinora dichiarato limitato, ma ormai aperto a un appetito che, si sa, vien mangiando. È un classico dittatore, insomma. Ed essendo tale, ragiona e parla come un autocrate. Ma come, diranno gli illusi, lo statista grigio topo, il sobrio uomo del loden, lui, un dittatore?  Per far suo lo stile di pensiero totalitario di un dittatore non gli occorre mica farsi prestare una giacca sgargiante da Sacha Baron Cohen, né gli serve ammazzare oppositori con risa perfide durante una visita in sala torture. Può bastare la sua voce monocorde e l’immeritata fama di “tecnico”, per zittire il capo di Confindustria in nome di un precetto che non può tollerare dissensi: la regola dello spread.
Nessuna critica al suo governo può essere considerata valida quando si insinua nelle classi dirigenti, perché l’unica realtà che queste devono ormai Mario Montivedere è il livello dei tassi d’interesse, ossia un perenne stato di eccezione, una minaccia che può travolgere tutto se qualcuno osa alzare la testa mentre viene intaccato selvaggiamente quel che è stato accumulato in generazioni. Tutte le libertà, tutti i poteri e contropoteri nonché le formazioni sociali intermedie, sono sacrificati a un capestro in mano alle agenzie di rating sull’asse Wall Street-Londra, arbitri del nostro destino. Abbiamo così un dittatore e il suo king maker sul Colle che mettono le nostre vite nelle disponibilità di soggetti che un giorno saranno giudicati con un metro penale estremo, cioè con metri di corda saponata ai quali appenderli, se si avvera la “tempesta perfetta” prevista da Nouriel Roubini.
Sia chiaro. Noi non vogliamo che siano impiccati il dittatore Monti, il peggiorista quirinalizio, i padroni d’oltremare, né gli stolidi e mediocri interlocutori di Berlino. Né vogliamo che siano appesi per il collo i corifei delle gazzette del conservatorismo italiota, “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, che pure, per parte loro, poco ci manca che vogliano mandare alla forca chi osa dire la verità: che il governo fa macelleria sociale. Ma dovremo dirlo forte e chiaro, al dittatore, che l’abbiamo capito: lui, fra le libertà costituzionali e le pagelle dei creditori criminali, ha scelto i criminali. Chi si illude del contrario, sbatterà prima o poi contro una realtà solidissima. Noi, che non ci illudiamo, ci dobbiamo attrezzare in tempo per far pagare il prezzo del crimine ai criminali e ai complici dei criminali. Che se ne vadano tutti, alcuni in galera, altri a leccarsi le ferite dopo che ripudieremo il debito ingiusto e smantelleremo le nuove impalcature istituzionali create in suo nome.
(Pino Cabras, “Il dittatore”, da “Megachip” del 10 luglio 2012).

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