- Francesco Maria Toscano -
La disoccupazione dilaga, le famiglie senza reddito alcuno si moltiplicano, mentre quel farabutto di Renzi fa finta di occuparsi della povera gente varando un provvedimento inutile e deleterio come il Jobs Act. Al di là delle finte minacce del vice-Dudù Angelino Alfano, patetico nell’alzare la voce nella speranza che qualcuno si accorga della sua esistenza, le idee del governo in tema di lavoro sono letteralmente assurde, antistoriche e ipocrite. Da venti anni i soloni di regime spiegano che la disoccupazione è causata dalla burocrazia e dalle troppe regole. Iniettando dosi sempre più massicce di precarietà, però, la disoccupazione, anziché diminuire, è letteralmente esplosa. Perché? Perché come sanno tutti gli economisti in buona fede, perennemente oscurati da una stampa complice e connivente, l’aumento della disoccupazione è proporzionale al crollo della domanda aggregata. Burocrazia e rigidità sono finti bersagli, branditi da figuri come Renzi a mo’ di spauracchio con l’obiettivo di impressionare i tonti. Una impresa che non vende non può assumere nessuno. E in un Paese dove i consumi calano vertiginosamente a causa delle dissennate e sadiche politiche di austerity volute dall’Europa, puntare il dito contro lo Statuto dei Lavoratori è prassi scientificamente sbagliata e umanamente meschina. Non per nulla il massone reazionario Padoan, tempo fa, in una intervista al Wall Street Journal, ebbe l’impudicizia di dichiarare: “Il dolore produce risultati” (clicca per leggere). Una filosofia degna di Mengele, non c’è ce dire. Purtroppo, nell’immediato, non c’è modo di togliere il bisturi dalle mani dei questi moderni nazisti. In prospettiva, invece, nella speranza che le avanguardie progressiste e rooseveltiane si destino dal lungo torpore, sarà certamente possibile allestire un nuovo processo di Norimberga che regoli i conti con i “profeti del dolore” e renda giustizia alle vittime di tanta barbarie. Per capire quale sia il modello dissimulato che Padoan e Renzi hanno in mente, vi invito a leggere un articolo pubblicato oggi a pagina 20 del Corriere della Sera a firma Gian Antonio Stella: “La strage dei minatori italiani che Rockefeller cancellò con l’arte”. Stranamente Stella (a parte il titolo infelice) ha scritto un buon articolo, confermando la bontà di quel proverbio inglese secondo il quale “anche un orologio rotto segna l’ora esatta almeno una volta al giorno”: “Giuseppe Petrucci aveva quattro anni, la sorellina Lucia due, il piccolo Francesco solo quattro mesi. E il loro omicidio, che non poteva essere spacciato per il prezzo necessario a domare i minatori in sciopero, colpì l’America come una scudisciata (…). Successe a Ludlow, esattamente cento anni fa. Quel borgo (…)era abitato allora da migliaia di immigrati polacchi, greci, messicani e italiani che lavoravano nelle miniere di carbone. In gran parte quelle della Colorado Fuel and Iron (…) che apparteneva a quello che era l’uomo più ricco del mondo John D. Rockefeller senior, che ne aveva affidato la gestione al figlio Jr (…). Guadagnavano un salario da fame pagato in buoni acquisto negli spacci che appartenevano alla stessa Company, vivevano in baracche affittate ancora dalla Colorado Fuel and Iron, lavoravano in condizioni così pericolose che nel solo 1913 nelle “mines” del Colorado, con un tasso di mortalità doppio rispetto al resto dell’America, erano morti in 104” (…). Scesero in sciopero nel settembre del 1913. La compagnia li buttò subito fuori di casa e loro si trasferirono in una accampamento di fortuna. E lì, come testimoniano le foto, passarono l’inverno. Un inverno tremendo (…). Finché il 20 Aprile (…), l’ufficiale Karl Linderfelt diede alle milizie e ai mercenari l’ordine di spazzare via i minatori e il loro campo di tende (…). La cronaca del New York Times del 22 Aprile, ripresa in un furente saggio dello scrittore Hans Ruesch, diceva: Quarantacinque morti, tra cui trentadue donne e bambini, una ventina di dispersi e altrettanti feriti è il bilancio della battaglia di 14 ore tra truppe statali e scioperanti nella proprietà della Colorado Fuel and Iron Company, una holding di Rockefeller (…). Nelle trincee che si erano scavate per proteggersi dalle pallottole, donne e bambini sono morti come topi in trappola, uccisi dalle fiamme. Una trincea scoperta questo pomeriggio conteneva i corpi di dieci bambini e due donne (…). I commenti dei giornali contro quell’insensata carneficina di persone che chiedevano solo un orario di otto ore, il divieto di far lavorare i bambini e una paga decente in dollari e non in buoni, furono durissimi”. Molti potranno trovare eccessivo il paragone tra l’Italia di oggi e l’America di cento anni fa. Invece le similitudini esistono e, di questo passo, arriverà presto il giorno nel quale nuovi manifestanti esasperati e sfruttati verranno repressi nel sangue per la gioia dei cantori di regime allaAntonio Polito. Proprio nel giorno in cui Stella ricorda la strage dei minatori del Colorado, infatti, il Corriere pubblica un editoriale che mellifluamente evoca il ritorno della violenza e dell’intimidazione di Stato. ScrivePolito: “ (…) I cosiddetti movimenti si preparano a sfidare già nelle prossime settimane la polizia (…)”. Uno dei prossimi cortei del Maggio romano è contro un decreto legge del ministro Lupi. Contiene un articolo che statuisce l’ovvio, e cioè che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento ai pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo, e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. Dunque i promotori hanno indetto una manifestazione in difesa dell’illegalità”. In pratica Polito, temendo che i disperati contemporanei rivendichino con forza il diritto alla casa e al lavoro, predispone un preventivo fuoco di sbarramento mediatico volto a giustificare in prospettiva una, di fatto auspicata, reazione violenta e feroce da parte delle forze dell’ordine. Ma i parallelismi non finiscono qui. Se ieri si fucilavano donne e bambini nell’interesse del miliardario John D. Rockefeller Jr, oggi si pianifica l’impoverimento di intere categorie di lavoratori all’interno di riservati e potenti consessi influenzati proprio da un erede diretto di quella stessa famiglia di aguzzini. David Rockefeller, sesto e ultimo figlio del “boia del Colorado”John D. Jr, è anche il fondatore della famigerata “Commissione Trilaterale”. Organizzazione para-massonica nel cui seno nacque il famoso pamphlet “The crisis of democracy”, bibbia ad ogni latitudine per qualunque piduista moderno. Come hanno chiarito i massoni di Grande Oriente Democratico, la Commissione Trilaterale è nient’altro che il braccio visibile della potente loggia Three Eyes (clicca per leggere), punto di approdo per molti insospettabili alti papaveri italiani che tuttora rivestono (indegnamente) decisivi ruoli istituzionali. Per conoscerne i nomi non resta che attendere la pubblicazione (si spera imminente) del libro “Massoni” (Chiarelettere editore) scritto dal Venerabile Maestro Gioele Magaldi. Per ora basti sapere che anche il “salvatore” Mario Monti,guarda caso, ha ricoperto l’incarico di “Presidente europeo” per la Commissione Trilaterale fondata dal massone reazionario David Rockefeller, figlio del Rockefeller protagonista del massacro raccontato da Stella. Chissà se tale circostanza ha favorito in qualche modo l’arrivo di Monti a Palazzo Chigi. Probabilmente lo scopriremo solo vivendo. Quel che già sappiamo è sufficiente per intravedere quel filo sottile, fatto di casate, obiettivi e circostanze, che lega il Colorado del secolo scorso all’Italia dei giorni nostri. La consapevolezza è il primo passo verso la libertà.
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