di Giovanna Tinè - DailyStorm
LO SCANDALO - L’anno giapponese si è aperto con un reportage-denuncia del quotidiano nipponico Asahi Shimbunriguardo alle operazioni didecontaminazione nella prefettura diFukushima. I lavori, consistenti nella ripulitura di edifici e nella rimozione di terra e vegetazione contaminate, sono stati appaltati dal governo a grandi imprese di costruzione, spesso legate al business del nucleare, invece che a quelle ditte – giapponesi e straniere – che possiedono i requisiti di tecnologia ed esperienza per un lavoro così delicato.
È il caso, ad esempio, della Kajima Corporation, già costruttrice dei 6 edifici dei reattori della centrale di Fukushima Daiichi. Così, le due priorità in base alle quali le ditte appaltatrici e subappaltatrici stanno effettuando il lavoro sono il contenimento dei costi da un lato e la rapidità delle operazioni dall’altro, invece che la sicurezza, l’accuratezza o l’efficacia. Risultato: i livelli di radiazioni aumentano dopo i lavori di “decontaminazione”.
IL REPORTAGE – I giornalisti dell’Asahi Shimbun hanno passato 130 ore, tra l’11 e il 18 dicembre, ad osservare e fotografare le operazioni e ad intervistare gli operai dei siti di decontaminazione. E riportano che i materiali contaminati, ovvero la terra, le foglie e persino l’acqua con cui vengono lavati gli edifici, vengono sistematicamentedisperse nei fiumi e nelle foreste. Nel “migliore” dei casi terra e foglie vengono messe in sacchi di plastica e, dato che non è stato predisposto nessun luogo per lo stoccaggio temporaneo di questi rifiuti radioattivi, essi vengono lasciati nei pressi di strade, nei campi o sulla costa – luogo il cui grado di sicurezza è ampiamente dimostrato proprio dal disastro di Fukushima –.
Come ha dichiarato al New York Times il prof. Tomoya Yamauchi dell’università di Kobe, esperto di misurazione di radiazioni: «Questa non è decontaminazione. È spazzare terra e foglie, ed è assolutamente irresponsabile. Il Giappone ha messo in moto l’enorme macchina dei lavori pubblici e la ripulitura è diventata essa stessa un fine. Per il governo è un modo per dare l’impressione di stare effettivamente facendo qualcosa per Fukushima».
IL RITORNO DELLA MINACCIA - Come se ciò non bastasse, le ultime elezioni politiche giapponesi hanno visto la vittoria del Partito Liberal Democratico, formazione di centro-destra da sempre favorevole all’atomo, che durante gli oltre 50 anni di governo quasi ininterrotto del Paese, dal 1955 al 2009, ha ampiamente contribuito all’instaurarsi di quel sistema di affari, collusione e reciproche coperture tra politica e lobby del nucleare, che è stato denunciato dal rapporto indipendente sull’incidente di Fukushima presentato a Luglio al parlamento. E, infatti, già il dicembre scorso,all’indomani della vittoria, il leader del partito e attuale primo ministro, Shinzo Abe, ha dichiarato di voler rilanciare il nucleare e riaprire le centrali spente in seguito al disastro del 2011, e successivamente ha chiaramente espresso l’intenzione del suo governo di realizzarne di nuove, “completamente diverse da quelle costruite 40 anni fa”. Ovviamente, previa adeguata campagna pubblicitaria volta a fare massiccia opera di convinzione sull’opinione pubblica a favore della favola del nucleare sicuro.
Rimane da sperare che, nonostante ciò, le cittadine e i cittadini giapponesi e non, nel nome di quel concetto di People over profits che sta animando tante delle manifestazioni del 99% in giro per il mondo, sappiano resistere alla prossima propaganda pro-nucleare. E riflettere sul diverso modello energetico ed economico che quello slogan implica, memori del disastro di Fukushima.
(16 gennaio 2013)
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