D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


martedì 19 marzo 2013

L'industria del cibo sta sabotando la salute della gente



Le multinazionali che producono cibo, bevande e alcol starebbero utilizzando le stesse strategie dell'industria del tabacco per minare le politiche della sanità pubblica. La denuncia arriva da ricercatori inglesi, australiani e brasiliani che, in uno studio pubblicato di recente sottolineano che "l'auto-regolamentazione è di fatto fallita" e che "serviranno regole più precise". Secondo gli studiosi, è accaduto che, tramite una politica di marketing molto aggressiva, le multinazionali si ritrovino ad essere oggi "i principali motori dell'epidemia di malattie croniche e mortali, quali diabete, cancro e gran parte delle patologie cardiovascolari".

Sulla scorta di diversi documenti delle aziende, lo studio rivela come le multinazionali cerchino di manipolare la legislazione nell'area della salute e puntino ad evitare di sottostare alle regole, costruendo relazioni finanziarie e istituzionali con operatori sanitari, Ong e agenzie della salute, distorcendo i risultati delle ricerche e influenzando i politici.

Gli studi finanziati esclusivamente da aziende produttrici di cibi e bibite riportano infatti risultati favorevoli alle aziende dalle quattro alle dieci volte di più rispetto a quelli non sponsorizzati da loro. «La regolamentazione o la minaccia di regole», spiega Rob Moodie, coordinatore dello studio e docente di Salute Pubblica presso la Melbourne University, «è l'unico modo per cambiare queste corporazioni transnazionali».

«L'approccio collaborativo, adoperato in Europa» tra governi, industria, società civile e operatori della salute, teso ad insegnare alle persone a mangiare meglio, fare più esercizio e vivere sano, «è fallito», continua Moodie. Sarà bene che «in futuro, le industrie del cibo, delle bevande e del tabacco non abbiano alcun ruolo nelle politiche nazionali o internazionali sulle malattie croniche. Meglio quindi un sistema di regole pubbliche, che faccia pressione direttamente sull'industria per aumentare la consapevolezza sulla sua condotta ambigua e mantenere attiva l'attenzione pubblica».

In particolare, il professor Moodie, soffermandosi sul "caso australiano" ha sottolineato come le strategie utilizzate dalle industrie produttrici di bevande cosiddette "energetiche" siano del tutto simili a quelle delle major del tabacco. In Australia, ha rivelato domenica scorsa il quotidiano web "The Sidney Morning Herald", il consumo medio pro-capite di energy drinks è stato nel 2012 di dieci litri a testa (clicca qui per leggere, in lingua inglese).

16 marzo 2013
fonte: ansa
L'industria del cibo sta sabotando la salute della gente
Le multinazionali che producono cibo, bevande e alcol starebbero utilizzando le stesse strategie dell'industria del tabacco per minare le politiche della sanità pubblica. La denuncia arriva da ricercatori inglesi, australiani e brasiliani che, in uno studio pubblicato di recente sottolineano che "l'auto-regolamentazione è di fatto fallita" e che "serviranno regole più precise". Secondo gli studiosi, è accaduto che, tramite una politica di marketing molto aggressiva, le multinazionali si ritrovino ad essere oggi "i principali motori dell'epidemia di malattie croniche e mortali, quali diabete, cancro e gran parte delle patologie cardiovascolari".

Sulla scorta di diversi documenti delle aziende, lo studio rivela come le multinazionali cerchino di manipolare la legislazione nell'area della salute e puntino ad evitare di sottostare alle regole, costruendo relazioni finanziarie e istituzionali con operatori sanitari, Ong e agenzie della salute, distorcendo i risultati delle ricerche e influenzando i politici.
 
Gli studi finanziati esclusivamente da aziende produttrici di cibi e bibite riportano infatti risultati favorevoli alle aziende dalle quattro alle dieci volte di più rispetto a quelli non sponsorizzati da loro. «La regolamentazione o la minaccia di regole», spiega Rob Moodie, coordinatore dello studio e docente di Salute Pubblica presso la Melbourne University, «è l'unico modo per cambiare queste corporazioni transnazionali».
 
«L'approccio collaborativo, adoperato in Europa» tra governi, industria, società civile e operatori della salute, teso ad insegnare alle persone a mangiare meglio, fare più esercizio e vivere sano, «è fallito», continua Moodie. Sarà bene che «in futuro, le industrie del cibo, delle bevande e del tabacco non abbiano alcun ruolo nelle politiche nazionali o internazionali sulle malattie croniche. Meglio quindi un sistema di regole pubbliche, che faccia pressione direttamente sull'industria per aumentare la consapevolezza sulla sua condotta ambigua e mantenere attiva l'attenzione pubblica».
 
In particolare, il professor Moodie, soffermandosi sul "caso australiano" ha sottolineato come le strategie utilizzate dalle industrie produttrici di bevande cosiddette "energetiche" siano del tutto simili a quelle delle major del tabacco. In Australia, ha rivelato domenica scorsa il quotidiano web "The Sidney Morning Herald", il consumo medio pro-capite di energy drinks è stato nel 2012 di dieci litri a testa (clicca qui per leggere, in lingua inglese).
 
16 marzo 2013
fonte: ansa

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