di Gianni Lannes
Lo Stato tricolore ha nascosto nelle viscere della
Sicilia, dentro una miniera nella provincia
di Enna, rifiuti nucleari estremamente pericolosi (ad alta attività di terza
categoria), sulla base di precedenti studi ed esperimenti dell’Enea. La vicenda era nota nel microcosmo accademico da decenni, mentre in Italia la popolazione è tenuta all'oscuro dalle autorità.
Naturalmente i governi della Repubblica si sono ben guardati dall’informare gli autoctoni e l’opinione pubblica. Anzi il primo ministro Romano Prodi ha imposto con tanto di decreto del presidente del consiglio dei ministri dell’8 aprile 2008, il segreto di Stato. Ecco perché il 27 luglio 1992 è stato chiuso improvvisamente uno dei più ricchi e produttivi giacimenti mondiali di sali potassici, ricco oltretutto dello strategico magnesio. L’Italkali dava lavoro a ben 500 minatori, senza contare l’indotto, ed i suoi conti erano in attivo. Secondo dati risalenti al 1998 della stessa Italkali, la miniera era prevedibilmente produttiva per almeno un trentennio, con un livello produttivo medio annuo pari a due milioni di tonnellate soltanto di kainite.
L’inquinamento
superficiale provocato dall’amianto è soltanto uno specchietto per le
immancabili allodole italidiote, ovvero gli pseudo giornalisti in circolazione.
Nella pubblicazione scientifica Radioactive Waste Management and Disposal, edita dalla Cambridge University per conto della Commissione della Comunità Europea, si evince che l’Enea ha concretizzato i suoi esperimenti segreti. Infatti, mai nessuno aveva fatto riferimento ad una galleria nucleare a 378 di profondità.
Insomma, non si sono limitati agli studi teorici:
dalla teoria sono transitati direttamente alla pratica sul campo, anzi
sottoterra, lontano da occhi indiscreti.
Nel giugno del 1992 il pentito Leonardo Messina (ex
minatore di Pasquasia e membro di "cosa nostra") aveva rivelato a Paolo Borsellino
che le gallerie sotterranee della miniera venivano utilizzate per smaltire
scorie radioattive. Il racconto di Messina sulla circostanza, era considerato
attendibile dal Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna. Il capo della
Polizia Antonio Manganelli aveva sostenuto che «il contributo delle confessioni
del pentito Leonardo Messina era assimilabile a quello portato da Tommaso
Buscetta».
Nel 1995, a più riprese l’ingegnere Carlo Giglio,
ispettore nucleare dell’Enea, ha denunciato alla Procura della Repubblica di Reggio
Calabria, lo smaltimento illegale di scorie radioattive da parte dell’Enea.
Un’interrogazione a risposta orale (primo dei dieci
firmatari Giuseppe Scozzari), datata ventidue luglio 1996 chiede al governo ma
senza ottenere mai risposta, «se corrisponda al vero che la miniera di
Pasquasia sia adibita a discarica di scorie radioattive». Uno studio
dell’Agenzia internazionale atomica (IAEA) - risalente al 1985 (pagina 239) -
segnala il sito di questa miniera di sali potassici in provincia di Enna, quale
luogo di sperimentazioni nucleari dell’Enea (ente nucleare dello Stato
italiano).
Non è tutto. Ancor prima, «Una commissione europea
stilò nel 1977 una lista che individuava in Italia 134 siti idonei rifiuti
radioattivi; i siti individuati sarebbero: in Sicilia Regalbuto, Agira, Assoro
Villapriolo, Pasquasia, Resuttano, Salinella, Milena, Porto Empedocle,
Realmonte, Montallegro; in Calabria Fiume Neto e in Basilicata Scanzano;
considerato che: nove dei comuni accreditati come possibili sedi del deposito
nazionale per le scorie radioattive si troverebbero in Sicilia e fra questi, sei,
soltanto nelle provincie di Caltanissetta ed Enna; i territori siciliani risultano
essere ad alto rischio sismico eciò li renderebbe assolutamente non idonei alla
localizzazione di scorie nucleare». E’ il testo di un’interrogazione
parlamentare (n. 4-07654), presentata da Natale Ripamonti il 10 novembre 2004
al ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli. Né il governo Berlusconi, né
tantomeno quello Prodi fino ai giorni nostri ha mai fornito risposta; tant’è
che l’iter è tuttora in corso. Eppure, il senatore dei Verdi Ripamonti, chiedeva
semplicemente di sapere «se, tenendo conto del rischio sismico e delle particolari
condizioni di precarietà dal punto di vista economico, sociale, di caratterizzano
i territori siciliani di cui in premessa, vi sia la volontà di garantire un'esclusione
certa e definitiva dei comuni siciliani dalla scelta di localizzazione del sito
nazionale per le scorie nucleari; quale sia la valutazione del Governo in
ordine alle modalità con cui garantire una reale e concreta informazione nei
confronti delle popolazioni locali, delle istituzioni locali e del Parlamento
riguardo alle iniziative assunte in questi mesi e che s’intende assumere successivamente;
se non si ritenga opportuno sostenere presso la Comunità europea la necessità
di evitare la modifica delle norme comunitarie al fine di non provocare gravi
conseguenze sanitarie, sociali, economiche e per ribadire che le scorie
nucleari devono essere smaltite nel paese in cui sono prodotte».
Nel 2001 il deputato Ugo Grimaldi, già assessore al
Territorio e all'Ambiente della Regione Siciliana nel 1997 ha sostenuto
pubblicamente che la chiusura sia avvenuta per consentire lo stoccaggio di
rifiuti radioattivi, visti anche gli studi geologici fatti nel sito
precedentemente la sua chiusura.
Infatti in un'intervista al cronista giornalista Angelo Severino, egli
solleva la questione che all'interno della miniera si trovino scorie
radioattive, visti anche i diversi tentativi di occultamento, quali il
riempimento del pozzo grande, ossia uno sfiatatoio profondo un chilometro.
La miniera veniva coltivata con il metodo detto a
“camere e pilastri abbandonati”. Possiede 4 pozzi di sfiato, di cui il più
profondo arriva a 1.000 metri di profondità, ed una rampa di accesso con un pendenza
del 17 per cento, lunga 1.800 metri con diametro di 26 metri quadrati di sezione
principale. Nei primi anni ‘80 l’ENEA ha effettuato studi per definire
l'eventuale possibilità di stoccaggio definitivo di scorie nucleari. Soltanto nell’aprile
del 1996 l'Ente Minerario Siciliano ha provveduto alla chiusura ermetica delle
porte di accesso alle gallerie. Dal 1 gennaio 1999 la proprietà, con lo
scioglimento dell'EMS, è passata alla Regione Siciliana.
La presenza del Cesio-137 nelle vicinanze di
Pasquasia, è stata rilevata dall’Usl nel 1997, «in concentrazione ben superiore
alla norma». Inoltre, la Procura della Repubblica di Caltanissetta e la
Direzione Distrettuale Antimafia hanno confermato l'esistenza di «un
procedimento penale, archiviato nel 2003, a carico di noti indagati per reati
ambientali correlati allo smaltimento dei rifiuti» e soprattutto «anche
radioattivi all'interno della miniera in questione». Ma l'accesso alla
documentazione non è possibile in quando la stessa Procura conferma che «tali
atti tuttavia non sono ostensibili in quanto coperti da segreto».
Mister
Matteo Renzi è tutto sotto controllo?
Vogliamo vederci chiaro con una commissione indipendente della
popolazione
siciliana, andando subito a scoperchiare i 4 pozzi della miniera di
Pasquasia per i rilevamenti opportuni, indicando alla magistratura
competente i criminali di Stato responsabili dei fatti narrati?
riferimenti:
Comitato
Nazionale per la Ricerca e per lo Sviluppo dell'Energia Nucleare e delle
Energie Alternative, Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia: rapporto
finale, Comm. delle Comunità europee, 1988.
Notiziario
dell'ENEA.: Energia e innovazione, Comitato nazionale per la ricerca e per lo
sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative, luglio 1986.
Francesco
Zarlenga, Le ricerche condotte dall’ENEA fra il 1976 e il 1991 sul confinamento
geologico delle scorie radioattive a lunga vita e ad alta attività, 2009.
Gianni Lannes,
Una tomba nucleare, Edizioni Le Siciliane, marzo 2012, pp. 16-19.
FONTE: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/08/in-sicilia-pasquasia-lo-stato-italiano.html
Nessun commento:
Posta un commento
In un ottica di reciproco scambio di opinioni i commenti sono graditi. Solo da utenti registrati. Evitiamo ogni abuso nascondendoci nell'anonimato. Grazie