L’estorsione del Pdl ha funzionato. Il presidente
della Repubblica (ancora per poco)
ha diramato ieri l’ennesimo monito (si spera
l’ultimo) e ancora una volta (si spera l’ultima) ha
posto sullo stesso piano i magistrati aggrediti e i
politici aggressori. Come se indagini e processi
fossero guerre per bande fra magistrati e imputati.
Dopo aver ricevuto il presunto leader del
Pdl a poche ore dalla radunata sediziosa al Tribunale
di Milano anziché tenerlo fuori della porta,
Napolitano ha pilatescamente espresso “rammarico
per la manifestazione senza precedenti
del Pdl”, ma subito dopo si è appellato “al comune
senso di responsabilità”. Comune nel senso
che anche i magistrati dovrebbero essere più
“responsabili” per propiziare un “immediato
cambiamento di clima”. Escludendo che ce l’abbia
con i meteorologi o con le avverse condizioni
climatiche, resta da capire come i magistrati potrebbero
migliorare il clima col partito del leader
più imputato della storia: evitando le visite fiscali
per verificare i legittimi impedimenti di un tizio
che da vent’anni fugge dalla giustizia? Evitando
di condannarlo se lo ritengono colpevole? Evitando
di indagarlo se compra senatori un tanto
al chilo? Dopo l’incredibile udienza concessa al
capomanipolo, il capo dello Stato gli ha offerto
una sponda istituzionale convocando d’urgenza
il Consiglio di presidenza del Csm, come se indagini
e processi, avviati da anni o da mesi e
sospesi per la campagna elettorale, fossero eventi
inattesi o eccezionali tali da giustificare iniziative
estreme. Non contento, al termine del
summit, il Presidente ha emanato un supermonito
cerchiobottista pieno di miele per la banda
del buco. Un colpo al cerchio: “È comprensibile
la preoccupazione dello schieramento che è risultato
secondo nelle elezioni, di veder garantito
che il suo leader possa partecipare alla complessa
fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento,
che si proietterà fino alla seconda metà
del prossimo mese di aprile...”. E uno alla botte:
“…anche se non è da prendersi nemmeno in
considerazione l’aberrante ipotesi di manovre
tendenti a mettere fuori giuoco – ‘per via giudiziaria’
come con inammissibile sospetto si tende
ad affermare – uno dei protagonisti del confronto
democratico e parlamentare”. Dunque
inquirenti e inquisiti, guardie e ladri, si mettano
d’accordo: “evitare tensioni destabilizzanti per il
sistema democratico”, “ristabilire un clima corretto
e costruttivo nei rapporti tra giustizia e politica”,
perché “i protagonisti e le istanze rappresentative
della politica e della giustizia non
possono percepirsi ed esprimersi come mondi
ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché
uniti in una comune responsabilità istituzionale”.
Ecco: se l’ex senatore De Gregorio confessa
di aver ricevuto da B. 3 milioni (di cui 2 in nero)
per tradire i suoi elettori e passare da sinistra a
destra, i magistrati non devono sospettare di B.,
ma anzi unirsi a lui nella “comune responsabilità
istituzionale”, per non apparirgli “ostili” e instaurare
con lui “un clima corretto e costruttivo”,
evitando “tensioni destabilizzanti”, altrimenti
il suo partito, che è “risultato secondo nelle
elezioni” (fosse risultato terzo o quarto le cose
cambierebbero), potrebbe nutrire la “comprensibile
preoccupazione” che il leader venga escluso
dalla “complessa fase politico-istituzionale”
eccetera. C’è addirittura il rischio che un corruttore
di senatori non possa diventare il prossimo
presidente del Senato o della Repubblica. Il
che, riconosciamolo, sarebbe una bella perdita.
Ps. Siccome “è comprensibile la preoccupazione
dello schieramento che è risultato secondo nelle
elezioni, di veder garantito che il suo leader possa
partecipare alla complessa fase” eccetera, B.
potrà inventarsi legittimi impedimenti a manetta
di qui ad aprile per scampare alle sentenze. E i
membri della giunta per le elezioni del Senato
dovranno ben guardarsi dal dichiarare ineleggibile
B. ai sensi della legge 361/1957, anche se è
ineleggibile da sempre. Insomma, siamo in buone
mani (ancora per poco).
D'un tratto nel folto bosco
Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz
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