La nostra società corre in fretta e nonostante non ci manchino i mezzi e i supporti per conservare i ricordi, dimentichiamo. O forse, peggio, scegliamo di dimenticare. Così come scegliamo di non guardare e non vedere, benché ogni giorno galleggiamo su un mare di immagini. La vita, il lavoro, le relazioni, i soldi, gli amici, gli amanti sono una corrente che ci trascina via. Non abbiamo tempo, semplicemente,di occuparci di cose che non ci tocca da vicino .. ma questo non è giusto!!
Secondo le stime approssimative delle Nazioni Unite, le vittime del traffico del sesso oggi sono sono 1 milione e 400 mila nella sola Asia, per lo più femmine, ma anche maschi, e la stragrande maggioranza ha un’età che oscilla tra i 10 e i 14 anni. L’orrore dei dati raccolti da una ONG membra di ECPAT (End Child Prostitution, Abuse and Trafficking) conferma l’indescrivibile scempio che ha luogo ogni giorno nelle principali città e località turistiche di Thailandia, Birmania, Laos, Cambogia, fissando l’età del primo rapporto sessuale a 12 anni e 3 mesi per le bambine e a 12 anni e 6 mesi per i ragazzini. Meno che adolescenti, questi schiavi del terzo millennio sono costretti dai loro sfruttatori ad avere dai 10 ai 20 rapporti al giorno e se si rifiutano o, peggio, provano a scappare, la violenza delle punizioni alle quali sono sottoposti diventa intollerabile anche solo da immaginare. Eppure deve essere raccontata, perché dare una forma all’orrore è l’unico modo per riconoscerlo e sconfiggerlo.
Con questo obiettivo ben chiaro in mente, la scorsa estate la giovane cambogiana Sreypov Chan ha scelto di narrare la sua storia al mensile francese Marie Claire, ripercorrendo con coraggio la propria vita, dal momento in cui, a 7 anni, la mamma l’ha venduta a un trafficante per sbarcare il lunario, fino al giorno della sua fuga, all’età di 10. In mezzo tre anni di violenze fisiche e psicologiche, di abusi e di umiliazioni. Racconta Sreypov che per il reiterato rifiuto di accettare il suo primo cliente, il suo sfruttatore schiacciò una manciata di peperoncini e la introdusse nella sua vagina, accanendosi poi con un ferro arroventato e lasciandola infine in balia del cliente stesso. Un orrore all’ordine del giorno tra le piccole schiave, picchiate, torturate con il fuoco e con l’elettroshock, costrette a bere urina, chiuse per giorni in casse piene di scarafaggi e vermi e violentate a più riprese per piegarne la resistenza. Dopo aver visto uccidere brutalmente la sua migliore amica come ‘gesto dimostrativo’ per dissuadere le altre bambine dal ribellarsi, Sreypov decise che sarebbe scappata o morta, perché “morire sembrava meglio che vivere“. Un rischio che ha davvero corso, dopo due tentativi di fuga falliti, ma che non le ha impedito di riprovare una terza volta e che l’ha ripagata con la fortuna di farcela.
Oggi Sreypov ha 20 anni, ma non può nè vuole dimenticare quello che ha vissuto, e per questo si adopera al fianco della sua salvatrice Somaly Mam – fondatrice dell’omonima ONG che lotta per strappare donne e fanciulli alla schiavitù sessuale – per aiutare altre bambine come lei a salvarsi, a scappare dalla follia nella quale sono state precipitate dalle più bieche ed oscure aberrazioni della mente umana. La sua vita è continuamente a rischio, perché frequenta a Phnom Penh l’‘edificio bianco’ della vergogna dove gli sfruttatori tengono segregate, divise per età e per potere di rendita, le loro schiave, ma Sreypov non potrebbe pensare di smettere di andare e di perdere l’occasione di convincere anche solo una di loro ad affrancarsi oppure a difendersi dalle gravidenze e dalla malattie utilizzando il preservativo. Perché un’altra grande piaga che sta contribuendo a cancellare l’infanzia da questi paesi è l’HIV e tutte le altre infezioni che si trasmettono per via sessuale: il 95% dei rapporti consumati nei bordelli, nei club e nei ‘saloni’ asiatici è infatti senza alcun tipo di protezione e questo fa sì che a 12-13 anni molti bambini abbiano l’AIDS e muoiano poi nel volgere di poco tempo, perché privi di qualsiasi tipo di assistenza medica
Un inferno in terra, di fronte al quale non si può che provare rabbia, vergogna, pena e disgusto e che permette di formulare una sola domanda: perché? La risposta è di quelle che gelano il sangue: perché il turismo sessuale e la prostituzione minorile sono la principale e molto spesso unica fonte di reddito per i paesi asiatici coinvolti (basti pensare che questo business è uno dei tre più redditizi a livello globale, insieme al commercio di armi e di droga) e perché la richiesta di piccoli schiavi del sesso è enorme e coinvolge diverse tipologie di ‘utenti’ in tutto il mondo. Pur non individuando “particolari distinzioni nei modelli di comportamenti sociali o specifici manierismi“, ECPAT riconosce tre diverse categorie di utilizzatori: turisti sessuali occasionali, turisti abitudinari e pedofili, con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni (più bassa rispetto al passato) e in cerca di ‘nuove esperienze’ – dettate dal “consumismo sessuale“, da una “discriminazione che sconfina nel razzismo“, dalla “difficoltà nello stabilire rapporti paritari con le donne” e dalla “falsa credenza che fare sesso con bambini sia a minor rischio AIDS” – con la rassicurante certezza dell’anonimato e dell’impunità. E gli italiani non sono esenti, anzi, sempre secondo ECPAT sono 80 mila ogni anno i turisti del sesso che partono dal Belpaese alla volta di qualche meta dove la prostituzione minorile è forte e radicata e di questi il 60% sono occasionali, il 35% abitudinari e ‘solo’ il 5% pedofili.
Per tanto ‘orchi’, però, fortunatamente c’è ancora qualche ‘fata’, che diversamente da quelle delle fiabe ha i connotati di un ex fotografo che ha abbandonato attrezzature costose e fama per combattere l’orrore o piuttosto ‘non ha il volto’ di un’avvocatessa thailandese che ha abbracciato la causa e oggi è una delle più autorevoli conoscitrici e avversarie del traffico di bambini a scopi sessuali. Mickey Choothesa e Duean Wongsa sono, rispettivamente, il fondatore e la figura chiave delle organizzazioni internazionali COSA e Trafcord, i baluardi della ragione in zone del mondo che sembrano aver perso qualsiasi tipo di umanità. Impegnati in prima linea, lottano l’uno sul campo – accogliendo chi riesce a scappare e agendo in prima persona per strappare i piccoli schiavi dalle mani degli sfruttatori – l’altra come uno 007, nel più stretto anonimato, con un unico obiettivo: ridare una vita, una speranza, a chi le ha perse per il ‘ristoro’ e il ‘divertimento’ di qualcun altro.
--Sabrina--
fonte http://www.kreathink.it/
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