D'un tratto nel folto bosco
Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Ozgiovedì 10 luglio 2014
Dimenticare di essere nati liberi
Il neonato viene subito introdotto nel circuito del
sistema per farne di lui un adattato sociale, un
normalizzato, un autoritario, un richiedente istruzioni e
assistenza. Prima si adegua ai codici coercitivi di questa
società mercantile, meglio è. Ma fino a una certa età
possiamo ancora vedere il bambino che, di fronte alla
minaccia del genitore 'o fai come dico io, o ti punisco'
(spesso non esiste neppure la minaccia, si passa alle vie
di fatto) reagisce facendo il muso lungo, piangendo,
recalcitrando, e soprattutto chiedendosi
intimamente perché mai dovrebbe fare una
cosa che ritiene ingiusta. Bisogna intendersi subito
sul diritto-dovere dei genitori di intervenire
arbitrariamente sui figli, e lo farò con Marcello
Bernardi che così dice: 'le limitazioni alla libertà di un
bambino sono giustificate solo quando sono indispensabili per la difesa della sua persona.
Altrimenti sono dei veri e propri attentati alla sua persona'.
Questo tipo di umana reazione del bambino, che vorrebbe solo difendere i suoi diritti e la sua
unicità, svanisce per effetto dell'educazione omologante e si fa largo un altro tipo di modello
mentale e di comportamento, quello dell'adattato, del richiedente istruzioni. Il bambino
imparerà col tempo a distogliere l'attenzione dall'ingiustizia della richiesta o della minaccia in
sé, e si concentrerà invece sul come eseguire bene l'ordine senza così avere conseguenze
punitive, come prescritto. Imparerà quindi che l'ordine in sé, accompagnato dalla punizione
oppure dal premio nella versione adulatoria e subdola della richiesta, non deve essere messo
in discussione, perché si tratta di normalità. 'Insomma, se lo fanno tutti, tu non fare il
sovversivo'! Il bambino crederà che tutto nell'universo funzioni in questo modo, che non vi
possono essere alterantive, e chi le propone è un sovversivo, un pazzo, un sognatore, un
animale... Per inciso, chi ha mai letto Flatlandia?
L'unico problema del bambino sulla via dell'adattamento, appena introdotto nel circuito della
produzione, è intanto quello di cercare le soluzioni più efficaci per non finire in punizione, ma al
contempo per soddisfare i suoi bisogni. E' ancora un umano, ma in pieno conflitto con qualcosa
che lo soffoca in quanto tale, e che gli fa intraprendere percorsi dolorosi, non voluti, già
alienanti. La bugia detta ai genitori è quasi sempre una di queste soluzioni, che è
sostanzialmente un inganno (il bambino lo sa, ne soffre, ma ancora in lui è più forte l'istinto di
conservazione della propria libertà) che gli serve a conciliare, là dove è possibile, il proprio
diritto a non eseguire un ordine, che ritiene ingiusto, con il volere dei genitori, cioè
dell'autorità, della legge calata dall'alto. E' chiaro che l'ingenuità dei bambini è tale per cui la
loro autodifesa per mezzo della bugia si rivela a volte comica ('non sono stato io a far cadere
il vaso', quando in casa c'era solo lui), ma col passare del tempo egli imparerà ad affinare la
tecnica ingannatoria, e non soltanto nei confronti dei genitori o delle autorità a lui più
prossime, maestri e professori in testa. Imparerà quindi anche ad accusare gli altri (se in casa
con lui c'era il cane o il fratellino, incolperà il cane o il fratellino) e a ricattare a sua volta ('se lo
dici alla mamma ti faccio i dispetti').
Ma quando per varie ragioni non è più la bugia ad essere una soluzione, ma è invece il
codice di legge ad essere considerato tale (e lo diventerà presto, in barba al buon senso
sbandierato ovunque), allora la faccenda è più grave, poiché la persona già adattata, cioè
quella che non ha più neppure la vaga idea dell'ingiustizia insita nell'ordine in sé, nella
minaccia, nel ricatto, ma anzi lo perpetua con gli altri, sugli altri, eseguirà l'ordine soltanto
'perché lo dice la legge', e lo eseguirà acriticamente nelle forme e nei modi dettati dal sistema
padronale, dall'istituzione. Come prescritto. L'umano bambino di prima è finalmente sconfitto,
e con lui la sua libertà. Se prima il bambino in via di adattamento cercava ancora i modi meno
dolorosi per non eseguire gli ordini (o per eseguirli con un minimo di salvaguardia della
propria libertà), ora l'adulto perfettamente adattato trova immediatamente i modi per
eseguirli, e li trova già confezionati: di ciò ne è felice, perché il sistema gli fornisce i pre-testi
e le scusanti specifiche. Siamo arrivati a un punto della cosiddetta èra civile dove l'adulto, se
non trova norme calate dall'alto per un problema che potrebbe risolvere da solo, le richiede a
gran voce. In poche parole richiede governi, ordini, punizioni, e 'giustificazioni'
preconfezionate. Non a caso, quando si parla di certi argomenti con un adulto normalizzato, le
sue frasi sono spesso codificate, stereotipate, gonfie di retorica e di pregiudizi. Tutto acquisito
culturalmente. Se i fatti smentiscono la retorica -come avviene- l'adattato si arrabbia, non con
se stesso, ma con chi gli dimostra che la sua retorica non regge di fronte ai fatti.
Ci ricordiamo a questo punto dell'intima domanda del bambino non ancora adattato? 'Perché
mai dovrei fare una cosa che ritengo ingiusta'? Nell'adulto adattato, nel bravo cittadino ligio
al dovere e 'onesto', nella persona educata e per bene, quella domanda è ormai un'ombra
remotissima, una questione che i figli devono imparare a soffocare e presto. Quella domanda
si trasforma invece e di fatto in un imperativo che l'adulto ben educato rivolge a se stesso:
'devo fare così perché lo dice la legge, e se non lo faccio nei modi e nei tempi stabiliti mi
puniscono; io lo posso anche trovare ingiusto, ma la legge è legge'.
Tutto questo aderisce al modello generale imposto, al modus perpetuandi di questa società,
laddove non ci si chiede più, ad esempio, se sia necessaria la scuola tradizionale (specie se
obbligatoria), dati i suoi tragici effetti visibili ovunque, quanto invece se sia prudente
disertarla, data la punizione prevista dalla legge. Ogni questione calata dall'alto, in questa
società, si sposta dalla sua vera sostanza alle conseguenze previste in caso di disobbedienza.
Non si affronta neppure la questione se sia umano un popolo governato attraverso la paura,
perché ormai è tutto così orribilmente normale e consolidato, soprattutto la paura di tornare
liberi e umani.
Qualcuno si chiedeva come mai i popoli obbediscono all'autorità costituita a
che quando
obbedire significa andare contro i propri interessi. Prodigi dell'educazione.
http://scuolalibertaria.blogspot.com/
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