D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


lunedì 10 marzo 2014

ROMA CAPITALE: ACQUA ALL’ARSENICO DAI RUBINETTI



  http://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/_OrdinanzaSindaco36_2014.pdf



di Gianni Lannes
Mancato allarme per 16 anni. Quante persone si sono ammalate o sono decedute a causa dei veleni contenuti nell'oro blu? Dai rubinetti di Roma Nord esce acqua all’arsenico. La situazione è nota all’Amministrazione comunale e Regionale, almeno - come attestano i documenti ufficiali - dal 25 marzo 1998.
Il 21 febbraio 2014, finalmente l’attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino (un medico targato Pd, insediatosi il 12 giugno 2013) ha sfornato l’ordinanza numero 36.
Ma perché il primo cittadino ha atteso una settimana prima di rendere pubblica l'ordinanza con il «divieto di consumo umano» per l'acqua all'arsenico presente negli acquedotti dell'Arsial appartenenti alla Regione?
E, soprattutto, perché i risultati dell’Azienda sanitaria locale sull'acqua batteriologicamente e chimicamente compromessa, già disponibili dal 17 dicembre, non si sono immediatamente tradotti in un adeguato avviso ai cittadini dei Municipi XIV e XV? Sono queste alcune delle domande alle quali cercherà di dare una riposta la Procura della Repubblica che ha aperto un fascicolo per chiarire le responsabilità del Comune. Una delle ipotesi di reato potrebbe essere quella di mancato allarme. Il fascicolo, aperto da Roberto Cucchiari, che coordina le inchieste relative alla salute pubblica, è stato affidato al pm Maria Letizia Golfieri.



Sinistra, destra e centro, oppure verdi, rossi, bianchi, neri e tricolore: nessuna differenza in questo caso. Appunto dal 1998, quando il fenomeno dell’inquinamento era già emerso e ben noto alle massime autorità locali, si sono susseguiti i seguenti sindaci: Francesco Rutelli (1993-2001), Walter Veltroni (2001-2008), Giovanni Alemanno (2008-2013), e infine Ignazio Marino. Mentre i governatori sono stati nell’ordine: Piero Badaloni (1995-2000), Francesco Storace (2000-2005), Piero Marrazzo (2005-2009), Esterino Montino (2009-2010), Renata Polverini (2010-2013), e infine Nicola Zingaretti.

L’ordinanza del sindaco Marino presenta alcune incongruenze. In alcune parti, infatti, si parla di ”arsenico”, mentre in altri passaggi c’è un generico riferimento all'inquinamento batteriologico. 

ìA contribuire ad accendere un faro sui ritardi del Comune nella gestione di questa "emergenza", sono stati tre esposti. Inizialmente, quello di Riccardo Corsetto, portavoce di Primavera nazionale coordinamento Roma Nord, che ha chiesto di verificare «se esistano profili illeciti nel comportamento tenuto dal Comune, che ha vietato l'utilizzo dell'acqua a 5000 persone», senza che nessun suo organo ufficiale «desse ai media adeguata comunicazione». Il secondo esposto porta la firma del Codacons, che ha chiesto di fare luce «su eventuali ritardi od omissioni da parte dell'amministrazione nelle informazioni rese agli utenti; di chiarire se la salute dei cittadini sia stata garantita e se la tempistica seguita dal Comune nel diramare l'allarme sia stata congrua». Infine, una denuncia è stata firmata da Fabrizio Ghera, capogruppo capitolino di Fratelli d'Italia. La questione, di cui discuterà in consiglio comunale giovedì, approderà anche al Parlamento europeo: la sua vice-presidente, Roberta Angelilli, ha investito del caso la Commissione Europea, con una interrogazione sui ritardi dell'amministrazione capitolina. E c'è anche un'inchiesta interna al Campidoglio.

 L'ordinanza di Marino finita sotto accusa viene elaborata negli uffici del Dipartimento Sviluppo infrastrutture: la sua versione finale, con l'allarme da diramare, è del 18 febbraio. Devono però passare tre giorni prima che venga firmata e protocollata dal Segretariato (21 febbraio). Ma nei Municipi XIV e XV i cittadini continuano ad utilizzare l'acqua («già da due anni si sapeva che non era potabile», ha spiegato nei giorni scorsi l'Arsial, nel tentativo di minimizzare l'accaduto). Soltanto il 28 febbraio, l'avviso finisce sul sito del Comune, in una posizione ”defilata”. Il giorno dopo, alle 16.43, l'Ansa batte il comunicato del Campidoglio. Sono passati 11 giorni da quando i tecnici del Comune hanno stilato il documento.
A due settimane dalla firma dell’ordinanza che con ritardo clamoroso ha ufficializzato la pericolosità dell’acqua distribuita dall’Arsial, si scopre che anche quell’informazione era lacunosa. Perché sul sito web di Roma Capitale, l’unico dal quale era possibile scaricare l’ordinanza con la lista delle strade interessate alla contaminazione, sarebbe stato inserito un documento con una pagina in meno che ha messo in allarme la popolazione. In altre parole, non solo il Campidoglio non ha stampato e affisso i manifesti per avvisare i cittadini fin dal 18 febbraio (quando era in possesso dei risultati negativi delle analisi). Ma dieci giorni dopo, quando l’ordinanza è stata pubblicata sul sito del Comune (peraltro nemmeno sulla homepage), è arrivata incompleta, senza la pagina 5, e ha tenuto con il fiato sospeso tutti i residenti della zona. Lo spiacevole contrattempo è stato risolto solo ieri, grazie all’intraprendenza di alcuni residenti.
Possono esistere correlazioni tra le morti di cancro avvenute a Roma Nord e l'acqua regionale all'arsenico e all’amianto? La Asl Roma E sta valutando la possibilità di avviare un'indagine epidemiologica per verificare gli effetti dell'esposizione all'arsenico sulla popolazione di Tragliatella, Malborghetto e le altre zone servite dall'acquedotto dell'Arsial, il carrozzone pubblico della Regione Lazio sfruttato dai politici come un bancomat. Acqua vietata per il consumo umano soltanto a partire dal primo marzo. Acqua che gli abitanti della zona hanno utilizzato per anni. «Gli effetti sulla popolazione si potranno vedere solo con uno studio approfondito», dice Daniele Gamberale, direttore del dipartimento Prevenzione dell'Asl Roma E, l'azienda incaricata di tutti i controlli. «Il primo passo sarà capire quante sono effettivamente le persone che negli anni sono state servite dall'acquedotto regionale e che consumo c'è stato da parte dei residenti». Secondo il dirigente della Asl «è ovvio che ci siano stati dei morti di cancro in questa zona, dato che è la seconda causa di mortalità nel mondo occidentale. Ora bisogna capire le correlazioni, per questo va fatta tutta una serie di approfondimenti», anche attraverso «gli studi di mortalità in possesso del nostro dipartimento di Epidemiologia».
I rischi dell'arsenico sono noti. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro valuta questa sostanza come cancerogeno di «classe 1». Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità l'avvelenamento da arsenico è «un disordine cronico derivante da prolungata ingestione di questa sostanza sopra la dose sicura per un periodo superiore ai 6 mesi». Tra le malattie che colpiscono più comunemente si trovano «lesioni dermatologiche, vari tipi di cancro - della pelle e dei polmoni ma anche della prostata e delle vie urinarie - e infine disordini neurologici e cardiovascolari», come ha spiegato il professor Luigi Naldi, presidente del Centro studi del Gised, il Gruppo italiano studi epidemiologici in Dermatologia. Alcune ricerche sostengono che questo tipo di esposizione alla lunga possa comportare anche problemi all'apparato riproduttivo. «In tutti questi casi - prosegue l'esperto - deve esserci un assorbimento prolungato nel tempo, quindi nella maggior parte dei casi attraverso l'atto del bere».
Il caso dell'arsenico nell'acqua di rubinetto, in alcune zone di Roma Capitale, è emblematico dell'incapacità di governare un territorio da parte dell'attuale, e precedente, casta di politicanti e delle sottostanti strutture organizzative. L'ordinanza sindacale che vieta l'uso potabile dell'acqua è del 21 febbraio scorso. Se ne avuta notizia pubblica soltanto dopo sette giorni. A che serve un ufficio comunicazione di Roma Capitale composto da ben 30 persone se non sa essere tempestivo nella comunicazione? L'ordinanza ha seguito i tempi tecnici, dicono a Roma Capitale. Sì, certo ma la comunicazione dovrebbe seguire tempi diversi visto che siamo nell'era di Internet, oltre a quella televisiva e radiofonica. L'acquedotto in questione è dell'Arsial, l'ente regionale di sviluppo agricolo, che si giustifica dicendo che sono anni che invia bollette con scritto "acqua non potabile". Già, ma la bolletta si paga egualmente e poi quali misure sono state predisposte, nel corso degli anni, per superare tale situazione? A proposito, abbiamo provato a telefonare al numero verde dell'Arsial. Non risponde. Sul sito Internet non abbiamo trovato notizie. Ora, sono intervenute le autobotti dell’Acea. Scene da dopoguerra. Oltre all'arsenico c'è  anche l'inquinamento batteriologico. Terzo mondo dell’Europa. Non è tutto: altre ampie zone del territorio regionale sono gravemente inquinate e le istituzioni non hanno bonificato, mentre la popolazione, spesos ignara dei rischi e pericoli, si ammala.
Altro che "La grande bellezza". Tranquilli, anzi docili e servili come sempre, adesso atterra il clan Rockefeller e sana anche l'inquimento provocato dall'inceneritore Basf.

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