Che gli studi scientifici valgano meno dei ritorni economici lo si capisce dalla inesorabile disparità tra fonti rinnovabili e combustibili fossili come beneficiari dei contributi finanziari mondiali. Il dato emerge da una ricerca diffusa a fine agosto dal Worldwatch Institute e realizzata da Vital Signs: i contributi totali per l’energia rinnovabile nel 2010 ammontavano a 66 miliardi di dollari, mentre i sussidi planetari attribuiti ai combustibili fossili raggiungono un valore stimato in 775 miliardi di dollari per il 2010 e più di 1 trilione (mille miliardi) di dollari nel 2012.
Un confronto impari, con la sola magra consolazione che viene calcolando le sovvenzioni per kilowattora prodotto: basandosi sulla produzione di energia del 2009, Worldwatch Institute dice che quella rinnovabile avrebbe ricevuto tra 1,7 e 15 ¢ (cent di dollaro) per kWh, mentre i sussidi per i combustibili fossili restano compresi tra 0,1 e 0,7 ¢ per kWh. Peccato che attraverso il trilione di dollari concesso a petrolio&Co. la collettività finanzi anche le cosiddette “esternalità negative” sulla disponibilità delle risorse, l’ambiente e la salute umana: la Us National Academy of Sciences stima che le sovvenzioni ai combustibili fossili pesino in costi sanitari (perlopiù da inquinamento) per 120 miliardi di dollari l’anno.
Costi evitabili se eliminassimo il solito trilione entro i prossimi 8 anni, perché allora – secondo le proiezioni dellaInternational Energy Agency (Iea) – il consumo globale di energia si ridurrebbe del 3,9%, colpendo innanzitutto la domanda di petrolio (-3,7 milioni di barili al giorno), gas naturale (-330 miliardi di metri cubi) e carbone (-230 milioni di tonnellate).
Per non dire delle emissioni di CO2 risparmiate. E sul prossimo numero di Valori ne saprete di più.
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