Diciannove anni fa, precisamente nel Novembre del 1994, qualcuno pubblicava uno straordinario documento avente ad oggetto quella che potremmo definire, oltre ogni ragionevole dubbio, la principale proposta di riforma delle istituzioni europee mai scritta. Il titolo che l’autore aveva dato al documento in questione era, per l’appunto: “Riforma della struttura giuridica ed istituzionale dell’Unione Europea”.
Non che fosse uno qualsiasi, perché era il Coordinatore per il suo Gruppo Politico, Forza Europa, della Commissione Istituzionale del Parlamento Europeo, cioè un deputato europeo però molto diverso dagli altri.
In poche battute sulla sussidiarietà, ad esempio, risolveva la polemica Europa sì – Europa no, e anticipava che le banche sarebbero state la nostra rovina. Scriveva precisamente: “lo Stato ideale – la più bella delle speranze – sarebbe quello in cui l’obbligatorietà dei principi generali trovasse attuazione attraverso la massima espressione della libertà dei singoli, portando dunque, attraverso la sussidiarietà, alla massima esaltazione della statualità”. Proseguiva: “Differire più oltre la formalizzazione dello Stato europeo significherebbe condannarsi ad assistere fatalmente a quel processo di degenerazione che segue ogni non raccolta maturazione. Una degenerazione che non potrebbe che consistere nella tendenza a utilizzare il legislatore europeo per dar luogo – sotto la pressione delle banche, che notoriamente dominano l’UE – a norme realizzare le quali sarebbe più difficile attraverso gli ordinamenti dei singoli paesi. Con il risultato di trasformare così definitivamente l’UE, da strumento di crescita della democrazia, in strumento di subdola oppressione”.
I temi su cui si richiamava l’attenzione erano due: conferire il potere di iniziativa legislativa ai deputati e conferire il potere di promulgare le leggi al Parlamento, togliendolo alla Commissione e al Consiglio, che invece ancora lo detengono.
Se non fosse che si tratta di una relazione (una proposta di legge europea) risalente al 1994, sembrerebbe una nota odierna di quello che, senza riuscirci, sembrerebbero voler dire in tanti. Nel testo a cui si fa riferimento, viene definito “guerriero morto” l’eletto dal popolo a rappresentante delle istanze in sede europea privo del potere di legiferare. E si sottolinea la funzione primigenia del/lla deputato/a europeo/a: legiferare. A cosa può servire una platea di eletti ed elette con il sistema del suffragio universale se poi, alla fine dei conti, la loro presenza si riduce ad una mera comparsata infruttifera sul piano dei cambiamenti? Giova ricordare che la nascita della UE aveva – ed avrebbe tutt’ora – all’oggetto lo scopo di promuovere una dinamica evoluzione dell’azione politica del Continente tutto a tutto vantaggio dei singoli Stati membri. Ma, giacché tale prerogativa viene a mancare per la mancanza dei requisiti che sarebbero dati per scontati (la facoltà di proporre le leggi per i deputati e di promulgarle per il parlamento), l’autore s’interrogava su quale fosse la miglior via d’uscita da questa impasse. Ed aveva cura d’indicare anche quale fosse l’iter, semplice, pratico e veloce, da seguire: “Si osservi che […] i parlamentari europei, in quanto eletti a suffragio universale, non avrebbero bisogno del consenso e del supporto di nessuno né per porre in essere questi principi né per dichiarare l’illegittimità di quelli superati, poiché la loro dichiarazione di volontà è fonte del diritto dell’Unione, per cui sarebbe sufficiente che una maggioranza adeguata preventivamente concordata dai parlamentari stessi decidesse che questa è la sua volontà, e la riforma sarebbe già in essere”. Una disarmante semplicità. Una logica inoppugnabile. Eppure, stando a quanto osserviamo da sudditi esautorati ed inginocchiati – quali siamo ridotti oggi come oggi grazie allo strapotere assurdamente concentrato nelle mani di chi non è eletto per volontà dei popoli (vedi Commissione e Consiglio d’Europa) – non possiamo che concordare e domandarci, a nostra volta: Come mai nessuno, in oltre venti lunghi anni, ha dimostrato di possedere quel pizzico di fegato necessario ad imprimere un mutamento capace di convogliare il dibattito nella direzione indicata nel documento del Novembre del ‘94? Quale orrido meccanismo ha potuto imbalsamare l’atteso sviluppo delle “Istituzioni europee” e confinarle ad uno stato perpetuo da crisalide riducendole a poco più di una “zinna” da cui mungere denari pubblici? La risposta è altrettanto logica ed altrettanto tranchant: il potere lobbistico! Quello bancario! Certo! L’autore del testo, già nel 1994, aveva piena consapevolezza della situazione reale che si celava ed ancora adesso si cela dietro al teatrino dei pupazzi della politica. Scriveva sempre il “Nostro”: “Ora però il predominio delle lobby bancarie (oggi BCE) sta travolgendo ogni residua democraticità, e si sta appalesando in maniera inequivocabile che il potere legislativo deve essere sottratto alla Commissione e al Consiglio e, non restituito, perché non l’ha mai avuto, ma dato, al Parlamento, ovvero a un’Istituzione eletta a suffragio universale […]“. Un chiromante, penserete voi? Un rabdomante politico? Un astrologo in grado di predire con vent’anni d’anticipo la realtà in cui ci saremmo ritrovati/e? No! Nulla di tutto ciò. Semplicemente un Avvocato: Alfonso Luigi Marra, Gino, per tutti e tutte.
Andrea Signini
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