Esiste un brevetto (Patent U.S. 20100043443 - Method and apparatus for suppressing aeroengine contrails) che spiega la presenza di velivoli a bassa o a bassissima quota che rilasciano prodotti chimico-biologici senza, però, mostrare apparentemente traccia del loro sporco lavoro. Quante volte abbiamo scorto questi aeromobili, mentre sorvolavano pericolosamente le città! Senza dubbio, visto che, a tali quote, il consumo di carburante aumenta, a causa della maggiore resistenza esercitata dall’aria meno rarefatta rispetto ad altitudini superiori, tali aerei sono impegnati nella diffusione di veleni che, però, non sono visibili sotto forma di scie durevoli o evanescenti che siano.
Ecco la descrizione del brevetto sopra citato, ossia il Patent U.S. 20100043443 Nopper et al:
“Un velivolo dispone di un generatore di ultrasuoni ed una guida d'onda per dirigere le onde ultrasoniche verso l’ugello dello scarico al fine di evitare la formazione di scie”.
A conferma che esiste un'evidente anomalia nel passaggio a bassa quota di velivoli di notevoli dimensioni (ad esempio, A-330, KC-10, Tupolev, 747) su aree interdette al volo o laddove non esistono aerovie di bassa altitudine per sorvolo radiofari di atterraggio (1.200 metri), si può notare come in diverse circostanze sia impossibile mettere a fuoco taluni bersagli con l'uso di videocamere che adottano il sistemaautofocus ad ultrasuoni. Questo inconveniente [ VIDEO ] si verifica con tantissimi modelli di diverse marche e non è quindi da ascrivere ad un difetto di fabbricazione. Si può, invece, supporre che eventuali sistemi di occultamento delle sostanze, di volta in volta, disperse provochino il malfunzionamento dei meccanismi elettronici di messa a fuoco automatica ad ultrasuoni. Non potrebbe spiegarsi altrimenti il motivo per cui, spostando poi l'inquadratura su altri soggetti in movimento, il problema smetta di presentarsi.
L'autofocus ad emettitore di ultrasuoni risale ad un’invenzione del 1987, nota con la sigla "U.S.M, motore ad ultrasuoni".
Nel 1987 Canon adottò per la prima volta un motore ad ultrasuoni (U.S.M.) negli obiettivi autofocus. Le caratteristiche principali erano un'alta velocità ed una bassa rumorosità, fatto che conquistò i fotografi sportivi e naturalisti di tutto il mondo. Fu per questa innovazione senza paragoni che ben presto le ottiche manuali furono abbandonate.
Nel 1992 Canon sviluppò un micromotore U.S.M. che poteva essere prodotto industrialmente: attualmente i micromotori USM equipaggiano quasi tutti gli obiettivi della gamma Canon.
Il funzionamento del motore USM è basato sulla trasmissione di una vibrazione generata da un'onda ad ultrasuoni. Per questo, l'anello del motore non richiede né ingranaggi né sorgenti di campo elettromagnetico e fornisce una risposta rapidissima priva di rumore e a bassissimo consumo energetico. Il range di utilizzo del sistema va da -30°C a +60°C.
Autofocus attivo ad ultrasuoni
Gli ultrasuoni vengono emessi dalla fotocamera che, misurando il tempo di ritorno del suono per riflessione (verso l'obiettivo), calcola la distanza del soggetto. Le fotocamere che usano l'autofocus attivo emettono qualcosa (per esempio luce infrarossa oppure onde sonore) verso il soggetto e poi misurano l'intensità del segnale riflesso o il tempo impiegato dal segnale per rimbalzare sul soggetto e tornare alla fotocamera.
Un autofocus si definisce attivo, quando la macchina emette qualcosa (onde sonore, raggi infrarossi o altro) per riuscire a determinare la distanza del soggetto inquadrato e di conseguenza regolare la posizione delle lenti.
Nel 1986, la Polaroid introdusse sul mercato uno dei primi modelli di autofocus attivo in cui la macchina produceva onde sonore ad alta frequenza. Le onde, una volta colpito il soggetto, si riflettevano, tornando verso la macchina. Misurando il tempo intercorso tra l'invio ed il ritorno delle onde, era possibile determinare con precisione la distanza del soggetto. Il principio era pressoché identico a quello del sonar usato nei sottomarini.
Ogni qualvolta si riscontrano problemi di messa a fuoco (ovviamente con sistema autofocus ad ultrasuoni), riprendendo elicotteri o aerei senza contrassegni sulle vostre città, pensate al brevetto U.S. 20100043443.
Ecco la descrizione del brevetto sopra citato, ossia il Patent U.S. 20100043443 Nopper et al:
“Un velivolo dispone di un generatore di ultrasuoni ed una guida d'onda per dirigere le onde ultrasoniche verso l’ugello dello scarico al fine di evitare la formazione di scie”.
A conferma che esiste un'evidente anomalia nel passaggio a bassa quota di velivoli di notevoli dimensioni (ad esempio, A-330, KC-10, Tupolev, 747) su aree interdette al volo o laddove non esistono aerovie di bassa altitudine per sorvolo radiofari di atterraggio (1.200 metri), si può notare come in diverse circostanze sia impossibile mettere a fuoco taluni bersagli con l'uso di videocamere che adottano il sistemaautofocus ad ultrasuoni. Questo inconveniente [ VIDEO ] si verifica con tantissimi modelli di diverse marche e non è quindi da ascrivere ad un difetto di fabbricazione. Si può, invece, supporre che eventuali sistemi di occultamento delle sostanze, di volta in volta, disperse provochino il malfunzionamento dei meccanismi elettronici di messa a fuoco automatica ad ultrasuoni. Non potrebbe spiegarsi altrimenti il motivo per cui, spostando poi l'inquadratura su altri soggetti in movimento, il problema smetta di presentarsi.
L'autofocus ad emettitore di ultrasuoni risale ad un’invenzione del 1987, nota con la sigla "U.S.M, motore ad ultrasuoni".
Nel 1987 Canon adottò per la prima volta un motore ad ultrasuoni (U.S.M.) negli obiettivi autofocus. Le caratteristiche principali erano un'alta velocità ed una bassa rumorosità, fatto che conquistò i fotografi sportivi e naturalisti di tutto il mondo. Fu per questa innovazione senza paragoni che ben presto le ottiche manuali furono abbandonate.
Nel 1992 Canon sviluppò un micromotore U.S.M. che poteva essere prodotto industrialmente: attualmente i micromotori USM equipaggiano quasi tutti gli obiettivi della gamma Canon.
Il funzionamento del motore USM è basato sulla trasmissione di una vibrazione generata da un'onda ad ultrasuoni. Per questo, l'anello del motore non richiede né ingranaggi né sorgenti di campo elettromagnetico e fornisce una risposta rapidissima priva di rumore e a bassissimo consumo energetico. Il range di utilizzo del sistema va da -30°C a +60°C.
Autofocus attivo ad ultrasuoni
Gli ultrasuoni vengono emessi dalla fotocamera che, misurando il tempo di ritorno del suono per riflessione (verso l'obiettivo), calcola la distanza del soggetto. Le fotocamere che usano l'autofocus attivo emettono qualcosa (per esempio luce infrarossa oppure onde sonore) verso il soggetto e poi misurano l'intensità del segnale riflesso o il tempo impiegato dal segnale per rimbalzare sul soggetto e tornare alla fotocamera.
Un autofocus si definisce attivo, quando la macchina emette qualcosa (onde sonore, raggi infrarossi o altro) per riuscire a determinare la distanza del soggetto inquadrato e di conseguenza regolare la posizione delle lenti.
Nel 1986, la Polaroid introdusse sul mercato uno dei primi modelli di autofocus attivo in cui la macchina produceva onde sonore ad alta frequenza. Le onde, una volta colpito il soggetto, si riflettevano, tornando verso la macchina. Misurando il tempo intercorso tra l'invio ed il ritorno delle onde, era possibile determinare con precisione la distanza del soggetto. Il principio era pressoché identico a quello del sonar usato nei sottomarini.
Ogni qualvolta si riscontrano problemi di messa a fuoco (ovviamente con sistema autofocus ad ultrasuoni), riprendendo elicotteri o aerei senza contrassegni sulle vostre città, pensate al brevetto U.S. 20100043443.
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