Con l’aggettivo ‘ibrido’ ci si riferisce a un particolare tipo di sementi sviluppate all’inizio del XX secolo negli Stati Uniti. L’idea di tali sementi derivò dal fallimento dell’applicazione al mais del metodo dell’isolamento delle varietà sperimentato nell’Ottocento su orzo e frumento (cfr. Crow, 1988).
Il metodo dell’isolamento consiste nel selezionare per la semina soltanto i semi delle piante migliori di una coltivazione. In questo modo si impedisce la riproduzione delle piante meno produttive e si ottengono colture più uniformi. Tali colture sono dette “linee pure” perché sono interamente composte da piante discendenti da un’unica madre.
Il miglioramento per isolamento, sviluppato per varietà che si autofecondano, comporta tuttavia un netto calo di produttività se applicato alle varietà a fecondazione incrociata. Le varietà di questo tipo, ad esempio il mais, sono infatti soggette alla cosiddetta “depressione consanguinea”: l’incrocio di genitori geneticamente simili comporta una perdita di vigore e produttività nelle piante discendenti.
I semi ibridi rappresentano una soluzione ingegnosa per aggirare tale problema.
Per produrre sementi ibride occorre innanzitutto, procurarsi due linee pure di una medesima varietà a fecondazione incrociata. Per farlo si forza una varietà a fecondazione incrociata ad auto-fecondarsi per alcune generazioni. Si isolano così alcune linee pure che ovviamente soffrono depressione consanguinea e sono perciò inadatte alla coltivazione. Se però si incrociano due di queste linee pure, si ottiene una linea ibrida dotata di vigore e produttività normali e tuttavia caratterizzata da un’elevata uniformità. Tutte le piante della coltura ibrida sono infatti figlie dei medesimi genitori e presentano quindi corredi genetici simili.
Oltre ad aggirare la depressione consanguinea, la tecnica degli ibridi produce un effetto collaterale interessante: le cultivar ibride sono produttive soltanto alla prima generazione.
Proprio per l’uniformità genetica che garantiscono tali colture sono gravate da una depressione consanguinea di ritorno: in un campo ibrido la fecondazione avviene tra piante sorelle e dunque inadatte a essere incrociate.
Grazie a questo effetto collaterale, le varietà ibride sono a tutti gli effetti tecnologie di restrizione dell’uso perché impongono ai contadini di comprare nuove sementi ogni anno.
(tratto dalla tesi di dottorato di Tommaso Venturini, Seminare Vento, liberamente scaricabile dal web)
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Per approfondire clicca sul link blu:
http://www.you-ng.it/cultura/ ecologia/item/ 2883-ue-ribadisce-veto-commerci o-sementi-arcaiche-dopo-senten za-kokopelli.html
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Il miglioramento per isolamento, sviluppato per varietà che si autofecondano, comporta tuttavia un netto calo di produttività se applicato alle varietà a fecondazione incrociata. Le varietà di questo tipo, ad esempio il mais, sono infatti soggette alla cosiddetta “depressione consanguinea”: l’incrocio di genitori geneticamente simili comporta una perdita di vigore e produttività nelle piante discendenti.
I semi ibridi rappresentano una soluzione ingegnosa per aggirare tale problema.
Per produrre sementi ibride occorre innanzitutto, procurarsi due linee pure di una medesima varietà a fecondazione incrociata. Per farlo si forza una varietà a fecondazione incrociata ad auto-fecondarsi per alcune generazioni. Si isolano così alcune linee pure che ovviamente soffrono depressione consanguinea e sono perciò inadatte alla coltivazione. Se però si incrociano due di queste linee pure, si ottiene una linea ibrida dotata di vigore e produttività normali e tuttavia caratterizzata da un’elevata uniformità. Tutte le piante della coltura ibrida sono infatti figlie dei medesimi genitori e presentano quindi corredi genetici simili.
Oltre ad aggirare la depressione consanguinea, la tecnica degli ibridi produce un effetto collaterale interessante: le cultivar ibride sono produttive soltanto alla prima generazione.
Proprio per l’uniformità genetica che garantiscono tali colture sono gravate da una depressione consanguinea di ritorno: in un campo ibrido la fecondazione avviene tra piante sorelle e dunque inadatte a essere incrociate.
Grazie a questo effetto collaterale, le varietà ibride sono a tutti gli effetti tecnologie di restrizione dell’uso perché impongono ai contadini di comprare nuove sementi ogni anno.
(tratto dalla tesi di dottorato di Tommaso Venturini, Seminare Vento, liberamente scaricabile dal web)
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http://www.you-ng.it/cultura/
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