di Roberto Quaglia – Roberto.info
Perché sono tutti così convinti che un semplice maggiordomo debba condividere tutti i segreti del padrone di casa? A dispetto delle fantasie di qualche illuso, Mario Monti non governa realmente l’Italia. Più verosimilmente, egli si limita ad applicare più o meno pedissequamente le precise disposizioni che nell’opinione di molti riceve dai banchieri che con un golpe bianco lo hanno installato al posto di comando dell’Italia. Il padrone di casa in Italia oggi non ci pensa neppure a parlare italiano. Che sia ben chiaro a tutti. A raccontarci qualcosa nella lingua di Dante ci pensa il maggiordomo indigeno, l’ormai famigerato Mario Monti.
Monti non è uno statista. Nei fatti non troviamo indicazioni che capisca qualcosa di politica internazionale. Ha collezionato una tale riga di gaffe che già si rimpiangono le spacconate da osteria di Berlusconi. “L’aumento di suicidi in Italia? Meno che in Grecia”. O le lezioni di democrazia alla Germania, dall’alto del suo mai essere stato eletto: “Ogni governo ha il dovere di guidare il proprio parlamento.” Con acida risposta sulla Frankfurter Allgemeine: “Bene, la Corte Costituzionale ne prenderà atto.”
Monti non è un politico. Ha espressamente dichiarato fin dall’inizio che dalle sue azioni si aspetta impopolarità – prova che dell’opinione degli italiani non gli importa granché. Di fatto è questa la vera antipolitica, non quella che a torto si attribuisce a Grillo. Cosa c’è di più antipolitico che andare dichiaratamente e programmaticamente contro la volontà del popolo sovrano?
Monti non sembra un brillante economista. Gli economisti brillanti hanno molte idee proprie e quando un intellettuale ha idee proprie di solito non riesce ad evitare di scriverle. In tutta la sua carriera accademica Monti pare abbia pubblicato solo una manciata di articoli. L’elenco su Wikipedia appare decisamente scarno. E col malcostume diffuso da parte dei baroni universitari di farsi redarre i lavori dai propri assistenti, non possiamo essere del tutto certi neppure di questi.
Monti non ha neppure un po’ di comune buon senso. Allo scoppio dell’ennesimo scandalo di calcioscommesse ha dichiarato che fosse per lui sospenderebbe il campionato di calcio per alcuni anni. Personalmente apprezzerei non poco la cosa, ma nel mondo reale non si può ignorare che l’unica cosa forse in grado di innescare una rivoluzione in Italia è proprio l’abolizione del campionato di calcio. Affermare pubblicamente una cosa del genere è la cosa più stupida ed irresponsabile che un Presidente del Consiglio possa fare nel Belpaese.
Come ciliegina Monti ha anche equiparato la riforma delle pensioni e la perdita dei diritti individuali alla liberazione dal fascismo. Ecco un uomo che passerà alla storia, anche se non per i motivi che crede lui.
Insomma, tirando le somme Monti non è un brillante alcunché. Non a caso viene chiamato dai media mainstream Mario il Grigio, che di certo non è un gran complimento. Beppe Grillo (copiando Pino Cabras?) lo ha più appropriatamente ribattezzato Rigor Montis – difficile trovare un appellativo più calzante. Dagospia rilancia a mitraglia con Tonti dei Monti, Monti dei Finti Tonti, Mao-Monti, mentre su facebook furoreggia l’applicazioneBloody Mario Monti che invita a tirare pomodori al Vampiro di Tassilvania. Peccato che non possa dire la sua anche Lombroso, il quadretto sarebbe stato perfetto con una degna cornice.
Davvero ci si aspetta che un soggetto del genere sia in grado di pienamente comprendere l’esatta natura e conseguenze delle proprie complesse azioni di governo?
Logica suggerisce che Monti riceva dai banchieri che sappiamo (e magari anche da quelli che non sappiamo) istruzioni precise su cosa fare e che semplicemente le metta in opera. Contrariamente all’opinione diffusa fra gli “indignati”, è fortemente probabile che egli davvero creda di essere lì a salvare l’Italia. La buona fede lo rende naturalmente molto, molto più pericoloso e dannoso di chi opera in perfetta cattiva fede. Monti ha tutti i crismi della brava persona, differentemente dalla masnada di politici disonesti che nei decenni ci sono toccati. Ma la buona fede non è necessariamente un vantaggio. Anzi!
La visione del mondo che si ha dall’interno di un sistema è molto diversa dalla prospettiva che se ne ha dall’esterno. Per fare un esempio a caso, all’interno del sistema nazista i gerarchi e politici nazisti non riuscivano neppure ad immaginare la possibilità di una Germania non nazionalsocialista. A tanto può giungere tale cecità ideologica che la moglie di Goebbels, quando si trovò di fronte alla prospettiva certa della imminente fine del regime, preferì suicidarsi col marito dopo avere avvelenato tutti i propri figli poiché era convinta che nessuna vita al di fuori del sistema nazionalsocialista fosse degna di essere vissuta. È proprio tipica dei gerarchi di ogni sistema politico l’incapacità di immaginare una vita al di fuori di un’ideologia che ha dato a loro molto, quando non tutto. Sia la fine del nazismo e dell’Unione Sovietica comportarono il suicidio di molti gerarchi nazisti e comunisti.
Può la stessa cecità ideologica affliggere anche i gerarchi del sistema bancario?
Beh, perché non dovrebbe? Il moderno sistema monetario è una delle creazioni più irreali della storia dell’umanità, ed è superato in irrealtà solo dall’inverosimile mostro dei derivati finanziari, nato e cresciuto come un bubbone nell’ultimo decennio. Un mostro pari ad oltre dieci volte il prodotto mondiale lordo – un’entità di dimensioni talmente improbabili che è sconcertante il fatto che quasi tutti al mondo perseverino a crederla reale. Si ride oggi della follia che portò alla bolla dei tulipani nel diciassettesimo secolo, tuttavia non ci rendiamo conto di quante grasse risate si faranno un domani i nostri discendenti nel leggere sulle pagine di storia del nostro presente delirio monetario-finanziario. A condire questa follia ci si aggiunge la diabolica architettura del debito, in virtù della quale ogni paese del mondo (quindi ogni cittadino del pianeta) è indebitato al di là di ogni senso comune con non si capisce bene chi (Ho recentemente approfondito questo argomento in un breve saggio che potete leggere qui). Questo ammasso di illusioni finanziarie non è reale, non è neppure lontanamente reale, in effetti è difficile di immaginare qualcosa di più irreale senza sconfinare negli ambiti degli dei, eppure è in grado di sortire effetti perfettamente reali poiché l’illusione è (per ora) universalmente condivisa. L’organizzazione monetaria e finanziaria del mondo di oggi è profondamente ideologica. Così ideologica che dall’interno del sistema l’ideologia è invisibile, essendo essa il modello unico di interpretazione della realtà economica. Ed è la mera ideologia con la cieca fede nei suoi assiomi il solo collante che oggi tiene in piedi questo mastodontico castello di carte.
È ovvio che per chi si trova nella posizione di dovere prendere decisioni importanti e nel contempo crede fermamente alla realtà di questo delirio, lo spettro delle scelte possibili è molto, molto ristretto. Praticamente un percorso obbligato. È importante sottolineare che con la probabile eccezione di chi alberga ai livelli di potere più alti, quelli che l’ideologia la forgiano e dove gli esami di realtà presumibilmente avvengono con lucidità e senza essere appannati dai dogmi, nella parte inferiore della piramide del potere i “gerarchi” visibili (quelli che noi vediamo esercitare il potere) sono mentalmente del tutto succubi dell’ideologia entro cui si muovono. Credono veramente che ciò che essi fanno sia non solo giusto, ma l’unica cosa possibile, analogamente ai gerarchi nazisti, fascisti e comunisti del passato, o agli inquisitori cattolici dei tempi bui, anch’essi tutti soggettivamente certi di operare per il meglio e nel solo modo possibile e quindi obbligato ed “inevitabile”. Nella quasi totalità dei casi il Male è male solo quando osservato da fuori. Solo nelle rappresentazioni di Hollywood i “cattivi” sanno di essere cattivi. Le lacrime in pubblico del ministro Fornero all’annuncio delle sue misure draconiane contro le pensioni, superficialmente bollate come false ed ipocrite, erano quasi certamente invece sincere – neppure un’attrice da Oscar avrebbe potuto recitare così bene.
È l’ignoranza dei processi psicologici all’interno di un’ideologia che fa gridare alla cattiva fede. Intrappolata della gabbia ideologica della mitologia bancaria, la Fornero era davvero convinta che non ci fosse altra scelta.
Così si spiega anche la candida innocenza con cui Monti si è spinto a dichiarare l’indichiarabile, ovvero che la crisi finanziaria “serve” a costringere i governi nazionali a rinunciare a parte della loro sovranità.
Nell’ideologia dei banchieri, il governo delle banche è da preferirsi all’autodeterminazione dei popoli in senso assoluto, ovvero soprattutto per lo stesso bene dei popoli! Celebre una nota affermazione di Rockefeller a riguardo.
Monti deve davvero essere convinto che tutto ciò sia a fin di bene, per giungere a dichiarare pubblicamente la stessa cosa che i bloggher più paranoidi vanno sostenendo in rete a mo’ di accusa sin dal principio della crisi. In pratica, ammettendo che la crisi ha una finalità e che quindi è a rigor di logica il frutto di un progetto, Monti implicitamente ammette che la sua presa di potere è una sorta di colpo di stato, tuttavia egli sovverte nella propria mente il significato di tutto ciò sino al punto di credere egli stesso di non avere in realtà effettuato alcun “colpo di stato”, ma di essersi in effetti invece assunto la “responsabilità” di “salvare l’Italia”. Se fosse stato in cattiva fede, conscio dell’esatta natura del suo operato, se ne sarebbe stato zitto. Non si confessano colpe che prima o poi potrebbero portarti a fare il trapezista involontario a Piazzale Loreto. Le si menziona solo quando si è davvero intimamente convinti che siano invece dei meriti. Poco cambia che tale dichiarazione risalga a prima della sua effettiva presa di potere. Monti non è un dittatore, indossa piuttosto le vesti del maggiordomo zelante dei dittatori – che egli tuttavia non percepisce affatto come “dittatori”. In quanto maggiordomo, Monti non nutre ambizioni personali di potere, e probabilmente non vede l’ora di farsi da parte. A riconoscergli lo status ed il decoro di maggiordomo gli rendiamo tuttavia anche fin troppo onore. Parafrasando le memorabili parole che il colonello Kurtz (Marlon Brando) rivolge al capitano Willard nella scena clou di Apocalypse Now, Monti in effetti non è né l’assassino economico che noi immaginiamo che sia né l’economista che egli crede di essere, è a mio avviso invece solo “un garzone di bottega che è stato mandato dal droghiere a incassare i sospesi.”
Col. Kurtz: Mi aspettavo uno come lei. Lei che cosa si aspettava? Lei è un assassino?
Cap. Willard: Sono un soldato.
Col. Kurtz: Né l’uno né l’altro. Lei è solo un garzone di bottega che è stato mandato dal droghiere a incassare i sospesi.
Cap. Willard: Sono un soldato.
Col. Kurtz: Né l’uno né l’altro. Lei è solo un garzone di bottega che è stato mandato dal droghiere a incassare i sospesi.
Sorprendendo tutti, Monti giunge a confessare che il suo operato ha aggravato la crisi in Italia, ma promette che poi le cose andranno meglio, sebbene non sia chiaro cosa mai le potrà fare andare meglio. Chi fa una dichiarazione del genere, vuol dire che ci crede. Ci crede davvero. È sul serio convinto che il suo operato avrà dei benefici, perché così impongono i dogmi a cui è asservito. Poveretto. E, soprattutto, poveri noi.
L’adesione ad un’ideologia notoriamente conduce a livelli di autoinganno che appaiono inconcepibili a chi non abbia la mente saldamente intrappolata nella stessa ideologia.
Nella narrativa mainstream, la crisi finanziaria era imprevista ed imprevedibile ed i nostri buoni governanti e banchieri stanno facendo di tutto per risolverla. È affascinante notare l’inerzia di tale narrativa, scolpita nelle nostre menti dalla reiterazione ad nauseam, benché essa sia priva di ogni senso logico (per un’analisi più approfondita della natura irreale della crisi finanziaria si legga il mio saggio La Demolizione Controllata Della Classe Media). Neppure una dichiarazione in senso contrario di Monti può scalfire la fede popolare in tale narrativa. Per la costruzione dell’immagine di un mondo, la reiterazione è tutto.
Calandoci nel ruolo di avvocati del diavolo dobbiamo naturalmente anche menzionare l’eventualità, non eccessivamente simpatica, che i banchieri possano avere ragione sostenendo che un governo mondiale retto da loro sia meglio rispetto a soluzioni alternative. Si deve riconoscere che ogni forma di ordinamento politico e sociale ha i suoi lati positivi, tanto è vero che c’è ancor oggi chi è nostalgico del fascismo, nazismo e comunismodel secolo scorso. Ognuno di questi sistemi politici, bocciati dalla storia (o se preferite superati dal corso degli eventi) offrivano evidentemente qualcosa di cui qualcuno ancor oggi sente la mancanza.
D’altra parte, quello che preoccupa noi è che ogni forma di “perfetto” ordine politico e sociale ha pure i suoi lati negativi, alcuni dei quali a volte invero estremamente fastidiosi. Il mondo ideale solitamente ha la pessima abitudine a volersi tramutare nel peggiore degli incubi. Padroneggiando l’illusione dei soldi, i banchieri terrorizzano e nel contempo seducono l’umanità, ammaestrandola a riconoscerli come i loro signori e padroni. Ora stiamo assaggiando il bastone, aspettiamo fiduciosi la carota. Ma temo che prima ci tocchi ancora passare per una serie di bastoni più grossi. I meccanismi di base dell’esercizio del potere sono sempre gli stessi. Un gioco grandioso e tuttavia d’azzardo, pregno degli incalcolabili pericoli che non può eludere di chi si volga alla conquista del mondo. È per certi versi la costruzione di un colossale fascismo che come gli altri vorrà durare mille anni e come gli altri non ci riuscirà. L’impero millenario di Hitler durò 13 anni, l’euro compie 13 anni in questi giorni, chissà se la storia si lascia influenzare dalla numerologia.
Ma si fa presto a dire fascismo. Ormai la parola fascismo viene intesa solo in un’accezione caricaturale che di fatto la svuota di qualsiasi significato più complesso del mero insulto. Per rinfrescarci la memoria leggiamo sulla più prestigiosa enciclopedia italiana, la Treccani:
“Il termine ‘fascio’ derivava dai Fasci di azione rivoluzionaria (1914), mentre l’espressione ‘movimento fascista’ apparve nel 1915 su Il Popolo d’Italia per definire un’associazione di tipo nuovo, l’‘antipartito’, formato da ‘spiriti liberi’ che rifiutavano i vincoli dottrinari e organizzativi di un partito. Il fascismo si proclamava pragmatico e antidogmatico, anticlericale e repubblicano; proponeva riforme istituzionali, economiche e sociali molto radicali.”
Insomma, tolta la prima mezza frase sembrerebbe una definizione del movimento 5 stelle di Grillo. Poi come è noto le cose a suo tempo si evolsero e proprio come Darth Vader (il “cattivissimo” di Star Wars) il fascismo scelse “the dark side of the force” (il lato oscuro della forza) che lo avrebbe condannato all’ignominia con dannazione eterna. Tanto è vero che oggi in Italia è vietata la ricostituzione del partito fascista, nonché l’apologia del fascismo, cioè parlarne bene. Ma solo a condizione che si usi la stessa esatta etichetta – ed è qui che possiamo apprezzare fino in fondo l’intelligenza del legislatore. In effetti, in Italia non è tanto vietato il fascismo, quanto addobbarsi dell’etichetta “fascismo”. Basta non chiamarlo fascismo ed il problema magicamente si risolve. Di fatto è una legge che serve al massimo a perseguire qualche sparuto inoffensivo cretino (can che abbaia non morde), innocui nostalgici di quell’etichetta, ma rigorosamente nessuno che nei fatti agisca da novello fascista, avendo tuttavia la cura di acconciare i gesti di parole diverse, che suonano bene, di quelle alla moda nella neolingua d’ispirazione orwelliana.
Continuiamo a leggere sulla Treccani:
“Il fascismo rivendicava una diversità privilegiata dagli altri partiti, ponendosi al di sopra delle leggi in nome della pretesa superiorità della sua etica politica: chi si opponeva al fascismo era considerato un ‘nemico della nazione’, contro il quale era lecita qualsiasi forma di violenza.”
Vediamo un po’ se ho capito bene la lezione… il sedicente “governo tecnico” in Italia è formato da banchieri e tirapiedi di banchieri. Nel mondo occidentale oggi i banchieri sono in grado di porsi al di sopra delle leggi in una misura che definire assoluta è riduttivo. Costringono ad esempio gli stati (e intrinsecamente i loro cittadini) a prestare loro miliardi di euro all’1% di interesse o meno per poi riprestare agli stati il loro stesso denaro al tasso del 4-5-6-7-8%. Architettano truffe su scala planetaria (pensate ai mutui subprime, ma quella è solo la punta dell’iceberg), generando intenzionalmente rovina e distruzione in una misura sufficiente a condannare interi popoli alla povertà, e tutto ciò senza che mai siano chiamati a risponderne.
Stendiamo un velo pietoso a cosa accade a chi nei fatti (e non a parole come noi sfigati) si oppone alle banche in una misura che esse giungano a temere (i curiosi possono leggersi una riga di simpatici esempi nel mio saggio sulla demolizione della classe media).
Si iniziano a comprendere le ragioni del deputato della Lega Nord Matteo Salvini che lo spingono a dichiarare che ”il governo Monti è peggio del fascismo”.
Chiunque sia ancora in grado di pensare dovrebbe quindi giungere alla conclusione che più il giudizio che si ha del fascismo è negativo, più il governo Monti dovrebbe esserci inviso.
E non è allora un caso che a propinarci il governo Monti sia stato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Al tempo del fascismo, Napolitano era fascista, in quanto attivo membro del GUF, Gruppo Universitario Fascista. Ammiriamo quello che parrebbe essere proprio lui in spendida uniforme su questa suggestiva foto d’epoca. In seguito avrebbe dichiarato che a quell’epoca nel profondo del cuore era in realtà antifascista. Non abbiamo alcun dubbio. Tramontata una dittatura, Napolitano ne sposa un’altra, quella comunista. Che ai tempi di Stalin era mica robetta da poco. Nel 1956 plaude all’ingresso dei carri armati russi a Budapest per stroncare la rivoluzione anti-sovietica ungherese. In seguito qualcuno glielo avrebbe rinfacciato, ma Napolitano avrebbe dichiarato di avere nel frattempo cambiato opinione a riguardo e di avere fatto dolorosa autocritica. Non abbiamo alcun dubbio. Fascista durante i fasti del fascismo e comunista al tempo dei fasti del comunismo, non ci deve stupire che oggi egli si schieri anima e core coi nuovi dittatori del mondo, i grandi banchieri. Napolitano, un nome una garanzia, sempre e rigorosamente dalla parte sbagliata dalla storia (o se preferite da quella giusta, dopotutto è tutta solo una questione di punti di vista ed interpretazioni).
Ci troviamo ormai quindi in un sistema già tecnicamente fascista, secondo l’originale progetto mussoliniano, che in società indossa l’abito (sempre più liso, di fatto già a brandelli) della cosiddetta democrazia, mentre dietro le quinte ha le vesti (ideologiche) di governo illuminato dei banchieri responsabili. Tutti i giocatori giocano sotto mentite spoglie, ma la menzogna è giocoforza spesso anche autoinganno. Arduo in questo ginepraio distinguere fra il bene e il male, sempre che questo tipo di distinzioni abbia in effetti alcun senso al di là delle letture soggettive di ciascuno.
Nei circuiti dell’informazione alternativa sulla rete va per la maggiore la tesi che l’obiettivo finale dei banchieri che stanno orchestrando la crisi sia l’imposizione di una valuta mondiale completamente elettronica. I cittadini avranno tutti un microchip impiantato sotto la pelle che conterrà i dati del proprio conto corrente e che verrà usato per effettuare qualsiasi pagamento. Chiunque non si “comportasse bene” potrebbe vedersi il conto nel microchip prosciugato e da quel momento non avrebbe più alcun modo di comprare nulla, cibo compreso. Sembra la trama di un film di fantascienza. In effetti, il tema è già stato usato in vari film, dandoci l’impressione che una cosa del genere appartenga all’irreale campo della fiction. Il problema è che ci sono un paio di inquietanti testimonianze concrete in merito a questo presunto progetto.
La più interessante è probabilmente quella del produttore e regista cinematografico americano Aaron Russo. Già produttore di successo a Hollywood (produsse fra l’altro il celebre film “Una poltrona per due”), poco prima di morire Russo diresse il film America: Freedom to Fascism (America: dalla Libertà al Fascismo).
Il film “America: Freedom to Fascism” con sottotitoli in Italiano
Nella sua ultima intervista, Russo raccontò con dovizia di particolari come uno dei Rockefeller, di cui era stato amico, gli aveva confidato sei mesi prima dell’11 settembre 2001 che a breve ci sarebbe stato un evento clamoroso che sarebbe stato usato come pretesto per invadere l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, eccetera. E che l’obiettivo finale dell’elite fosse proprio l’imposizione di una valuta mondiale con impianto di microchip nei cittadini per le ragioni che si è appena detto.
Il video integrale dell’ultima intervista ad Aaron Russo, da parte di Alex Jones
Un brano con sottotitoli in italiano dove Aaron Russo ricorda le parole di Rockefeller
Aaron Russo insieme a Nick Rockefeller
La testimonianza di Aaron Russo è importante perché lavorando con Hollywood egli era un insider del sistema. Ha appreso delle cose riservate a pochi. Ed ha parlato. La tesi preferita dei negatori seriali di complotti è che l’inesistenza di un complotto si dimostrerebbe col fatto che “nessuno parli”, che non appaia una “gola profonda” a tradire il segreto. Lo stesso Umberto Eco, già autore di una nota “bustina di Minerva” sul tema, si è intellettualmente suicidato ripetendo pubblicamente questa castroneria per i fatti di September 11. Il piccolo dettaglio che sfugge a costoro, è che eventualmente c’è qualcuno che “parla”. Ci sono le “gole profonde”! Sul letto di morte, uno degli agenti C.I.A. che collaborarono all’assassinio di Kennedy, E. Howard Hunt, decise di confessare tutto. La confessione apparve su Rolling Stone. Non sortì alcun effetto. I giornali non la ripresero e nessuntelegiornale ne parlò. Quando le tanto invocate “gole profonde” rivelano davvero i loro segreti, chi ha paura di ascoltarli si assicura di avere ben bene la testa ficcata sotto la terra, come gli struzzi. E se per caso essi si ritrovano ad ascoltare per sbaglio ciò che non vogliono udire, sono lestissimi a bollare la “gola profonda”, della quale fingevano di sentire la mancanza, con l’antica etichetta dell’infermità mentale o quella più moderna della mitomania. Dobbiamo tristemente concludere che la follia è invece interamente loro. Sono tanti, e sono tutti matti. Affetti dalla più banale, misera, frequente e meno interessante fra le pazzie, quella comune affezione della mente che così spesso ha tenuto compagnia all’essere umano nel suo percorso fra i secoli.
Ed è l’annosa follia dell’essere umano che si abbarbica alle proprie funzionali illusioni, sordo ad ogni informazione destabilizzante, e che invariabilmente si arrocca dietro i preconcetti e i pregiudizi senza i quali la complessità della vita diverrebbe ingestibile.
È la follia del pensiero ingabbiato entro modelli rigidi. È la follia che consente ad un Mario Monti di distruggere il tessuto economico del proprio paese, senza probabilmente neppure rendersene bene conto. Colpevole, colpevolissimo, ma nel contempo soggettivamente innocente.
Quando a Monti viene rinfacciata, durante una trasmissione televisiva di Lucia Annunziata, la “compressione” della democrazia in Italia con conseguente dittatura finanziaria – la sua reazione flemmaticamente indignata, segnata da dogmatica sicumera, appare del tutto sincera. Nella propria interpretazione del suo ruolo ed azioni, egli è davvero il salvatore della patria e non – come la realtà dei fatti negli effetti dimostra – l’affossatore della stessa. Senza giungere a scomodare la figura dell’utile idiota, Monti ci ricorda nel suo operato per la salvezza dell’Italia la stessa ottusa ostinazione con cui il Papa opera per la salvezza dell’Africa vietando l’uso del preservativo alle popolazioni flagellate dall’AIDS. Un mare di “nobili” buone intenzioni che miseramente naufragano nel peggiore dei modi, affondate dalla cieca adesione agli assiomi fondanti del proprio rigido sistema di pensiero. Con la differenza che Monti non è il Papa e, diversamente dal Papa, egli davvero riceve istruzioni dall’alto. Delle quali non pare tuttavia comprendere affatto le implicazioni e conseguenze.
Per sottrarre 10,5 miliardi di euro all’anno agli italiani con la criminale imposta dell’IMU, in parte già arbitrariamente devoluta ai banchieri di Stanley Morgan e compagnia bella, Monti ha posto le basi per una svalutazione dal 20 al 50% del patrimonio immobiliare italiano. Tale catastrofica stima è stata effettuata dal Censis e riportata su Il Sole 24 Ore. In altre parole, per arraffare 10,5 miliardi annui Mario Monti ha irresponsabilmente buttato nel cesso da uno a duemila miliardi di euro degli italiani (pari a 2-4 milioni di miliardi delle vecchie lire, se la cifra in euro non vi impressiona abbastanza), un crimine per il quale qualsiasi pena appare sottodimensionata. Neppure i bombardamenti della seconda guerra mondiale fecero tanti danni all’Italia. È come un ladro che per rubare un televisore da un appartamento finisce per dare maldestramente fuoco all’intero condominio. Roba da venire radiati anche dall’albo dei ladri.
Ben svalutati, i migliori immobili del Belpaese verranno probabilmente acquistati dai gruppi finanziari stranieri che già sappiamo. Mamma RAI di tutto questo tacerà intensamente, soprattutto ora che Monti ha piazzato gli ennesimi banchieri a dirigere anche la tivù di stato. La cui gestione dell’informazione verrà d’ora innanzi probabilmente influenzata addirittura dal Qatar. Il popolino viola non scende in piazza a protestare perché ifranchiser delle rivoluzioni colorate stavolta tengono il loro telecomando della rivolta ben spento ed il pensiero autonomo è un optional rottamato da quel dì. Il conflitto di interessi per i banchieri non viene invocato – d’altra parte si sa che i banchieri si dedicano al proprio interesse senza alcuna ombra di conflitto.
Eppure, Monti non pare affatto rendersi conto dell’abisso in cui sta gettando l’Italia. Questo è l’aspetto più affascinante – e a suo modo orripilante – di tutta la questione. La celebre frase di Gesù “perdona loro, Signore, perché non sanno ciò che fanno” emotivamente a me non è mai andata del tutto giù. Chissà perché mi viene spontaneo immaginare detto Signore, dall’alto dei Suoi Cieli, ribattere con voce tanto grave quanto annoiata: “Cazzi loro.”
Però mi rendo conto che questa celebre frase potrebbe venire a buona ragione invocata per Monti e gli altri maggiordomi ignari. È proprio la stessa buona fede intrisa di follia che portò Ceausescu ad affamare il popolo rumeno per un decennio allo scopo di pagare il debito estero della Romania. E quando dico “affamare” lo intendo letteralmente – il meglio della produzione alimentare rumena veniva esportato ed ai rumeni spesso non rimaneva da mangiare che ossa di pollo tritate, teste di agnello e zampe di porco, cioè la roba che all’estero non voleva nessuno. La luce elettrica in Romania venne razionata e così il riscaldamento nelle case – dieci anni di autentico inferno. Nei suoi discorsi il dittatore rumeno non mancava di rimarcare che la democrazia rumena era migliore di quella occidentale (sic!) e sono sicuro che egli ne fosse davvero convinto. Ancora una volta ecco in azione la follia di un pensiero rigidamente ingabbiato entro assiomi di discutibile validità.
Ceausescu infine riuscì – caso unico al mondo – a pagare il debito interno per intero e subito dopo fu ammazzato. Vent’anni dopo – oggi la Romania ha di nuovo il suo bel debito estero di prammatica. Coi soldi in prestito i rumeni si sono rifatti un po’ di infrastrutture, hanno rinnovato il parco autovetture, hanno fatto indigestione di vacanzenelle località di Mamaia, Sinaia e Poiana Brasov, ma hanno smarrito per strada la sovranità. Quando oggi l’Europa ordina loro di ridurre del 25% stipendi e pensioni il governo rumeno obbedisce impotente. In effetti, i motivi per imporre ai rumeni un’amputazione del 25% delle loro entrate appaiono deboli e oscuri – parrebbe quasi che la Romania sia usata come un mero laboratorio onde testare effetti e conseguenze di misure così draconiane, in vista di iniziative analoghe in occidente. D’altra parte i monti della Romania contengono i più grossi giacimenti d’oro d’Europa e ci vuole una narrativa davvero convincente per spiegare ai rumeni che tutto quel ben di dio in realtà non appartiene più del tutto a loro.
Monti ha appena iniziato ad affamare gli italiani – avremo modo di goderci le vere conseguenze del suo operato più avanti nel tempo – e tuttavia dall’insediamento di Monti il debito dell’Italia non è affatto diminuito: anzi, è aumentato. Dato che oggi il bilancio dello stato è in attivo, questo significa che i soldi da Monti espropriati agli italiani sono solo andati a pagare gli interessi sul debito, in una misura inferiore a quella in cui il debito è nel contempo aumentato. Gli italiani possono quindi continuare a venire svenati eternamente senza che mai il problema debitorio si possa risolvere. Le fatiche di Sisifo al confronto paiono un ameno passatempo. L’opera di Monti appare quindi in prospettiva straordinariamente più insensata di quella che nel biasimo generale attuò Ceausescu e che al dittatore rumeno infine costò la vita.
Visto che siamo in tema di matti da legare, Madre Teresa di Calcutta ordinava che ai malati terminali dei suoi ricoveri non venissero somministrati analgesici oltre a qualche aspirina per placare gli orrendi dolori, perché secondo la sua ideologia il dolore avvicina a Cristo. Mario Monti ha ordinato la messa in atto di procedure che causano fallimenti a catena di aziende che creano lavoro e benessere, disperazione diffusa ed apparentemente anche suicidi a bizzeffe – ovvero in prospettiva nientedimeno che la rovina della nazione che egli è convinto di stare salvando, perché secondo la sua ideologia vanno pagate alle banche quantità impagabili di debiti illusori, basati su denaro fittizio creato dal nulla da soggetti che col nostro paese non hanno nulla a che fare.
Per quanto ci possa apparire inappropriato il confronto fra Madre Teresa e Mario Monti, dobbiamo renderci conto che la follia alla base dei rispettivi operati è della stessa esatta natura.
Non vi sono sostanziali differenze fra Madre Teresa e Mario Monti (evitiamo di aprire un confronto sul temabellezza), e forse anche lui un giorno vincerà il Nobel. Torturare inutilmente i malati in nome di Cristo od un popolo in nome del Debito sono azioni che hanno in comune la stessa qualità di follia. A chi ambisca a capire meglio Monti studiando il caso patologico di Madre Teresa e dei suoi malati, consiglio l’ottimo libro “La posizione della missionaria” (The Missionary Position) di Christopher Hitchens – anche se nel caso di Monti e dei suoi tassati un titolo più appropriato sarebbe La Posizione della Pecorina.
Propostosi di giudicare la reputazione di Madre Teresa in base alle sue azioni e parole, anziché giudicare le sue azioni e parole in base alla sua reputazione, l’autore giunge infine all’arguta conclusione che Madre Teresa, più che i poveri, amava in effetti la povertà. Per lei il povero andava accudito in quanto povero e quindi non lo si doveva giammai sottrarre alla sua povertà, né ai sui dolori terreni, necessari alla salvezza del suo spirito. Come Madre Teresa era troppo amante della povertà in astratto per accorgersi delle reali e concrete esigenze dei poveri a cui finiva per nuocere, così Monti è troppo amante dell’economia dell’Italia in astratto e non si accorge delle reali e concrete esigenze dei cittadini, a cui finisce per nuocere… pesantemente. In entrambi i casi calza il detto di provenienza medica: l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto. (Motto che suggerisce come anche fra i medici non difettino cretini sempre pronti a far danni con la loro ottusità. Nella sola Inghilterra i mediciriescono ad uccidere 1000 persone al mese a causa di errori stupidi.)
È nozione ormai condivisa che a partire dal 2011 l’Italia subisce un attacco finanziario inquadrabile come un’azione di guerra. In questo contesto, il governo di Monti spicca nella sua funzione palesemente collaborazionista col nemico aggressore. Ma non si tratta di un collaborazionismo frutto di semplice o alto tradimento, bensì di banale follia ideologica. Nessuno può fare tali danni intenzionalmente al proprio paese e riuscire a continuare a guardarsi allo specchio. Sono matti, ci credono veramente a quello che fanno.
Tutto ciò non toglie che in mezzo a tante azioni nefaste Monti abbia forse anche preso qualche provvedimento utile. La realtà non è mai una faccenda di bianco o nero, esiste anche il grigio a confondere le idee. Alcune (poche) azioni di Monti potranno eventualmente essere utili al paese. Ma d’altra parte anche Mussolini fece cose utili all’Italia (costruì infrastrutture, eradicò la malaria, esiliò la mafia). Quello che conta è però il bilancio finale.
Come già scrissi del mio precedente saggio sul tema crisi – e cioè che la crisi sia un fenomeno del tutto artefatto - c’è anche da considerare una seconda possibilità, e cioè che tutte queste mie analisi sulle reali cause della crisi possano essere sostanzialmente errate. Bisogna sempre prendere in considerazione la possibilità di essere in errore nella propria interpretazione del mondo (cosa che i placidi ruminanti di informazione mainstream evitano accuratamente di fare). Dobbiamo quindi considerare l’eventualità che non vi sia alcun oscuro disegno dietro il terrificante effetto domino destinato a disintegrare il mondo monetario, finanziario ed economico come lo conosciamo oggi, e che in Italia Monti sia davvero la nostra ultima speranza. Dopotutto la stupidità umana non cessa mai di sorprendere e potrebbe anche darsi che non ci sia alcun progetto intelligente dietro la catastrofe monetaria e finanziaria a cui assistiamo. Questa tuttavia non sarebbe una buona notizia, bensì piuttosto il worst case scenario – il peggiore dei casi. Le implosioni incontrollate ed incontrollabili in natura non sono mai una bella cosa da sperimentarsi. Quando ciò avviene nel mondo fisico il risultato è tipicamente un buco nero dove tutta la materia viene annichilita e scompare. Nel mondo un po’ meno fisico della finanza moderna una catastrofe paragonabile sarebbe l’annichilimento e scomparsa di tutti i valori immaginari che siamo convinti di detenere. Si sa che l’orizzonte degli eventi che delimita un buco nero ci impedisce di sapere cosa accade al suo interno – analogamente siamo oggi nell’impossibilità di fare ragionevoli previsioni sul mondo che ci attenderebbe dopo la disintegrazione totale dell’attuale architettura monetaria e finanziaria.
Per complicare le cose c’è poi una terza possibilità – un ibrido fra le due ipotesi menzionate – ovvero che ci sia del vero in entrambe. La seconda e la terza ipotesi ci conducono di filato ed inevitabilmente alla Terza Guerra Mondiale. Con la prima forse ce la caviamo con una semplice dittatura globale. Sarebbe già una bella fortuna.
Ma la nostra ipotetica fortuna si ferma lì. La nostra più immediata sfiga ha il volto rigido di Mario Rigor Montis, che come Madre Teresa di Calcutta, in religioso ossequio al dogma di cui è preda, non si è mai reso conto di seviziare inutilmente quelli che è erroneamente convinto di salvare. Cioè noi.
Magrissima soddisfazione: anche l’esercito di sciocchi che a suo tempo festeggiò l’insediamento al governo di Monti e dei suoi salvifici “tecnici” oggi festeggia le prime rate di quel criminale esproprio progressivo della loro casa che si chiama IMU. Che tale infame atto contro natura riesca finalmente ad intrufolare a tutti costoro un po’ di sale in zucca, e pazienza se per via rettale, svegliandoli da quel sonno della ragione che in Italia è ormai un letargo? Non ci sperate troppo. L’encefalogramma è in rapido appiattimento.
Consoliamoci al pensiero che per una volta un grande caso criminale in Italia ha trovato un colpevole certo. L’immane delitto che oggi si compie contro gli italiani è risolto. Abbiamo scoperto che, come nei gialli più banali, l’assassino è… il maggiordomo. Anche se questi, come un perfetto Manchurian Candidate, non se ne è mica ancora accorto. Non lo sfiora proprio neanche il dubbio.
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