di Alfonso Liguori, attore-giornalista
Fosse un fantasma che si aggira per la campagna elettorale in corso, almeno di tanto in tanto se ne avvertirebbe la presenza. Invece è un cadavere, tenuto a venti metri sotto terra. È la cultura, grande assente della contesa partitica, assente cui nessuno schieramento politico sente il bisogno di far riferimento, nonostante ci siano da parte di operatori e studiosi del settore, italiani e stranieri, ripetuti richiami all’attenzione. È forse il segno dei tempi ed anche, probabilmente, il segno del peso intellettuale della classe politica che si propone per la prossima guida del Paese. A scorrere i programmi, nessuno si salva. Nemmeno i nuovi, nemmeno i piccoli. A meno che tra i cento, duecento, trecento simboli presentati non ce ne sia uno da 0,0001 % alle urne che ci sia sfuggito.
Eppure, la Cultura, intesa come produzione di idee e come beni culturali, è il vero petrolio dell’Italia. Non soltanto per ciò che l’adeguato “sfruttamento” di questi beni può portare alle casse dalla nazione, ma anche per il numero enorme di persone che ci lavorano. Basti pensare che soltanto nel settore Prosa sono attive circa trecentomila persone, tra attori, tecnici di teatro, amministrativi, addetti ai trasporti e alla creazione di scene e costumi. Forse la cifra è anche in difetto, ma ci piacerebbe che qualcuno comprendesse che stiamo praticamente parlando diun’altra Fiat.
Collegati al settore Prosa, ci sono tutti i lavoratori di cinema e tv. E poi coloro che operano nella musica, lirica, sinfonica, pop, e quelli che lavorano nella danza… E ancora, quelli impiegati nei musei e nei siti archeologici, nelle biblioteche, negli archivi. E quindi restauratori, liutai, accordatori, docenti di conservatori e accademie… E i custodi e gli impiegati di conservatori e accademie e di cento altre scuole di formazione… Ed i librai, e tutti coloro che alla preparazione di un libro lavorano, dai correttori di bozze ai tipografi, fino ai fabbricanti di carta o ai disegnatori di copertine…
E poi c’è l’indotto, non soltanto quello grande prodotto dai turisti, ma anche quello, piccolo e quotidiano, che muovono tutti gli operatori dello spettacolo che vanno di giorno in giorno per città e paesini d’Italia: entrano in alberghi, in bar, in ristoranti, in negozi, in farmacie, fanno benzina, pagano pedaggi autostradali, biglietti di treno… Non ci vuole un genio per comprendere quanta ricchezza, morale ed economica, può portare ad un paese il giusto “sfruttamento” dell’intero suo mondo culturale. E questo senza nemmeno considerare la potenziale combinazione del settore Cultura con il settore Turismo.
Eppure, c’è un cadavere in questa campagna elettorale, e si chiama Cultura. Nemmeno una parola, nemmeno un sospiro, neanche uno sguardo.
Non c’è più nemmeno da chiedersi il percome e il perché. È così. Come è così per i morti, ai quali tocca solo il dignitoso silenzio.
Nessun commento:
Posta un commento
In un ottica di reciproco scambio di opinioni i commenti sono graditi. Solo da utenti registrati. Evitiamo ogni abuso nascondendoci nell'anonimato. Grazie