D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


mercoledì 13 febbraio 2013

Diteci la verità di Marco Travaglio

L’estate scorsa, commemorando a Palermo
il ventennale della strage di Capaci, Mario
Monti dichiarò: “Nessuna ragion di Stato può
giustificare ritardi nella ricerca della verità: i
pezzi mancanti vanno cercati fino in fondo”.
Poi però fece l’opposto. Lui e il Pdl, il Pd e il
Centro che lo sostengono. L’altro giorno, nel
tentativo disperato di influenzare la camera di
consiglio della Corte d’appello di Milano sul
sequestro Abu Omar, il governo ha sollevato
un conflitto di attribuzioni alla Consulta contro
la Cassazione, che a settembre aveva annullato
il proscioglimento dell’ex capo del Sismi
Pollari e del vice Mancini, accusandola di
avere aggirato il segreto di Stato posto dai governi
di destra e di sinistra e di avere così leso le
“attribuzioni costituzionali” della Presidenza
del Consiglio. Dove siano nella Costituzione le
“attribuzioni” che autorizzano un governo a
far sequestrare, deportare e torturare un cittadino
egiziano, non è dato sapere. Nella supercazzola
della solita Avvocatura dello Stato,
si legge che “il presidente del Consiglio rivendica
l’integrità delle proprie attribuzioni costituzionali
nell’esercizio dell’attività politica
volta alla tutela della sicurezza dello Stato che,
in relazione al caso di specie, si è concretata
nell’apposizione del segreto di Stato con riferimento
ai rapporti tra Servizi italiani e la Cia
nonché agli interna corporis del Servizio, anche
in ordine al fatto storico del sequestro di Abu
Omar”. Il tutto, si capisce, a “tutela dei supremi
valori dell’esistenza, integrità, essenza dello
Stato democratico”. Par di sognare: per esistere,
lo Stato consente alla Cia e ai servizi
italiani di sequestrare un capo religioso islamico,
peraltro sotto inchiesta alla Procura di
Milano e, quando i colpevoli vengono scoperti,
tenta di salvarli col segreto di Stato. Per fortuna
i giudici non si sono lasciati intimidire e, nell’appello-
bis, hanno condannato Pollari e
Mancini. Ma ancora una volta il governo si
schiera contro la verità e la legalità, e nessuno
dei partiti che l’appoggiano, neanche quello
che tappezza il Paese di manifesti per un’“Italia
giusta”, dice una parola. È il replay di quanto è
accaduto sulla trattativa Stato-mafia, con le interferenze
del Quirinale nelle indagini su richiesta
di Mancino, subito coperte da governo
e maggioranza. Tant’è che Di Pietro è stato
espulso dal centrosinistra per averle criticate e
Ingroia s’è visto negare ogni tentativo di dialogo
per averle smascherate. Ieri, sentito come
teste al processo, il sottosegretario ai Servizi
Gianni De Gennaro ha dichiarato di non ricordare
“pericoli di attentati a Mannino” nel
'92 dopo il delitto Lima, né allarmi sul ritiro del
41-bis ai mafiosi nel '93. Deve avere una memoria
davvero labile, perché i pericoli per
Mannino e altri politici li svelarono prima un
rapporto del capo della polizia Parisi il 16.3.92
e poi lo stesso Mannino in un’intervista all’Espress
o l’8.7.92. Quanto alle manovre contro
il 41-bis, le denunciò proprio De Gennaro, capo
della Dia, il 10.8.93: “L’eventuale revoca
anche parziale del 41-bis potrebbe rappresentare
il primo concreto cedimento dello Stato
intimidito dalla stagione delle bombe”. Un mese
dopo lo Sco rivelò che le stragi miravano “a
una sorta di trattativa con lo Stato per la soluzione
dei principali problemi che affliggono
Cosa Nostra: il carcerario e il pentitismo”.
Vent’anni dopo le stragi e dieci dopo il sequestro
Abu Omar, lo Stato deve scegliere: o
rivendica le trattative con la mafia, le complicità
nelle stragi e nei sequestri che copre da
sempre, se ne assume tutte le responsabilità ed
evita che a pagare per quei delitti e quelle bugie
siano soltanto gli uomini dei servizi che eseguirono
ordini infami; oppure i suoi rappresentanti
la smettono di lacrimare in favore di
telecamera agli anniversari invocando “tutta la
verità”. “Il miglior disinfettante – diceva il giurista
americano Louis Brandeis – è la luce del
sole e il miglior poliziotto è la luce elettrica”.

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