07 Maggio 2012 - 17:47
(ASCA) - Roma, 7 mag - Piu' che Sarkozy, a una prima lettura, la vera sconfitta dalle urne francesi e greche, e' il cancelliere tedesco Angela Merkel e la sua politica rigorista imposta all'area euro. Senza dubbio la Merkel esce indebolita' e Berlino dovra' fare delle concessioni per scongiurare un isolamento diplomatico. E' dalla stampa tedesca che arrivano i giudizi piu' critici nei confronti della Merkel. ''I tedeschi si ritrovano da soli con il loro patto sul rigore nei conti pubblici'' ha scritto in un editoriale Die Welt e l'edizione tedesca del Financial Time mette in rilievo che il voto di ieri e' ''un punto di svolta in Europa, soprattutto per la signora Merkel''. ''La vittoria di Hollande mostra che c'e' un'altra via alla politica della sola austerita' in Europa'' ha commentato Sigmar Gabriel, numero uno dei socialdemocratici tedeschi.Il tracollo dei principali partiti in Grecia che hanno sostenuto le misure di rigore e l'uscita di Sarkozy dall'Eliseo non arriva come un fulmine a ciel sereno. Anche la reazione dei mercati dimostra che i risultati hanno confermato le aspettative. Dopo un'iniziale reazione negativa, con borse in calo e spread che si ampliavano, i timori degli investitori si sono smorzati. In tutta Europa negli ultimi mesi sta montando un'onda crescente contraria alle politiche di austerity, ritenute le responsabili dei venti di recessione che stanno soffiando sull'economia del vecchio continente. Le dimissioni del governo olandese, la sconfitta dei conservatori di Cameron alle amministrative della settimana scorsa danno il senso delle fibrillazioni che attraversano l'Europa.
Il giudizio negativo degli elettori alle politiche di austerita' non significa pero' un radicale cambiamento nelle politiche europee. La Merkel ha gia' mostrato di essere disponibile a un confronto sottolineando che ''il cuore della questione non e' scegliere tra crescita e rigore nei conti publici perche' abbiamo bisogno di entrambe''. La strategia della Merkel non e' di chiusura netta alle rivendicazioni che arrivano dal resto dell'Europa. Non vuole diventare la ''lady di ferro'' che si oppone a qualsiasi proposta dei partner europei. La Merkel tuttavia ha chiarito quali siano i paletti. Berlino non vuol sentir parlare di Eurobond e di cambiamenti allo statuto della Bce. Nulla in contrario invece a un patto per la crescita, sollecitato anche dal presidente dell'Eurotower, Mario Draghi.
La bocciatura delle politiche di austerita' e' un fatto.
Ma e' tutta da scrivere l'agenda politica per un profondo cambiamento. Il Wall Street Journal, certamente non un tifoso delle politiche rigoriste in Europa, ha comunque sottolineato che in Francia e in Grecia e nel resto d'Europa sara' molto complicato realizzare nuove politiche che si discostino in modo netto da quelle imposte dalla Germania. Insomma piu' facile a dirsi che a farsi una virata nelle politiche dell'Europa per rimettere l'economia continentale sul percorso dello sviluppo. Lo stesso Hollande nel corso della campagna elettorale ha parzialmente modificato alcune posizioni. In particolare dalla richiesta di rinegoziare il fiscal compact e' passato a proporre l'inserimento di un capitolo dedicato alla crescita. Dal canto suo la Merkel ha subito chiamato Hollande manifestando la volonta' di lavorare insieme ma al tempo stesso ha ricordato che il fiscal compact non si tocca. D'altronde le politiche europee della Merkel trovano consenso tra gli elettori tedeschi che andranno al voto il prossimo anno.
Nel complesso l'Europa potrebbe fare un passo in avanti.
Il voto francese segna la fine, anche formale, di uno squilibrato asse franco-tedesco che ha prodotto una serie di risultati nefasti nella gestione della crisi del debito nell'area euro, dalle timidizze e rinvii sul dossier della Grecia al coinvolgimento del settore privato nel taglio del debito di Atene. Sarkozy ha sposato passivamente le politiche tedesche per non rischiare di vedere la Francia identificata con i paesi periferici dell'euro. Nel gioco della diplomazia, l'unico punto a suo favore e' stato riuscire a stoppare un tedesco alla guida della Bce, un po' poco per chi aveva promesso di ridisegnare le regole dell'economia e della finanza dalla presidenza del G20 e del G8 e che ha dispensato qualche sorriso ironico di troppo verso alcuni leader europei.
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