D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


lunedì 14 maggio 2012

L'Italia come la Grecia, truccò i conti per entrare nell'euro - Claudio Messora, byoblu


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 A distanza di dieci anni si scopre che l'euro era basato su una colossale truffa ai danni dei cittadini, perché entrammo a farne parte grazie ai trucchi di "creativi giocolieri finanziari", come lo Spiegel definisce Carlo Azeglio Ciampi, allora ministro del tesoro del Governo Prodi, e grazie alla Germania che non voleva fossimo troppo competitivi. Helmut Kohl scelse volutamente di ignorare tutti i rapporti e le pressioni degli altri stati i quali, come l'Olanda, evidenziavano come non fossimo pronti, così come i drammatici appelli finali come quello di Stephan Freiherr von Stenglin, attaché finanziario dell'ambasciata tedesca a Roma, i quali sottolineavano come il nostro ingresso nella moneta unica si sarebbe tradotto in un disastro per noi e per gli altri. Secondo lo storico Hans Woller, al momento di entrare nell'euro l'Italia era "sull'orlo della bancarotta finanziaria" e propose per due volte di rinviare la partenza dell'euro, ma la Germania rifiuto'.


 L'Italia – si legge sul Times - rappresentava un "rischio speciale" per l'euro, fin dal suo inizio nel 1999, poiché "continuava a rifiutarsi di ridurre il suo enorme debito", avvertì un memorandum profetico inviato a Kohl nove mesi prima del lancio della moneta unica. Kohl fu avvisato che l'Italia usava trucchi contabili per mostrare sulla carta che faceva progressi, mentre in realtà il suo debito cresceva. Kohl trascurò le allerte e insistette che l'Italia doveva entrare nella prima ondata. Ingannò, per questioni di mera opportunità politica, non solo l'opinione pubblica, ma anche la Corte Costituzionale di Karlsruhe. Alla fine con una combinazione di circostanze fortunate e di trucchi come la tassa sull'Europa, la vendita delle riserve auree alla banca centrale e le tasse sugli utili, gli italiani riuscirono sul piano formale a rispettare i criteri di Maastricht, ma molte misure di risparmio erano solo cosmetiche, si basavano su trucchi contabili o vennero subito ritirale non appena venne meno la pressione politica.

 Questa, in sintesi, la verità storica del settimanale tedesco Spiegel, che nell'inchiesta di cinque pagine denominata "Operazione autoinganno" ha pubblicato le risultanze di centinaia di pagine di documenti del governo Kohl sull'introduzione dell'euro tra il 1994 ed il 1998. Si tratta di rapporti dell'ambasciata tedesca a Roma, di note interne dell'esecutivo e di verbali manoscritti di colloqui avuti dal cancelliere della riunificazione.

 L'Italia, secondo queste carte e le testimonianze di gente come Juergen Stark, Horst Koehler e Klaus Regling, attuale responsabile del fondo salva stati (Efsf), non sarebbe mai dovuta entrare nell'euro: Kohl, Prodi e Ciampi lo sapevano ma trascurarono volutamente, intervendo con trucchi di finanza funambolica, i dati e gli interessi degli italiani e degli europei.

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