D'un tratto nel folto bosco
Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Ozvenerdì 29 giugno 2012
Africa: il paradiso mascherato da inferno
L’Africa è il continente dei contrasti, degli opposti che convivono faticosamente fra di loro e fanno di questa terra un mondo a se stante, tanto meraviglioso quanto spietato.
La Grande Madre racchiude in se realtà così semplici da diventare difficili.
E tutto viaggia sul filo degli eccessi.
(…) Le nuove generazioni sono la reale risorsa su cui un paese possa contare.
In Africa i bambini non sono bambini, o meglio vengono alla luce, vivono e muoiono come se non lo fossero. E’una grande miseria dell’umanità.
Negli scenari più belli del mondo le nuove creature si affacciano misurandosi con tali difficoltà che in un numero elevato, troppo elevato, di casi non sopravvivono ai primi tempi di vita.
E’ tanto agghiacciante quanto vero.
Non esistono strutture in numero ed efficienza sufficienti a garantire la più elementare assistenza sanitaria.
Gli ospedali sono pochi, lontani e difficili da raggiungere ed è la distanza a fare la differenza in caso di emergenza.
Spesso si immagina che per guarire i mali del continente nero sia necessaria chissà quale complicata e costosa organizzazione o apparecchiatura volta alla cura di esotiche e semisconosciute malattie dal nome altisonante del ricercatore che le ha scoperte.
No! In Africa, si perde la vita ancora oggi anche per cause che nel resto del mondo sono considerate semplici malesseri passeggeri.
I bambini muoiono di febbre, di dissenteria, di infezioni e di fame.
E muoiono, i bambini muoiono!
Ma sorridono dietro agli occhi grandi, come la loro anima, che trasmettono la possibilità della speranza nella vita e tradiscono la probabilità della morte prematura.
Per nessuno in Africa esiste la spensieratezza, i più piccoli non fanno eccezione. Spietata legge dell’uguaglianza che accumuna tutti su un livello bassissimo di…definirla qualità della vita suona davvero fuori luogo!
Paolo Rumiz in “Il bene ostinato” scrive di “un bambino con il femore rotto, in trazione da un mese e mezzo perché mancano i gessi. Non si lamenta. Nessun europeo ne sarebbe capace, nemmeno un adulto. Qui la pazienza non ha limite,come la gioia e la crudeltà e l’ospedale è un girone infernale dove l’urlo arriva solo con la morte.”
E prosegue con la testimonianza della “rabbia delle cose non fatte; lo scorno e la tristezza di vedere morire bambini di tre-quattro anni per cause banali. (..). Lo sdegno, anche, di non poter impedire la mutilazione genitale delle bambine, l’atto orrendo della superstizione eseguito da donne digiune di ogni nozione di igiene. I genitori arrivano dal medico solo se l’operazione è andata male e la parte si è infettata.” E allora “le bambine febbricitanti lo guardano come un salvatore, gli prendono la mano e gli dicono Abò, Abò (papà, papà). Sono cose che non si dimenticano.”
Nella terra dei contrasti è infatti anche la superstizione ad opporsi alla medicina.
Gli stregoni svolgono un ruolo decisivo e autoritario nella società tribale. In molte circostanze è necessario il loro placet per potersi affidare alle cure dei medici europei.
Tutto ciò naturalmente complica la situazione in un panorama già abbastanza disperato. In questo senso la superstizione è un limite ma è diversa dalla tradizione che nella cultura africana è alla base della continuità della storia.
Le esperienze, le leggende, i fatti raccontati dagli anziani intorno al fuoco rappresentano una sorta di enciclopedia non scritta che conserva la memoria. Cosa davvero importante in luoghi in cui l’analfabetismo tocca punte elevatissime. Fa sorridere l’esempio delle guardie di frontiera che controllano i documenti non sapendo leggere!
Ma la principale manifestazione del folklore e della filosofia africana sta nel canto e nella musicalità: espressioni di comunicazione a tutti i livelli. E’ magnifico, l’ Africa canta e balla per esprimere gioia, dolore, guerra, pace, tutto …
Ogni cerimonia non è tale se non accompagnata dal ritmo preciso che le corrisponde.
Le percussioni giocano la parte principale, esistono strumenti, dal suono incredibile, che nemmeno si possono immaginare. La musica ha un che di magico e ancestrale che evoca emozioni cadute nell’oblio. Ma in questa terra regina non si dimentica, nulla può essere tralasciato. Ogni occasione viene celebrata e sottolineata da una sensualità tangibile esaltata dai profumi, i colori, dal contatto con la terra, la presenza degli animali e la magnificenza della natura. L’Africa è il paradiso mascherato da inferno al suono dei tamburi.
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