Tutti i Paesi del cosiddetto 'primo mondo', quello industrializzato e ad alto tenore di vita, hanno potuto liberarsi facilmente dai loro rifiuti più scomodi.
Tutti i Paesi del cosiddetto "primo mondo", quello industrializzato e ad alto tenore di vita, hanno potuto liberarsi facilmente dai loro rifiuti più scomodi. I motivi sono principalmente due: i costi di gestione e l'ambiente. Seguendo le direttive dell'Unione Europea decontaminare e smaltire in sicurezza dei residui tossici viene a costare più di mille dollari alla tonnellata. Di contro, gli smaltitori illeciti offrono prezzi fino a nove decimi più bassi incluso il trasporto fuori dai confini nazionali.
Per questo motivo, il 47 per cento delle scorie europee, in particolare quelle tossiche, come i rifiuti elettronici, i vecchi computer, i macchinari ospedalieri, viene spedito via mare in paesi del "terzo mondo", spesso a bordo di navi vecchie e rugginose, pronte anche ad affondare, appartenenti a compagnie sospette, che di pulito e trasparente non hanno praticamente nulla.
Per sfuggire ai controlli, le navi dei rifiuti usano bandiere di comodo, che spesso cambiano durante il tragitto, nonostante il diritto internazionale preveda che il Paese al quale appartiene la bandiera di una nave è responsabile del controllo delle sue attività, ma molti Stati permettono alle imbarcazioni di usare la loro bandiera per poche centinaia o migliaia di dollari, ignorando ogni reato commesso. Una specie di "affitto" della bandiera. Tra questi Stati ci sono certamente la Sierra Leone, ma anche addirittura l’Uzbekistan, che non ha alcuno sbocco sul mare.
Secondo l'Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, la produzione annua mondiale di rifiuti elettronici va dai 20 ai 50 milioni di tonnellate. Questo materiale tossico viene diviso in rifiuti
riciclabili e non riciclabili. I primi partono solitamente per l'India e la Cina, dove vengono venduti all'asta, ritrattati e rimandati in Europa e in Nord America come materie prime; i secondi finiscono invece sempre più spesso nelle mani delle ecomafie, la cui destinazione principale rimane l'Africa.
L’organizzazione non governativa “Basel Action Network”, rivela ad esempio che il 75 per cento del materiale elettronico che arriva in Nigeria non può essere riciclato e diventa agente inquinante. La Somalia riceve regolarmente tonnellate di rifiuti elettronici e radioattivi. Spesso, approfittando della debolezza del governo centrale, le ecomafie riversano in mare i loro carichi, alcuni dei quali sono riemersi dopo lo tsunami del dicembre 2005.
fonte:
(http://www.businessonline.it/ news/6704/ rifiuti-tossici-radioattivi-e-e lettronici-inviati-in-africa-s ia-dall'europa-che-dagli-stati -uniti.html)
Tutti i Paesi del cosiddetto 'primo mondo', quello industrializzato e ad alto tenore di vita, hanno potuto liberarsi facilmente dai loro rifiuti più scomodi.
Tutti i Paesi del cosiddetto "primo mondo", quello industrializzato e ad alto tenore di vita, hanno potuto liberarsi facilmente dai loro rifiuti più scomodi. I motivi sono principalmente due: i costi di gestione e l'ambiente. Seguendo le direttive dell'Unione Europea decontaminare e smaltire in sicurezza dei residui tossici viene a costare più di mille dollari alla tonnellata. Di contro, gli smaltitori illeciti offrono prezzi fino a nove decimi più bassi incluso il trasporto fuori dai confini nazionali.
Per questo motivo, il 47 per cento delle scorie europee, in particolare quelle tossiche, come i rifiuti elettronici, i vecchi computer, i macchinari ospedalieri, viene spedito via mare in paesi del "terzo mondo", spesso a bordo di navi vecchie e rugginose, pronte anche ad affondare, appartenenti a compagnie sospette, che di pulito e trasparente non hanno praticamente nulla.
Per sfuggire ai controlli, le navi dei rifiuti usano bandiere di comodo, che spesso cambiano durante il tragitto, nonostante il diritto internazionale preveda che il Paese al quale appartiene la bandiera di una nave è responsabile del controllo delle sue attività, ma molti Stati permettono alle imbarcazioni di usare la loro bandiera per poche centinaia o migliaia di dollari, ignorando ogni reato commesso. Una specie di "affitto" della bandiera. Tra questi Stati ci sono certamente la Sierra Leone, ma anche addirittura l’Uzbekistan, che non ha alcuno sbocco sul mare.
Secondo l'Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, la produzione annua mondiale di rifiuti elettronici va dai 20 ai 50 milioni di tonnellate. Questo materiale tossico viene diviso in rifiuti
riciclabili e non riciclabili. I primi partono solitamente per l'India e la Cina, dove vengono venduti all'asta, ritrattati e rimandati in Europa e in Nord America come materie prime; i secondi finiscono invece sempre più spesso nelle mani delle ecomafie, la cui destinazione principale rimane l'Africa.
L’organizzazione non governativa “Basel Action Network”, rivela ad esempio che il 75 per cento del materiale elettronico che arriva in Nigeria non può essere riciclato e diventa agente inquinante. La Somalia riceve regolarmente tonnellate di rifiuti elettronici e radioattivi. Spesso, approfittando della debolezza del governo centrale, le ecomafie riversano in mare i loro carichi, alcuni dei quali sono riemersi dopo lo tsunami del dicembre 2005.
fonte:
(http://www.businessonline.it/ news/6704/ rifiuti-tossici-radioattivi-e-e lettronici-inviati-in-africa-s ia-dall'europa-che-dagli-stati -uniti.html)
Tutti i Paesi del cosiddetto "primo mondo", quello industrializzato e ad alto tenore di vita, hanno potuto liberarsi facilmente dai loro rifiuti più scomodi. I motivi sono principalmente due: i costi di gestione e l'ambiente. Seguendo le direttive dell'Unione Europea decontaminare e smaltire in sicurezza dei residui tossici viene a costare più di mille dollari alla tonnellata. Di contro, gli smaltitori illeciti offrono prezzi fino a nove decimi più bassi incluso il trasporto fuori dai confini nazionali.
Per questo motivo, il 47 per cento delle scorie europee, in particolare quelle tossiche, come i rifiuti elettronici, i vecchi computer, i macchinari ospedalieri, viene spedito via mare in paesi del "terzo mondo", spesso a bordo di navi vecchie e rugginose, pronte anche ad affondare, appartenenti a compagnie sospette, che di pulito e trasparente non hanno praticamente nulla.
Per sfuggire ai controlli, le navi dei rifiuti usano bandiere di comodo, che spesso cambiano durante il tragitto, nonostante il diritto internazionale preveda che il Paese al quale appartiene la bandiera di una nave è responsabile del controllo delle sue attività, ma molti Stati permettono alle imbarcazioni di usare la loro bandiera per poche centinaia o migliaia di dollari, ignorando ogni reato commesso. Una specie di "affitto" della bandiera. Tra questi Stati ci sono certamente la Sierra Leone, ma anche addirittura l’Uzbekistan, che non ha alcuno sbocco sul mare.
Secondo l'Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, la produzione annua mondiale di rifiuti elettronici va dai 20 ai 50 milioni di tonnellate. Questo materiale tossico viene diviso in rifiuti
riciclabili e non riciclabili. I primi partono solitamente per l'India e la Cina, dove vengono venduti all'asta, ritrattati e rimandati in Europa e in Nord America come materie prime; i secondi finiscono invece sempre più spesso nelle mani delle ecomafie, la cui destinazione principale rimane l'Africa.
L’organizzazione non governativa “Basel Action Network”, rivela ad esempio che il 75 per cento del materiale elettronico che arriva in Nigeria non può essere riciclato e diventa agente inquinante. La Somalia riceve regolarmente tonnellate di rifiuti elettronici e radioattivi. Spesso, approfittando della debolezza del governo centrale, le ecomafie riversano in mare i loro carichi, alcuni dei quali sono riemersi dopo lo tsunami del dicembre 2005.
fonte:
(http://www.businessonline.it/
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