Oggi ho rivolto una interrogazione urgente al ministro della Giustizia Paola Severino in merito alle pressioni esercitate sui magistrati che stanno indagando sulle stragi di mafia del 1992, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli agenti che facevano loro da scorta.
Una ragnatela di reticenze, omissioni, complicità silenti e comportamenti omertosi fa sì che ancora oggi non sia possibile affermare con certezza per quale ragione vennero decise quelle stragi e se furono una conseguenza della presunta trattativa in corso in quei mese fra Stato e mafia, della quale Paolo Borsellino aveva quasi certamente avuto sentore.
Sull’esistenza o meno di quella trattativa stanno indagando, tra mille difficoltà, magistrati di diverse procure. Si tratta evidentemente di una indagine di eccezionale importanza non solo dal punto di vista giudiziario ma anche da quelli storico e politico.
In questi ultimi giorni sono emerse notizie, a mio parere gravissime, che rivelano l’esistenza di precisi intervento sui magistrati che indagano su quegli episodi, richiesti dall’ex presidente del Senato Nicola Mancino, uno degli indagati, e attuati addirittura dal Quirinale.
Allo stesso tempo, è trapelata la notizia di un rifiuto del procuratore di Palermo, dottor Messineo, a sostenere gli atti disposti dai suoi sostituti nel quadro di quell’inchiesta. E’ una scelta molto grave, che“lascia soli” quei magistrati oggi in prima linea.
Credo che lo Stato debba a tutti i suoi cittadini e in particolare ai suoi servitori uccisi in quelle stragi una risposta sul perché di quelle pressioni, sui risultati che hanno eventualmente sortito, sulle motivazioni che hanno spinto il procuratore Messineo a negare il proprio assenso e sulle eventuali relazioni tra questa scelta e l’intervento del Quirinale sul Procuratore generale della Cassazione.
Il ministro Severino ha risposto senza dire assolutamente niente. Ha scelto anche lei di trincerarsi dietro il silenzio e la reticenza. Ha affermato che bisogna ricercare “l’integrale verità”, tacendo però sui comportamenti che impediscono la ricerca di quella verità.
Per noi dell’Italia dei Valori s’impone di conseguenza l’istituzione di una commissione d’inchiesta che indaghi sugli eventuali condizionamenti politici sulle indagini e, nel caso, ne verifichi le motivazioni. Abbiamo già inoltrato la richiesta formale al presidente della Camera Fini.
La vicenda di cui si sta trattando è troppo tragica, troppo grave e troppo piena di conseguenze sui successivi sviluppi della storia repubblicana per consentire che la ricerca della verità ceda il passo alla necessità di non infastidire qualche potente di oggi o di ieri.
Mi auguro che ci sia ancora nelle istituzioni qualcuno con sufficiente senso dello Stato da rendersene conto.
Una ragnatela di reticenze, omissioni, complicità silenti e comportamenti omertosi fa sì che ancora oggi non sia possibile affermare con certezza per quale ragione vennero decise quelle stragi e se furono una conseguenza della presunta trattativa in corso in quei mese fra Stato e mafia, della quale Paolo Borsellino aveva quasi certamente avuto sentore.
Sull’esistenza o meno di quella trattativa stanno indagando, tra mille difficoltà, magistrati di diverse procure. Si tratta evidentemente di una indagine di eccezionale importanza non solo dal punto di vista giudiziario ma anche da quelli storico e politico.
In questi ultimi giorni sono emerse notizie, a mio parere gravissime, che rivelano l’esistenza di precisi intervento sui magistrati che indagano su quegli episodi, richiesti dall’ex presidente del Senato Nicola Mancino, uno degli indagati, e attuati addirittura dal Quirinale.
Allo stesso tempo, è trapelata la notizia di un rifiuto del procuratore di Palermo, dottor Messineo, a sostenere gli atti disposti dai suoi sostituti nel quadro di quell’inchiesta. E’ una scelta molto grave, che“lascia soli” quei magistrati oggi in prima linea.
Credo che lo Stato debba a tutti i suoi cittadini e in particolare ai suoi servitori uccisi in quelle stragi una risposta sul perché di quelle pressioni, sui risultati che hanno eventualmente sortito, sulle motivazioni che hanno spinto il procuratore Messineo a negare il proprio assenso e sulle eventuali relazioni tra questa scelta e l’intervento del Quirinale sul Procuratore generale della Cassazione.
Il ministro Severino ha risposto senza dire assolutamente niente. Ha scelto anche lei di trincerarsi dietro il silenzio e la reticenza. Ha affermato che bisogna ricercare “l’integrale verità”, tacendo però sui comportamenti che impediscono la ricerca di quella verità.
Per noi dell’Italia dei Valori s’impone di conseguenza l’istituzione di una commissione d’inchiesta che indaghi sugli eventuali condizionamenti politici sulle indagini e, nel caso, ne verifichi le motivazioni. Abbiamo già inoltrato la richiesta formale al presidente della Camera Fini.
La vicenda di cui si sta trattando è troppo tragica, troppo grave e troppo piena di conseguenze sui successivi sviluppi della storia repubblicana per consentire che la ricerca della verità ceda il passo alla necessità di non infastidire qualche potente di oggi o di ieri.
Mi auguro che ci sia ancora nelle istituzioni qualcuno con sufficiente senso dello Stato da rendersene conto.
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