Negozi chiusi. Supermercati vuoti. Mense dei poveri piene. Disoccupati che dormono per strada. Mentre cresce solo il consumo di droga. Rapporto da un Paese allo stremo. A cui la Ue chiede nuovi sacrifici
(03 febbraio 2012)
Non si può capire Atene oggi se non la si attraversa di notte. Di giorno sembra, quasi, la capitale normale di un paese normale. Il traffico impazzito, i negozi del centro, i bambini a scuola. Superficie. Perché poi calano le tenebre e c'è lo splendido Partenone sullo sfondo, riccamente illuminato e quasi una metafora dello sfarzo che sta solo nel passato, ma le strade sono buie persino vicino ai palazzi del potere e attorno a piazza Syntagma.
Le attraversano, furtivi, giovani centrafricani coi capelli rasta, che non fanno più parte del panorama diurno: espulsi dalle ore di luce con le loro cianfrusaglie di falsi. Fanno concorrenza "sleale" alle vetrine che resistono dopo la prima ondata furiosa di darwinismo economico. Due su dieci hanno chiuso e chi alza ancora la saracinesca denuncia il 25 per cento in meno di guadagni.
La guerra tra poveri spinge gli ultimi, gli africani, dalla semilegalità all'illegalità totale se adesso vanno in cerca di clienti per spacciare un Paradiso artificiale in presenza di un inferno reale. Eroina, cocaina, ecco i soli consumi che presentano una curva in ascesa. Una piaga che ha spinto il governo a presentare un progetto di legge per depenalizzare il possesso di "piccole quantità" di tutte le droghe (il traffico resta punito dai 10 ai 20 anni) perché, ha detto il ministro della Giustizia Milziade Papaioannou, "il consumatore è un malato non un criminale".
Negli androni di palazzi scorticati avvengono gli scambi bustina-euro e, più o meno nelle stesse ore, inizia il lavoro un'altra categoria in forte espansione, quella dei ladri. Nel 2011, stando alle statistiche del ministero dell'Interno, i furti sono aumentati del 30 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. Nella terra delle "Santa ortodossia" il bisogno impedisce il rispetto almeno della fede se l'incremento delle chiese svaligiate è del 180 per cento. E poi rapine (più 132), estorsioni (più 50), truffe (più 56). Insomma, qualunque delitto abbia a che fare con il denaro.
Le attraversano, furtivi, giovani centrafricani coi capelli rasta, che non fanno più parte del panorama diurno: espulsi dalle ore di luce con le loro cianfrusaglie di falsi. Fanno concorrenza "sleale" alle vetrine che resistono dopo la prima ondata furiosa di darwinismo economico. Due su dieci hanno chiuso e chi alza ancora la saracinesca denuncia il 25 per cento in meno di guadagni.
La guerra tra poveri spinge gli ultimi, gli africani, dalla semilegalità all'illegalità totale se adesso vanno in cerca di clienti per spacciare un Paradiso artificiale in presenza di un inferno reale. Eroina, cocaina, ecco i soli consumi che presentano una curva in ascesa. Una piaga che ha spinto il governo a presentare un progetto di legge per depenalizzare il possesso di "piccole quantità" di tutte le droghe (il traffico resta punito dai 10 ai 20 anni) perché, ha detto il ministro della Giustizia Milziade Papaioannou, "il consumatore è un malato non un criminale".
Negli androni di palazzi scorticati avvengono gli scambi bustina-euro e, più o meno nelle stesse ore, inizia il lavoro un'altra categoria in forte espansione, quella dei ladri. Nel 2011, stando alle statistiche del ministero dell'Interno, i furti sono aumentati del 30 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. Nella terra delle "Santa ortodossia" il bisogno impedisce il rispetto almeno della fede se l'incremento delle chiese svaligiate è del 180 per cento. E poi rapine (più 132), estorsioni (più 50), truffe (più 56). Insomma, qualunque delitto abbia a che fare con il denaro.
La notte sarebbe anche per professioni lecite, come quella del taxista. Se non fosse che ormai quasi tutti la trascorrono nell'abitacolo a far passare il tempo che manca all'alba. Tanto clienti non se ne vedono e pazienza in questi giorni rigidi di inverno inclemente. Il fatto è, denunciano, "che non abbiamo fatto una corsa nemmeno la notte di Natale o quella di Capodanno, quando prima impazzivamo di richieste, fuori uno e dentro un altro".
A essere capaci di guardare, non è che il dopocena di Atene sia poi così deserto. Nel dedalo di strade che si irradia da piazza Monastiraki non si riesce nemmeno a entrare nei locali alla moda, folla, ressa e bella gioventù. Passare il tempo insieme è il miglior antidoto alla possibile depressione che ha fatto aumentare il numero delle persone che si suicidano buttandosi dall'Acropoli. "Però", dice il gestore del "Black & White", "i clienti bevono un drink, tre euro, e si accontentano per tutta la sera". Non se ne lamenta tuttavia, capisce il momento e quei ragazzi squattrinati perché almeno una cosa buona la produce il mal comune: la solidarietà. Succede in tutte le città di crisi, o di guerra, a qualunque latitudine.
Non fa eccezione la Grecia dove c'è sempre un posto al tavolo dei ristoranti benché per un buon pasto non si spenda più di 15 euro. Il titolare di "Niko's", moussaka e souvlaki da urlo, quando sente la parlata italiana e capisce che siamo qui anche per Theo Angelopoulos (il grande regista vincitore di Cannes, Venezia e Berlino, morto a 76 anni il 24 gennaio travolto da una moto sul set del film "L'altro mare" che ha per tema proprio il dramma del suo paese), non vuole che il conto sia saldato: "Invece che a me, uscendo per la strada, date i soldi a qualcuno che ne ha più bisogno". C'è l'imbarazzo della scelta. Persone senza un giaciglio al caldo si addormentano (speriamo anche si sveglino) praticamente sotto i pilastri di ogni edificio, una sola coperta per conforto.
Contendono gli spazi ai cani che, indisturbati, da sempre sono una caratteristica della città notturna. Li si incontra ovunque, persino accovacciati agli ingressi dei pub. L'ong Medici del mondo, valuta che un ateniese su 11 si sfami alle mense comunali o nei refettori delle associazioni religiose; sei greci su dieci hanno peggiorato le abitudini alimentari e cento bambini al giorno si fanno vaccinare dai dottori dell'organizzazione quando, fino a due anni fa, la stessa era a disposizione praticamente solo degli immigrati. Stando a un denuncia del locale Wwf, non potendo pagare le bollette, molti si sono messi a tagliare gli alberi per farne legna da ardere (come nell'Albania dopo il comunismo o nella Sarajevo assediata). Non solo i singoli ma anche gruppi organizzati che starebbero saccheggiando le riserve boschive senza che nessuno intervenga perché i fondi per la difesa del territorio sono stati decurtati.
Nessun commento:
Posta un commento
In un ottica di reciproco scambio di opinioni i commenti sono graditi. Solo da utenti registrati. Evitiamo ogni abuso nascondendoci nell'anonimato. Grazie