di Claudio Conti - Contropiano.
L'uomo di Goldman Sachs si dimette per tornare subito, scompaginando il "bipolarismo obbligato" e per instaure l'autocrazia del grande capitale finanziario. Forse qualcuno si va accorgendo di quanto andiamo scrivendo da mesi. Non perché ci abbia letto, supponiamo, ma per l'evidenza della realtà stessa. Vi proponiamo questo pezzo dall'Huffington Post edizione italiana, che comincia a vogliere la novità vera della presenza di Monti sul mercato politico. Non un “Capo” carismatico come altri provano a trovare, ma nemmeno un grigio burocrate venuto pro tempore a far rispettare impegni internazionali altrimenti facilmente disattesi.
Monti è stato mandato a “rifare” l'Italia in un modo tale che possa funzionare da paradigma europeo. Il programma – dichiarato ormai con imbarazzante chiarezza da Monti stesso – è far arretrare le condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione fino al punto in cui (secondo i manuali di macroeconomia liberista) diventano “competitive” con quelle di paesi che stanno soltanto ora approdando alla “civiltà industriale”.
Monti è stato mandato a “rifare” l'Italia in un modo tale che possa funzionare da paradigma europeo. Il programma – dichiarato ormai con imbarazzante chiarezza da Monti stesso – è far arretrare le condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione fino al punto in cui (secondo i manuali di macroeconomia liberista) diventano “competitive” con quelle di paesi che stanno soltanto ora approdando alla “civiltà industriale”.
Si tratta di un esperimento mai tentato prima in tempi di pace. Obiettivi così sanguinosi, fino alla seconda guerra mondiale, venivano raggiunti con una bella sequenza di stermini sui campi di battaglia e soprattutto con bombardamenti a tappeto tali da distruggere la “capacità produttiva in eccesso”. Un modo brutale ma capitalisticamente “normale” di far ripartire l'accumulazione su nuove e più ristrette basi.
La bomba atomica diffusa, com'è noto, ha bruciato questa possibilità. I paesi o le aree continentali di potenza industriale simile dispongono di testate nucleari sufficienti a distruggere più volte il pianeta. La guerra si introverte dunque all'interno dell'occidente, diventa guerra alla popolazione.
Le parole spese da Monti in conferenza stampa e poi nel faccia a faccia con Lucia Annunziata non hanno ovviamente avuto un simile grado di chiarezza. Ma ha individuato esplicitamente i nemici da battere: la rappresentanza del lavoro, intesa come sindacati e partiti politici. Quel definire “arcaica” la Cgil e “conservatore” il suo affannato scudiero politico (Vendola) è qualcosa di più di un innalzamento della conflittualità retorica tipica di una campagna elettorale agli inizi. È segno di una cultura e un programma, ossia di interessi strutturati che non ammettono più mediazione. Perché non ne sentono più il bisogno.
Le sue frustate a destra sono state di tutt'altro segno. L'accusa, in questa direzione, è di inadeguatezza al compito che “la classe dirigente” nazionale è chiamata a compiere. Il localismo e il nazionalismo sono residui di un pensiero reazionario di altri tempi. La reazione attuale si considera come sempre “rivoluzionaria” rispetto al semplice conservatorismo. Rappresentante dunque di nuovi assetti, nuove figure sociali (il capitale finanziario multinazionale), non delle sopravvivenzenin sinecura (appaltisti, monopolisti in concessione, corruttori e concussi, piccola e media impresa, anche criminale, ecc).
Chiarissimo anche l'obiettivo di brevissimo periodo: spaccare entrambi i poli fin qui dominanti nell'osceno “bipolarismo forzato” all'italiana. E ricomporne le parti disponibili intorno all'unico programma che possa esistere: l'agenda Monti, ovvero la “lettera della Bce”, ovvero il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio per sempre, ovvero la riduzione a nulla della spesa sociale (a cominciare da quella sanitaria, che incide immediatamente sulla lunghezza della vita media e quindi può contribuire rapidamente anche alla riduzione del “monte pensioni” (se muori prima, se ne pagheranno meno e per meno tempo).
Spaccare e saldare altrimenti. E che il resto si cuocia nel suo brodo. La frase chiave: "Non mi schiero con nessuno", ma "sono disponibile a fare il premier con chi condivide la mia agenda". Della serie: "non sarò secondo o alleato di nessuno, perché o qui comando io o comando io". Un grande mediatore, non vi pare?
Chiarissimo. L'unica incertezza è: ma Bersani e Vendola se ne sono accorti? Se sì e non sono d'accordo dovrebbero dichiarare guerra agli “impegni europei”. Se no, cambiassero mestiere, perché non sono tagliati per la politica di questi tempi di crisi. C'è l'ipotesi che se ne sian accorti e facciano finta di nulla, sperando di non essere scaricati a terra una volta terminata questa transizione dal “bipolarismo straccione” all'autocrazia conclamata. Ma è inutile parlare agli illusi...
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