D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


venerdì 8 febbraio 2013

Vietato difendersi di Marco Travaglio

Spero che i nostri lettori abbiano letto l’articolo
di Lo Bianco e Rizza sul Fatto di ieri.
Un articolo che dovrebbe far sobbalzare istituzioni,
giuristi, magistrati, avvocati, intellettuali
e cittadini, almeno quelli che hanno a cuore
lo Stato di diritto. Non certo quelli che fanno
i gargarismi e il bidet col garantismo per salvare
le chiappe ai ladroni di Stato. Oggi il Gip di
Palermo Riccardo Ricciardi, che nel 2011 intercettò
Nicola Mancino indagato per falsa testimonianza,
deve decidere se distruggere i nastri
con le quattro conversazioni fra l’ex ministro
e il presidente Napolitano. La Corte costituzionale,
dando ragione a Napolitano nel
conflitto di attribuzioni contro la Procura, ha
sentenziato che questa doveva chiedere al Gip
l’immediata distruzione delle bobine senza passare
per l’udienza camerale prevista dalla legge,
dunque senza farle ascoltare alle parti: cioè agli
avvocati dei 12 imputati per la trattativa Stato-
mafia (i pm già le hanno sentite e giudicate
penalmente irrilevanti). Nulla però la Consulta
poteva imporre al Gip, non coinvolto nel conflitto.
Dunque il Gip, ora che la Procura è stata
costretta dalla Corte a chiedergli di distruggerle
con quella procedura illegale e incostituzionale,
può conservarle e sollevare un’eccezione di incostituzionalità
dinanzi alla stessa Consulta
contro l’articolo 271 del Codice di procedura
penale: quello che impone di distruggere le intercettazioni
illegali e quelle legali che captino
conversazioni segrete fra avvocati e clienti, fra
medici e pazienti, fra confessori e penitenti violando
il segreto professionale. Siccome la norma
non fa alcun cenno al Presidente e a cittadini
indagati che parlino del più e del meno
(come Napolitano e Mancino), il giudice potrebbe
ritenere che distruggere quelle quattro
telefonate leda il diritto di difesa dei 12 imputati
per la trattativa. È possibile infatti che uno dei
12, ascoltando quelle telefonate, vi trovi elementi
utili e intenda utilizzarli per difendersi
nel processo dalle gravissime accuse che pendono
sul suo capo. Il fatto che la Procura le
ritenga penalmente irrilevanti non significa che
siano inutili per le difese, che hanno interessi
opposti. È vero che la Consulta affida al Gip il
compito di valutare se il contenuto non comprometta
“interessi riferibili a principi costituzionali
supremi”, come la tutela della vita e
della libertà personale. Ma nessun giudice può
sostituirsi al difensore per stabilire, lui solo, se
una prova sia utile alla difesa o possa essere
distrutta. In quale Stato di diritto si chiede a un
giudice di mettersi nei panni del difensore e di
decidere per lui ciò che gli è utile o superfluo?
Gli avvocati di Massimo Ciancimino, Francesca
Russo e Roberto d’Agostino, chiedono al
Gip di poter ascoltare le telefonate e di sollevare
un’eccezione di incostituzionalità contro l’art.
271 nella versione bizzarra e innovativa partorita
dalla Consulta. In caso contrario ricorreranno
in Cassazione e chiederanno i danni
allo Stato per violazione del diritto di difesa
sancito dalla Costituzione. Ma il loro ricorso
sarà inutile, perché il provvedimento impugnato
sarà già stato eseguito con il gran falò delle
bobine previsto per oggi. Se poi la Cassazione
desse loro ragione, le telefonate sarebbero già
state bruciate, dunque inascoltabili. E il danno,
irreparabile, sarà fatto. Col rischio di attirare
sull’Italia una condanna della Corte europea
per la grave lesione al diritto di difesa; ma anche
di invalidare il processo, visto che anche gli altri
imputati (compreso, paradossalmente, Mancino)
potrebbero sostenere di non essersi potuti
difendere adeguatamente. Dove sono, di fronte
a questo scandalo planetario, i giuristi, i costituzionalisti,
gli intellettuali e i politici garantisti?
Che fanno l’Ordine forense, le Camere
penali e gli altri organismi dell’avvocatura?
Perché non parlano? Di chi hanno paura? Anzi
no, quest’ultima è una domanda retorica. Lo
sappiamo benissimo di chi hanno paura: del
nuovo Re Sole.

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