Bagnai, Rinaldi e Borghi al convegno "Morire per l'euro?"
Bruxelles, 3 dic. (TMNews) - Tre economisti italiani, Alberto Bagnai, Antonio Maria Rinaldi e Claudio Borghi Aquilini, hanno propugnato oggi al Parlamento europeo a Bruxelles la dissoluzione della moneta unica europea e il ritorno alle monete nazionali degli Stati membri dell'Ue, come unica via per uscire dalla crisi economica in cui è precipitata l'Eurozona, in conseguenza delle politiche d'austerità imposte dalla Germania e dalla Commissione europea, dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008-2009. I tre economisti sono intervenuti, interrotti spesso dagli applausi, a un convegno dal titolo "Morire per l'Euro?" organizzato dall'europarlamentare Magdi Cristiano Allam, di "Amo l'Italia", a nome del gruppo di Eld (Europa per la Libertà e la Democrazia), di cui fanno parte anche la Lega Nord e l'Ukip, il partito ultra euroscettico britannico. Per loro, l'euro è ormai "un morto che cammina, e nella direzione sbagliata", quella della recessione.
Sebbene ospiti di un gruppo politico di destra ed euroscettico, i tre economisti hanno perorato l'uscita dall'euro da posizioni "europeiste" (la moneta unica sta distruggendo il consenso delle popolazioni verso l'Ue e mettendo a rischio le prospettive future dell'integrazione europea) e spesso "di sinistra". La fine della moneta unica dovrebbe essere accompagnata, ha detto ad esempio Bagnai, dalla reintroduzione dell'indicizzazione dei salari all'inflazione (che oggi resiste solo in Belgio) e dalla ri-regolazione dei mercati finanziari, con il ripristino del controllo dei flussi di capitali al di fuori del mercato unico, per impedire le delocalizzazioni delle industrie e il ricatto occupazionale contro la forza lavoro in Europa.
Il ritorno della possibilità di svalutare le redivive monete nazionali permetterebbe, inoltre, di cessare le politiche di "svalutazione interna", applicate nei paesi periferici dell'Eurozona, che significa in realtà, ha aggiunto Bagnai, "scaricare gli shock in modo asimmetrico solo sul lavoro", comprimendo i salari e quindi la domanda, e aumentando le disuguaglianze. Cioè rafforzando due tra le cause più importanti della recessione. "Fra tutti i 204 Stati della Terra, solo 17 hanno adottato il modello della recessione deflattiva", ha sottolineato Rinaldi.
Bagnai si è anche dichiarato favorevole al ripristino della "separazione bancaria" fra istituti di credito tradizionali e banche d'affari sul modello del Glass-Steagall Act (deciso sotto l'Amministrazione Roosevelt negli Usa nel 1933 e abolita da Clinton nel 1999), una misura che la Commissione europea si è impegnata a proporre entro la fine dell'anno, ma limitandola solo a poche grandi banche "too big to fail", senza mettere in questione il modello della "banca universale".
I tre economisti hanno sottolineato che circolano molti "miti", esagerati o ingiustificati, sulle conseguenza della dissoluzione della moneta unica, a cominciare da quello dell'iperinflazione che sarebbe causata dall'inevitabile e immediata svalutazione delle monete nei paesi periferici. L'inflazione, ha detto Bagnai, si ripercuoterebbe con forza dimezzata e solo un anno e mezzo dopo sull'inflazione. Mentre Borghi Aquilini ha sfatato i miti della svalutazione dei patrimoni immobiliari e dell'aumento dei carburanti. "Negli ultimi anni il prezzo della petrolio è andato da 140 a 25 dollari al barile: vi siete accorti di queste variazioni al prezzo della benzina alla pompa? no, perché gran parte del prezzo della benzina deriva da costi domestici, non dal prezzo del petrolio", ha osservato.
Bagnai ha concluso rivolgendo un appello all'Europarlamento affinché eserciti il suo potere di sfiduciare questa Commissione europea "che sta distruggendo qualsiasi prospettiva di supravvivenza dell'Ue".
Sebbene ospiti di un gruppo politico di destra ed euroscettico, i tre economisti hanno perorato l'uscita dall'euro da posizioni "europeiste" (la moneta unica sta distruggendo il consenso delle popolazioni verso l'Ue e mettendo a rischio le prospettive future dell'integrazione europea) e spesso "di sinistra". La fine della moneta unica dovrebbe essere accompagnata, ha detto ad esempio Bagnai, dalla reintroduzione dell'indicizzazione dei salari all'inflazione (che oggi resiste solo in Belgio) e dalla ri-regolazione dei mercati finanziari, con il ripristino del controllo dei flussi di capitali al di fuori del mercato unico, per impedire le delocalizzazioni delle industrie e il ricatto occupazionale contro la forza lavoro in Europa.
Il ritorno della possibilità di svalutare le redivive monete nazionali permetterebbe, inoltre, di cessare le politiche di "svalutazione interna", applicate nei paesi periferici dell'Eurozona, che significa in realtà, ha aggiunto Bagnai, "scaricare gli shock in modo asimmetrico solo sul lavoro", comprimendo i salari e quindi la domanda, e aumentando le disuguaglianze. Cioè rafforzando due tra le cause più importanti della recessione. "Fra tutti i 204 Stati della Terra, solo 17 hanno adottato il modello della recessione deflattiva", ha sottolineato Rinaldi.
Bagnai si è anche dichiarato favorevole al ripristino della "separazione bancaria" fra istituti di credito tradizionali e banche d'affari sul modello del Glass-Steagall Act (deciso sotto l'Amministrazione Roosevelt negli Usa nel 1933 e abolita da Clinton nel 1999), una misura che la Commissione europea si è impegnata a proporre entro la fine dell'anno, ma limitandola solo a poche grandi banche "too big to fail", senza mettere in questione il modello della "banca universale".
I tre economisti hanno sottolineato che circolano molti "miti", esagerati o ingiustificati, sulle conseguenza della dissoluzione della moneta unica, a cominciare da quello dell'iperinflazione che sarebbe causata dall'inevitabile e immediata svalutazione delle monete nei paesi periferici. L'inflazione, ha detto Bagnai, si ripercuoterebbe con forza dimezzata e solo un anno e mezzo dopo sull'inflazione. Mentre Borghi Aquilini ha sfatato i miti della svalutazione dei patrimoni immobiliari e dell'aumento dei carburanti. "Negli ultimi anni il prezzo della petrolio è andato da 140 a 25 dollari al barile: vi siete accorti di queste variazioni al prezzo della benzina alla pompa? no, perché gran parte del prezzo della benzina deriva da costi domestici, non dal prezzo del petrolio", ha osservato.
Bagnai ha concluso rivolgendo un appello all'Europarlamento affinché eserciti il suo potere di sfiduciare questa Commissione europea "che sta distruggendo qualsiasi prospettiva di supravvivenza dell'Ue".
fonte: KlAudiko Ilgabibich
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