6 giugno 2012
Dai e dai qualcosa si ottiene. Due giorni fa questo blog aveva posto un problema inquietante sul premier Monti, ossia la sua presenza nel Senior European Advisory Council di Moody’s, l’agenzia di rating che ha contribuito ad affossare l’Italia e sui cui giudizi è aperta un’inchiesta della procura di Trani (qui). Libero, com’è costume di certi quotidiani e di certi direttori si è attribuito il merito della “scoperta” e ha buttato questo fatto nella caldaia dove ribollono i veleni mefitici del berlusconismo, lo ha aggiunto all’arsenale delle vendette contro chi ha disarcionato il Capo.
Ma al di là di queste circostanze, rimane il fatto che un dato importante, significativo e potenzialmente devastante della “carriera” di Monti era stato tenuto accuratamente segreto, nonostante qualche accenno, qualche minima traccia fosse rimasta sul web, come una confusa orma nella neve . Adesso Palazzo Chigi è stato costretto a rispondere, a dare qualche spiegazione, visto che comunque il fatto non poteva essere negato.
Monti dice che la sua presenza nel board di Moody’s data dal luglio del 2005 al gennaio del 2009, in tempo insomma per sottrarsi all’indagine di Trani, anche senza fornire alcuna pezza di appoggio. E parrebbe voler sottolineare che la sua presenza nella società di rating era legata alla sua figura istituzionale in quanto presidente della Bocconi. Insomma una specie di titolo onorifico. E infatti la nota prosegue inerpicandosi lungo un sentiero che sa di Arcadia felix: “L’ Advisory Board comportava la partecipazione a due-tre riunioni all’anno che avevano per oggetto scambi di vedute sull’integrazione europea e sulla politica economica dell’Unione europea e non la valutazione, neppure in via indiretta, di stati o imprese sotto il profilo del rating”.
Insomma scopriamo che Moody’s è assai meglio della Caritas: paga pingui assegni a personaggi eminenti che si riuniscono a fare quattro chiacchiere sull’Europa senza aver nulla a che vedere con l’attività di rating né direttamente, né indirettamente. Insomma Palazzo Chigi continua imperterrito a trattare gli italiani come citrulli ai quali nemmeno può passare per la testa che in quelle posizioni si fa attività di lobbing e di informazione. O non possono nemmeno immaginare che non si entra in certe sfere come un cocopro che una volta esaurito il compito, se ne va e tanti saluti.
Una volta uscita fuori la cosa, sarebbero state benvenute spiegazioni più ampie e meno evasive, visto che proprio le agenzie di rating sono state le armi con cui la finanza ha dato l’assalto all’Europa e al suo sistema monetario. E non so se ritenere più inquietante il fatto che Monti faccia finta di non capirlo o proprio non lo capisca. Ma di certo fa finta: il fatto stesso che la sua presenza nel board di Moody’s sia stata finora tenuta accuratamente nascosta, lo suggerisce. Si rimane per basiti dalla mancanza di rispetto istituzionale che arriva al punto prima di nascondere e poi di spacciare come una bagatella un enorme conflitto di interessi.
E chissà quante altre cose non sappiamo, quante altre “chiacchierate” sull’Europa sono passate come un rullo compressore sulle vicende del Paese e sulle nostre vite. Chissà cosa abbiamo fatto per meritarci questi infingardi.
Ma al di là di queste circostanze, rimane il fatto che un dato importante, significativo e potenzialmente devastante della “carriera” di Monti era stato tenuto accuratamente segreto, nonostante qualche accenno, qualche minima traccia fosse rimasta sul web, come una confusa orma nella neve . Adesso Palazzo Chigi è stato costretto a rispondere, a dare qualche spiegazione, visto che comunque il fatto non poteva essere negato.
Monti dice che la sua presenza nel board di Moody’s data dal luglio del 2005 al gennaio del 2009, in tempo insomma per sottrarsi all’indagine di Trani, anche senza fornire alcuna pezza di appoggio. E parrebbe voler sottolineare che la sua presenza nella società di rating era legata alla sua figura istituzionale in quanto presidente della Bocconi. Insomma una specie di titolo onorifico. E infatti la nota prosegue inerpicandosi lungo un sentiero che sa di Arcadia felix: “L’ Advisory Board comportava la partecipazione a due-tre riunioni all’anno che avevano per oggetto scambi di vedute sull’integrazione europea e sulla politica economica dell’Unione europea e non la valutazione, neppure in via indiretta, di stati o imprese sotto il profilo del rating”.
Insomma scopriamo che Moody’s è assai meglio della Caritas: paga pingui assegni a personaggi eminenti che si riuniscono a fare quattro chiacchiere sull’Europa senza aver nulla a che vedere con l’attività di rating né direttamente, né indirettamente. Insomma Palazzo Chigi continua imperterrito a trattare gli italiani come citrulli ai quali nemmeno può passare per la testa che in quelle posizioni si fa attività di lobbing e di informazione. O non possono nemmeno immaginare che non si entra in certe sfere come un cocopro che una volta esaurito il compito, se ne va e tanti saluti.
Una volta uscita fuori la cosa, sarebbero state benvenute spiegazioni più ampie e meno evasive, visto che proprio le agenzie di rating sono state le armi con cui la finanza ha dato l’assalto all’Europa e al suo sistema monetario. E non so se ritenere più inquietante il fatto che Monti faccia finta di non capirlo o proprio non lo capisca. Ma di certo fa finta: il fatto stesso che la sua presenza nel board di Moody’s sia stata finora tenuta accuratamente nascosta, lo suggerisce. Si rimane per basiti dalla mancanza di rispetto istituzionale che arriva al punto prima di nascondere e poi di spacciare come una bagatella un enorme conflitto di interessi.
E chissà quante altre cose non sappiamo, quante altre “chiacchierate” sull’Europa sono passate come un rullo compressore sulle vicende del Paese e sulle nostre vite. Chissà cosa abbiamo fatto per meritarci questi infingardi.
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