di Paolo Becchi
L’allineamento dei giornali alla politica del governo deve ormai ritenersi compiuto. Prova ne sia l’assoluta assenza di notizie, in questi giorni, su quanto sta accadendo in Spagna e Portogallo. Tutto è occultato, passato sotto silenzio, al limite accennato appena. È in atto una violenta repressione del movimento di protesta che, dal 25 settembre scorso, affolla le piazze di Madrid al grido di “Rodea el Congreso”, che significa accerchia ed occupa il Congresso (35 arresti e 64 feriti solo nella giornata del 25). La stampa francese ed inglese storce un poco il naso, ma dà comunque la notizia. C’è un bollettino di guerra che va seguito. Quella italiana finge che non stia succedendo nulla. Per quale ragione? Non è forse la paura che qualcosa di analogo possa accadere anche qui da noi, quando il popolo italiano non potrà che divenire finalmente rivoluzionario, dopo essere stato ridotto alla fame? Che cosa unisce, del resto, le proteste in Grecia a quelle attuali, se non la diffusa insofferenza nei confronti di scelte politiche che per salvare una moneta stanno massacrando intere Popolazioni? Non c’è che una scelta radicale possibile: o abbandonare la moneta comune e con essa il progetto di questa Europa fondata sul potere del mercato finanziario, oppure la sottomissione agli imperativi della finanza con la totale perdita di ciò che resta delle nostra nazionalità.
Non era mai accaduto nella storia d’Europa che governi formati sulla base di maggioranze elettorali uscite da elezioni democratiche fossero sostituiti da “cani da guardia” dei mercati finanziari. Questo è accaduto tanto in Italia quanto in Grecia. Ed ecco che, ora, si lavora a far sì che le prossime elezioni politiche dianouna parvenza di legittimità democratica ad un’operazione che con la democrazia non ha nulla a che vedere. E’ ormai chiaro che si sta lavorando per assicurare la continuità dell’attuale indirizzo di Governo. Ed un Monti–bis sarà possibile se le forze che lo sostengono riusciranno a mettere “in scacco” il nuovo Parlamento. Se riusciranno, cioè, ad impedire la formazione di una maggioranza politica di governo
Fini (all’1,5% circa, ossia a capo di un partito che non rappresenta più nessuno e che non avrebbe neppure un seggio nelle future camere), Casini e Montezemologarantiscono di deviare e disperdere il 6-7% dei voti, premessa utile per “bloccare” ed ostacolare una qualsiasi maggioranza. Berlusconi, da parte sua, sa che non governerà mai più questo Paese: non può che “fingere” di presentarsi come candidato premier, puntare a prendere più voti possibili (certo tali da non superare il 10-15%), per poi spostarli e farli pesare sul piatto di una coalizione a sostegno di un governo possibilmente “neutrale”, per non dire “tecnico”. Fuori da ogni gioco è invece la Lega, che oramai può solo sperare di sopravvivere come gli indiani d’America, nelle sue riserve selvagge del Nord. L’unico possibile ostacolo alla formazione di un nuovo governo tecnico sarebbe stato il PD, il quale avrebbe potuto, sulla carta, avere i numeri propri di una maggioranza politica. Ma, come c’era da aspettarsi, il PD ha già fatto di tutto per perdere le elezioni. Renzi, forte di un programma che Berlusconi potrebbe riciclare da un momento all’altro, costringe Bersani alla difensiva. Ossia a sostenere che il PD si propone come una sorta di governo-copia di quello di Monti, però peggiore (con più tasse): “La nostra idea – ha dichiarato Bersani – è che il centrosinistra debba dire al mondo che l'immagine di rigore e di credibilità che Monti ha offerto è un punto di non ritorno. Ma noi ci metteremo dentro più lavoro, più equità e più diritti”. Un partito d’opposizione, di sinistra, che si propone di governare il Paese per i prossimi cinque anni non può presentarsi in continuità con il governo tecnico voluto dai banchieri e dai grandi interessi finanziari europei.
Cresce così la possibile astensione degli italiani (intorno al 36%). Per “bloccare” il Parlamento potrebbe essere sufficiente davvero poco. C’è soltanto una forza reale, di autentica opposizione, che può tentare il “colpo di mano”: il Movimento 5 Stelle. Che può, in altri termini, tentare di spostare lo “scacco” dato ai partiti politici ed al Parlamento a suo vantaggio. Le elezioni siciliane e romane saranno il suo banco di prova. Il voto in Sicilia, in particolare, è sempre stato considerato un test pre-elettorale delle nazionali, sin dalle prime elezioni amministrative dell’aprile 1947, anticipate rispetto all’entrata in vigore della Costituzione. Non è detto che sia sempre così, ma certo è che un’affermazione del Movimento 5 stelle in una regione come quella siciliana potrebbe avere effetti inarrestabili.
Una sola è la questione fondamentale: se vi sarà o meno in Italia, nei prossimi anni, un’opposizione democratica, una resistenza autentica alla “Terza Repubblica” inaugurata da Napolitano e Monti. Qui si gioca il futuro di più d’una generazione. Vogliono bloccare il Parlamento? E allora occupiamolo! Rodea el Congreso!
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