Nuovi problemi. Anzi no, gli stessi di dieci giorni fa, ma forse più preoccupanti rispetto alle attese. Continua a far parlare di sé la centrale nucleare di Krsko, da una ventina di giorni ferma per lavori programmati di manutenzione. Lavori durante i quali, ricordiamo, erano stati rilevati non meglio precisati «danni» di natura meccanica ad alcune «barre di carburante» nucleare contenute in tre «elementi di combustibile» del reattore, aveva comunicato la direzione della centrale l’11 ottobre scorso, promettendo indagini sul caso. Indagini che stanno procedendo e che hanno svelato, ha specificato l’agenzia di stampa slovena “Sta” citando Andrej Stritar, numero uno dell’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (Ursjv), che una delle barre in questione «si è spezzata». Una parte di essa, lunga mezzo metro, è stata difatti ritrovata «sul fondo del bacino di raffreddamento del reattore» durante le ispezioni in corso.
La possibilità di danni alle barre, ha ricordato sempre l’agenzia di Lubiana, sarebbe «stata presupposta» già mesi fa dal management di Krsko, ancora «quando la centrale nucleare era in funzione», ma il sospetto non poteva essere verificato fino al momento della manutenzione, cominciata a inizio ottobre. Stritar ha ribadito che comunque né «le operazioni» né «la sicurezza» dell’impianto sono state compromesse. E ha informato che un team di tecnici francesi, con l’ausilio di un robot subacqueo, è in arrivo a Krsko per aiutare i colleghi sloveni a chiarire l’origine del problema. Intervento, quello di Stritar, che è stato “provocato” da una lettera aperta di denuncia sul caso inviatagli dal braccio sloveno di “Greenpeace” e dall’ong Focus, allarmate dalle recenti notizie su Krsko. «Senza la nostra lettera non si sarebbe parlato della cosa e siamo soddisfatti che il pubblico sia stato informato» e che «sia stato lanciato un dibattito» sul tema, spiega dalla Slovenia Dejan Savic, responsabile per le politiche energetiche di Greenpeace. Savic che, al contempo, si è detto tuttavia «non soddisfatto» per «la mancanza di ambizioni», causa crisi economica, nell’applicazione del piano di modernizzazione “post-Fukushima” della centrale. La priorità al momento rimane comunque quella di chiarire nel dettaglio cosa sia effettivamente successo alle barre incriminate, una questione che, suggerisce Greenpeace, non dovrebbe essere letta come un contrattempo secondario. «Penso che il problema sia serio», dichiara il rappresentante di Greenpeace. Corrobora questa impressione il fatto che le autorità non «vogliano ancora dire quando la centrale ripartirà». In ogni caso, «questi incidenti non dovrebbero accadere, qualcosa non funziona e dobbiamo vedere cosa è andato per il verso sbagliato». «Finché tutto non sarà chiarito, la centrale non deve essere rimessa in funzione», la posizione di Greenpeace. Posizione dura, ma sul delicato tema sempre meglio procedere con cautela, soprattutto quando si parla d’incidenti. Anche se con le informazioni al momento disponibili, d’incidente nel vero senso della parola non si può parlare, come comprova la mancanza di “avvisi” sul sistema internazionale d’allerta relativi all’impianto sloveno.
Nondimeno rimane l’urgenza di capire se e cosa sia andato storto all’interno di Krsko, anche se le informazioni fornite finora da Lubiana consentono solo di fare supposizioni, che spaziano dal piccolo e normale intoppo tecnico fino a difficoltà interne più gravi, forse non adeguatamente comunicate. Propende per la seconda possibilità John H. Large, fra i massimi esperti mondiali di tecnologia nucleare. Large che, al telefono da Londra, dopo aver visionato i “lanci” della Sta, parla di «problema molto serio». Il piano della centrale, illustra l’esperto, era quello «di sostituire circa un terzo del combustibile». Ora che però «hanno scoperto la barra rotta dovranno estrarre tutti gli elementi e decontaminare il circuito del reattore stesso». Un sistema, quello delle centrali, che è come «un ragno, il reattore ne è il corpo, le zampe vi pompano acqua fino al generatore di vapore, tutto quel corpo va ora pulito», un lavoro che potrebbe durare per 3-6 mesi, ipotizza Large. Ipotesi che sarà probabilmente affrontata oggi assieme al tema sicurezza in una conferenza stampa.
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