DI MASSIMILIANO CAPALBO
FONTE: ERETICAMENTE
http://eccocosavedo.blogspot.it
Che la fine sia vicina o lontana poco importa, il danno è già stato fatto.
Infatti, il giorno dopo l’uscita di scena del signor Silvio Berlusconi da
Milano, detto “il Cavaliere”,la cui figura ha dominato l’ultimo ventennio
della storia politica italiana, non cambierà assolutamente nulla nel nostro
Paese, perché la trasformazione è già avvenuta. Contrariamente a
quanto si possa pensare non ha interessato né le istituzioni, né la
politica, né il costume (di cui è stato solo un degno
rappresentante) ma la comunicazione.
Il concetto di comunicazione a cui mi riferisco è un concetto puro,
originario, fondamentale, che non si basa sull’assunto che comunicare
significhi, come molti erroneamente pensano, inviare un messaggio da
un emittente A ad un ricevente B. Il principio fondamentale a cui faccio
riferimento non considera la comunicazione un processo
lineare, bensì circolare. Comunicare significa, infatti, “entrare in
relazione”.La comunicazione, quindi, è bidirezionale, mai ad una via,
ma soprattutto presuppone una capacità di relazione che va a di là
del semplice trasferimento di contenuti e quindi anche una
capacità di mettersi in ascolto dell’altro. Il “modello
berlusconiano” di comunicazione, che purtroppo ha fatto scuola
soprattutto tra gli addetti ai lavori, è sempre stato, sin dagli esordi,
unidirezionale (non prevede l’ascolto del feedback e si sottrae quasi
sempre al confronto), aggressivo (basta analizzare il tono degli slogan)
e prepotente (occupa tutti gli spazi). Non prevede il rispetto
dell’interlocutore, non si mette in ascolto. Una comunicazione egocentrica,
a volte paranoica, quasi sempre sterile. La comunicazione di un venditore
che deve convincere nel breve periodo che ciò che sta vendendo è un
buon prodotto, ma incapace di creare relazione. Per questo fragile e
destinata a durare giusto il tempo della transazione.
Per scongiurare questo pericolo e sopperire all’incapacità di entrare in
relazione, il modello deve prevedere necessariamente l’occupazione
di tutti gli spazi,l’emarginazione delle voci di dissenso, la proprietà
diretta o indiretta dei mezzi di comunicazione, il potere di “far
cambiare idea” ai più tenaci, lo scambio di favori. Ma soprattutto la
funzionali, stabilite solo in funzione di un interesse, di uno scopo preciso,
per il tempo necessario al raggiungimento dello stesso. Una volta raggiunto
le relazioni muoiono, con la stessa facilità e velocità con cui sono nate.
All’aumentare della loro quantità si registra, contemporaneamente e
spesso, una diminuzione della loro qualità e della loro durata. Ecco qual è la
cicatrice più profonda che il ventennio Berlusconiano lascerà nella società
modello, nato nell’era Craxi e fatto emergere dalle inchieste di Mani Pulite
relazionidella stragrande maggioranza dei cittadini di questo Paese,
in cui la comunicazione affettiva ha lasciato il posto a quella funzionale.
Un Paese basato su relazioni di questo tipo è un Paese fragile,
privo di coesione sociale, carente in fiducia, incapace di fare rete e
di disegnare il proprio futuro, perché incapace di costruirlo su ciò che gli
permetterebbe di funzionare: le relazioni affettive, quelle vere, leali, le
uniche destinate a durare.
http://eccocosavedo.blogspot.it
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