L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, l’AGCOM, sta per concedere agli editori, soprattutto alle televisioni, la possibilità di far cancellare in sole 72 ore i contenuti presenti sul web, anche interi siti, senza nessun vaglio della magistratura, con una semplice segnalazione. Con la scusa del diritto d’autore, il rischio è ancora una volta il controllo e la censura dell’informazione libera. Una norma simile non esiste in nessun altro Paese del mondo, perlomeno tra quelli che consideriamo democratici. Se il Parlamento non interviene, la delibera sarà operativa entro un mese e mezzo. Ho intervistato Fulvio Sarzana, avvocato esperto di tematiche legate alla rete.
Qui di seguito la trascrizione e il video.
Fulvio Sarzana, avvocato esperto di questioni inerenti al web, animatore della campagna sitononraggiungibile.info. Cosa sta succedendo?
Sta succedendo qualcosa di molto grave, a mio giudizio, perché l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (l’Agcom, un’autorità indipendente i cui membri sono nominati dal Parlamento e che oggi è tuttavia senza un membro che si è dimesso) ha deciso di far sì che i contenuti presenti sul web, senza nessun vaglio della magistratura, possano essere cancellati entro 72 ore dalla loro segnalazione.
Tutto questo mi ricorda una delibera analoga di qualche tempo fa, proprio dell’Agcom.
Già, ma il Presidente dell’epoca, Calabrò, decise che non si poteva rilasciare perché non c’era l’autorizzazione del Parlamento. Le disposizioni contenute erano lesive della libertà di espressione. Calabrò decise di soprassedere poiché ritenne di non avere il potere di farlo.
Invece, questo nuovo Presidente…
…decide di farlo comunque, senza ascoltare tutte le istanze che provengono dalla società civile in ordine alla libertà di espressione. Tante organizzazioni internazionali, ma anche ad esempio Noam Chomsky, o Stefano Rodotà, hanno definito la delibera un attacco fondamentale ai diritti dei cittadini e alla libera espressione. Il nuovo Presidente ha deciso di ignorare tutti. Anzi, ha accelerato, proponendo la nuova delibera che è addirittura molto più restrittiva, a giudizio di tante associazioni del mondo delle imprese e del mondo del consumo.
Chi si è attivato per contrastarla? Ci sono Articolo 21, AltroConsumo, AssoProvider…
Sì, sono in tanti a dire: “Perché dobbiamo cancellare il web? Perché dobbiamo censurare?”. Tenete presente che è proprio attraverso i provider italiani, cioè coloro che forniscono l’accesso a internet, che in 72 ore sarà possibile cancellare un singolo contenuto oppure, se l’infrastruttura è all’estero, tutto il sito.
Spieghiamo come funziona questa delibera.
La delibera ha due aspetti fondamentali. Il primo riguarda il web in generale: chiunque ritenga che ci sia anche solo qualche secondo di materiale che gli appartiene, un video o una fotografia per esempio, pubblicata in rete senza la sua autorizzazione, si rivolge all’Agcom. L’Agcom cerca in prima battuta di trovare colui che avrebbe violato il diritto d’autore. Se non lo trova, cosa più che frequente (spesso i siti sono ospitati su server che si trovano all’estero, oppure più semplicemente l’autore del caricamento è in viaggio, o ha subito un lutto, o è malato, o magari ha una momentanea interruzione della connessione a internet e così via), l’Agcom ordina ai provider di cancellare il contenuto segnalato o addirittura l’intero sito.
Il secondo aspetto è a beneficio delle televisioni. Le televisioni commerciali – e non – hanno il potere di far cancellare i contenuti presenti sul web in tempi molto rapidi, se ritengono che vi siano anche pochi secondi tratti dai loro palinsesti televisivi. L’Agcom sta creando uno strumento potentissimo che consentirà alle televisioni di mettere le mani sul web. Il web viene così trasformato in una grande televisione.
Non è una novità: volevano già farlo con il Decreto Romani.
Esatto. L’Agcom ha deciso di basarsi proprio sul Decreto Romani. La nuova delibera si fonda sul Decreto Romani proprio per dare all’Agcom il potere di intervenire nel settore web come se si trattasse di una televisione.
Si potrebbe obiettare che la protezione del diritto di autore è cosa buona è giusta.
Il diritto d’autore è una cosa importante, però va contemperato con ildiritto all’informazione. In 72 ore non ci sarà il tempo di valutare se la libertà di informazione prevale: tante fonti informative sul web, che vivono per esempio grazie ai banner pubblicitari, saranno le prime vittime di questa delibera. Se tu hai un banner che ti rende 5 euro al mese, quello è già considerato uno sfruttamento di carattere commerciale che legittima la procedura abbreviata dell’Agcom: in 72 ore ti cancellano il sito.
Ci sono precedenti internazionali poco rassicuranti…
A Cuba, il canale “Cuba Debate” (dibattito cubano) è stato cancellato dopo aver fatto un’intervista a un agente della Cia che aveva rivelato informazioni esclusive su una serie di attentati. L’agente non aveva in seguito dato l’autorizzazione a mostrare l’intervista e così è stato cancellato l’intero canale, per violazione del diritto d’autore. Questo è quello che potrebbe accadere anche in Italia. Cioè da un singolo contenuto si passa direttamente alla cancellazione dell’intero contenitore. Se pensiamo ai blog, alle testate informative online e alle web-tv è un grave pericolo per la libertà di informazione del cittadino in rete.
E poi, spesso l’informazione libera è fatta anche di frammenti tratti dal dibattito pubblico che vengono commentati. Oppure accade più spesso che immagini realizzate da blogger, semplici cittadini, caricate magari su YouTube, vengano riprese dalle televisioni. A quel punto, le televisioni lo marcano come proprietario, lo rivendicano e il tuo video (o l’intero canale) vengono cancellati. C’è uno strapotere delle lobby dell’editoria.
L’esempio che hai fatto è un classico. Se una persona riprende un’immagine, fa uno scoop e la televisione lo marca, il rischio è che quella stessa televisione chieda all’Agcom di cancellare i contenuti originali, realizzati con tanta passione e sacrificio. Oppure può accadere che io vada in vacanza, faccia delle foto alla mia fidanzata o alla mia famiglia, ci metta sotto distrattamente qualche secondo di una qualunque musica coperta dal diritto d’autore e, nel giro di 48/72 ore, quel video venga cancellato dalla rete grazie alla delibera dell’Agcom. O ancora, magari, può accadere che un blog rielabori immagini prese dal web, già a disposizione di tutti tramite i motori di ricerca, per illustrare un post, magari farne un mash-up e comunicare meglio un’idea. Se queste immagini sono tutelate dal diritto d’autore…
Cioè qui stiamo impedendo alla cultura di diffondersi.
Questo è il problema! Qui non è un problema di pirateria, perché la pirateria commerciale è una cosa grave.
La pirateria è lo sfruttamento a fini di lucro, in maniera massiva, di un’opera di ingegno.
Esattamente: questo deve essere penalizzato e l’ordinamento lo deve prevedere. Quello che però si fa con questa delibera è andare a colpire non la pirateria massiva ma il singolo individuo, il singolo cittadino che mette un contenuto anche solo di pochi secondi. Siamo in presenza della violazione della circolazione dell’informazione. Ci sono trasmissioni Rai che la Rai non mette sul web, di cui non fa il podcast. Fino a qualche tempo fa, ad esempio, era così per la trasmissioneReport. Perché un cittadino italiano che vive in Australia non deve potersi vedere su YouTube Report, senza che la Rai (che finanziamo noi, ndr) richieda la cancellazione del video su YouTube perché viola i suoi diritti? Questo impedisce la circolazione delle informazioni perché un cittadino, se non riesce a vedere un programma a casa sua, magari perché fa un lavoro che lo porta a stare fuori spesso, non può fruire di un certo contenuto. Questo meccanismo fa sì che il web, un mondo libero ricco proprio di informazioni, diventi una grande televisione.
Ma chi c’è dietro?
Io non so chi c’è dietro, ma questa delibera va a beneficio di tanti soggetti, soprattutto dei soggetti del settore televisivo. Su questo non c’è alcun dubbio.
Beh, visto che la delibera si basa sul Decreto Romani, è utile ricordare che Romani era un grande imprenditore televisivo, e fa politica insieme al più grande imprenditore televisivo italiano. Si tratta di uno strumento di censura molto potente. Di controllo e di censura.
Assolutamente sì, specialmente data la brevità del termine: quelle 72 ore. Il diritto d’autore per questi temi è oggetto di lunghe discussioni in tribunale proprio per il diritto alla libera informazione. Un tribunale ha gli strumenti per valutare, ma come fa un’autorità amministrativa, che non si è mai occupata di queste tematiche, a valutare in 72 ore se quella richiesta viola la libertà di informazione oppure se prevale il diritto d’autore? Non lo può fare.
Tra l’altro questa autorità amministrativa col web ha un rapporto che non mi sembra sereno. Il commissario Francesco Posteraro si è riferito al web come “una comoda copertura per calunnie, diffamazioni, pratiche odiose come la pedopornografia, episodi di cyberbullismo che sfociano talora tragicamente in suicidi di adolescenti”. Ha dipinto un quadro veramente a tinte fosche dove si elimina qualsiasi riferimento alle potenzialità positive della rete, che sono quelle preponderanti. “Una sorta di generalizzata licenza di fare strame dei diritti altrui. L’anonimato serve a realizzare una predazione di opere dell’ingegno”. Ma l’anonimato serve anche a dare copertura a chi deve fare una denuncia, magari sul luogo di lavoro. E ancora: “L’Agcom vuole tutelare la loro produzione”, riferendosi alle grandi società di editoria. Ma è normale che l’Agcom sia così sbilanciata a favore delle lobby della produzione dei contenuti?
L’Agcom è un’autorità di garanzia. Una garanzia sussiste solo interpretando un ruolo di totale indipendenza. Le parole che tu hai citato del commissario sono tratte da un convegno. Credo che volesse fare degli esempi. Io non condivido le sue affermazioni per quanto riguarda la rete: secondo me la rete è uno strumento molto positivo. L’anonimato serve, nelle dittature, per consentire ai soggetti di poter esprimere liberamente i propri pensieri. Le primavere arabe non ci sarebbero state senza l’anonimato, e non sarebbe stato possibile nessun rivolgimento sociale. Il whistleblowing, che negli Stati Uniti è considerato un elemento importante, è proprio quello che dicevi tu prima, cioè la possibilità che, coperto dall’anonimato, qualcuno denunci le magagne della pubblica amministrazione, oppure della politica.
Ovviamente una delibera analoga a quella che vuole rilasciare l’Agcom non esiste in nessun’altra parte del mondo civilizzato. O sbaglio?
In nessun altro paese un’autorità amministrativa, senza un’autorizzazione del Parlamento, e senza il controllo della magistratura, cancella contenuti in termini così brevi. In nessun altro paese del mondo.
E quindi che cosa possiamo fare per impedire a questa società di trasformarsi in una enorme televisione alle dipendenze dei soliti noti?
Innanzitutto l’opinione pubblica dovrebbe prendere una posizione. Fino ad oggi i mainstream generalisti non se ne sono occupati, per motivi vari. Quindi è fondamentale far circolare le informazioni, perché un cittadino informato è un cittadino che sa scegliere. Abbiamo inoltre richiesto agli organi parlamentari di riprendere in mano i disegni di legge attualmente pendenti che regolamentano il diritto d’autore in maniera armonica, cioè tenendo in considerazione anche i diritti dei cittadini, introducendo il cosiddetto “Fair Use”, l’uso non commerciale.
E’ una cosa che esiste negli Stati Uniti e non esiste in Italia.
In Italia non abbiamo il Fair Use come negli Stati Uniti. Fair Use vuol dire che se tu non entri in contrasto commerciale con la televisione, se per esempio ti limiti a mettere un video su YouTube che non ha nessun tipo di possibilità di entrare in conflitto con la televisione, hai il diritto di farlo.
Se per esempio voglio commentare quello che hanno detto Tizio e Caio in un telegiornale, faccio vedere un breve spezzone…
Esatto.
E’ l’ABC del dibattito pubblico: questi vogliono veramente mettere la museruola…
Esatto! Il presidente dell’Agcom ha detto che, trattandosi di diritti fondamentali, “se interviene il Parlamento, noi rispettiamo il Parlamento”. Eh beh! Rispettiamolo, il Parlamento! Quindi abbiamo chiesto al Parlamento di occuparsene.
Ma quanto tempo c’è?
Abbiamo un mese e poco più, forse un mese e mezzo. Dopodiché l’autorità varerà la delibera. Su sitononraggiungibile.info c’è la possibilità di firmare la nostra petizione, che poi verrà inviata sia a tutti i parlamentari sia al presidente dell’Agcom. La petizione, sostanzialmente, afferma che la magistratura dovrebbe essere coinvolta in questo procedimento, il quale dovrebbe essere materia di competenza del Parlamento, non dell’Agcom.
Sarebbe opportuno che prima o poi anche all’interno di queste istituzioni, come l’Agcom, magari ci fosse qualche commissario sensibile ai temi della Rete. Qualcuno che la conosca.
Questa è una cosa fondamentale! Nelle prossime settimane il Parlamento dovrà scegliere il nuovo commissario Agcom, che sostituisce il dimissionario Decina. Se l’Agcom entra nella Rete, cancellando i contenuti, la Rete dovrebbe entrare in Agcom. In Agcom dovrebbe esserci un commissario esperto di tematiche legate al web. Poi, oggi abbiamo il paradosso che l’Agcom non corrisponde più, nella geografia politica, alla composizione delle forze parlamentari. Le nomine erano state fatte un anno e mezzo fa, con un altro Parlamento, con tutta un’altra composizione politica. Ci sono forze che oggi sono in Parlamento e che non sono minimamente rappresentate all’interno dell’autorità. Ci sono forze politiche in parlamento che addirittura oggi che vengono proprio dal web. E’ importante che oggi un’autorità di garanzia abbia la possibilità di avere qualcuno che rappresenti le istanze dei cittadini che vogliono una rete libera. Quindi chiediamo alla politica di scegliere bene chi metterà lì, perché sarà probabilmente colui che salverà il web.
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