D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


lunedì 13 agosto 2012

A SETTEMBRE SI VENDONO L’ITALIA….


di Paolo Papillo
venderanno il patrimonio pubblico come fosse cosa loro il tutto con la complicità del PD-PDL-UDC e la finta opposizione di LEGA-SEL e IDV…
ci vendono..
leggete bene questo articolo e diffondetelo dobbiamo informare per salvarci.
Il piano Amato-Bassanini sulla riduzione del debito pubblico prevede solo la svendita del patrimonio pubblico e le privatizzazioni delle quote pubbliche residue aziende statali e locali. Esclusa qualsiasi patrimoniale. Sui capitali esportati illegalmente le cifre diventano molto ma molto relative.
La proposta Amato-Bassanini per la riduzione in cinque anni del debito pubblico, firmata anche dagli economisti Giuseppe Bivona, Davide Ciferri, Paolo Guerrieri, Giorgio Macciotta, Rainer Masera, Marcello Messori, Stefano Micossi, Edoardo Reviglio e Maria Teresa Salvemini sotto l’egida del centro studi Astrid, oggi domina le prime pagine dei giornali padronali (Corriere della Sera, Sole 24 Ore).
Gli undici economisti mettono subito le mani avanti sui pericoli recessivi di una imposta patrimoniale.Nel merito, gli undici dell’Astrid propongono un intervento articolato in sei mosse che entro il 2017 dovrebbe dare un gettito ipotizzato in 178 miliardi:
a) cessione di immobili pubblici per circa 72 miliardi (di cui: 30 dalla cessione agli inquilini dell’edilizia residenziale pubblica; 16 dalla dismissione di immobili di enti previdenziali; 15 da immobili di Regioni ed enti locali; 6 da caserme e sedi delle Province da smantellare; 5 dal cosiddetto federalismo demaniale);
b) 30 miliardi potrebbero venire dalla capitalizzazione delle concessioni (le sole lotterie danno 1,6 miliardi l’anno). Gli autori glissano sul fatto che ad esempio i concessionari privati di giochi e scommesse sono già in debito con lo Stato per ben 98 miliardi;
c) 40 miliardi valgono le privatizzazioni delle quote residue dello Stato e degli enti locali in Eni, Enel, Finmeccanica, St Microelectronics ed ex municipalizzate quotate in borsa;
d) 15 miliardi potrebbero venire imponendo agli enti previdenziali degli ordini professionali di aumentare la quota dei loro investimenti in titoli di Stato di lungo periodo, oggi ferma al 10% del portafoglio investimenti;
e) 16-17 miliardi potrebbe essere il flusso nel quinquennio proveniente dalla tassazione dei capitali italiani depositati in Svizzera, previo accordo con il governo di Berna. Ma su questo – ed è il dato che fa la differenza – gli autori diventano più imprecisi. Infatti non sono in grado di garantire che l’eventuale tassazione dei capitali scudati trovi i capitali lì ad aspettarli invece di involarsi verso i paradisi fiscali;
f) 5 miliardi potrebbero venire da incentivi e disincentivi fiscali volti all’allungamento delle scadenze e alla riduzione del costo medio del debito pubblico.
Il progetto dell’Astrid punta molto sulla Cassa Depositi e Prestiti che già raccoglie 300 miliardi di risparmio privato attraverso il sistema postale e propone di fatto la sua privatizzazione. Pur non essendo una banca, la Cassa ha in deposito alla Bce i suoi effetti creditizi per 25 miliardi, destinati a finanziare per metà lo Stato e per metà l’economia. Decisiva dunque la privatizzazione delle partecipazioni residue del Tesoro, in società quotate e non quotate come le Poste, o degli enti locali nelle ex municipalizzate quotate e nelle 5.500 aziende municipali non quotate, 2.800 delle quali attive nei servizi pubblici locali.
Insomma quello di Amato-Bassanini e dell’Astrid non è un progetto di rientro o di ristrutturazione del debito pubblico ma una “paraculata” che si regge solo su dismissioni e svendita del patrimonio pubblico e privatizzazioni dei gioielli di famiglia sul piano industriale. Quando si arriva ai capitali e alla finanza entra nel regno della incertezza. I soldi vanno presi solo dal bancomat rappresentato dai beni pubblici mai dai capitali privati. Un atteggiamento questo che in dialetto romano viene definito come “paraculo”, a metà tra furbetto e ipocrita.


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