La lobby agro-chimica in azione nella Ue per screditare una ricerca allarmante.
Presto a tavola avremo il primo animale geneticamente modificato, esultano giornali e tv. Un salmone, ovviamente d’allevamento, capace di raggiungere il peso adulto in meno della metà del tempo dei suoi cugini “naturali”: 16-18 mesi invece di 3 anni. Come se per i consumatori fosse una bella notizia (non ci saranno etichette per riconoscerlo, e probabilmente non costerà neppure meno) e senza neppure sollevare qualche dubbio su questa proliferazione di cibi da organismi geneticamente modificati (OGM), approdati ormai anche in una Europa che per anni li aveva banditi, resistendo alle pressioni della potentissima lobby agro-chimica, capeggiata dalla famosa Monsanto.
O famigerata, per gli ambientalisti che da tempo l’hanno nel mirino e ne denunciano i metodi di pressione non proprio ortodossi. Come emerge dalla ricostruzione di una vicenda recente, che non riguarda i salmoni ma il granoturco OGM .Se ne erano occupati anche i giornali, ma distrattamente. Ce la ripropone un post di Global Research, chiaramente di parte ma molto circostanziato (22 le note con citazione delle fonti). E lunghissimo. Cosicché sarà extralarge anche questo post che pure ne taglia un bel po’, e integra altre info.
PREMESSA. La vicenda risale al settembre scorso, quando su Food and Chemical Toxi cology, una seria rivista internazionale, appare uno studio condotto da una équipe di ricercatori francesi dell’Univeristà di Caen, guidata dal professor Gilles-Eric Seralini.
E' importante sottolineare che la ricerca era stata esaminata per 4 mesi da un gruppo di scienziati indipendenti (dalle industrie) che ne avevano valutato la metodologia, giudicando lo studio fondato e degno di pubblicazione.
E’ la prima ricerca indipendente e a lungo termine sugli effetti su animali alimentati con cibo OGM, da quando vent’anni fa l’amministrazione Gorge H.W.Bush dette il via libera negli Usa alla commercializzazione dei semi geneticamente modificati. Senza nemmeno un test precauzionale da parte del governo per stabilire se erano sicuri per il consumo di uomini e animali. Basandosi solo sui test dei produttori – sottolinea il post.
LA RICERCA. Gli scienziati di Caen hanno condotto test su 200 topi nel corso di due anni, con un gruppo di topi alimentati al 33 per cento con cibo OGM e un gruppo “di controllo” senza OGM. Quali OGM? Il granoturco NK603 geneticamente modificato da Monsanto.
Alla fine di una lunga e vincente battaglia legale per costringere Monsanto a diffondere i dettagli del suo studio sulla innocuità del suo mais NK603, l’équipe di Seralini ha riprodotto quella ricerca del 2004 che era stata pubblicata sulla stessa rivista ed era servita all’EFSA, l’Autorità Europea che sovrintende alla Sicurezza dei Cibi, per dare una valutazione positiva a quel tipo di grano OGM, autorizzandone la commercializzazione.
Stesso protocollo di studio, ma con due significative differenze: i test hanno riguardato più parametri e sono stati più frequenti. Soprattutto, l’indagine è durata molto più a lungo: due anni, coprendo un bel pezzo di vita dei topi, a confronto dei 90 giorni dello studio di Monsanto.
Una differenza che è risultata cruciale: i primi tumori sono apparsi nei topi solo dopo 6-7 mesi.
Nella ricerca della multinazionale si erano presentati dei “segni di tossicità”, ma erano stati valutati “non biologicamente significativi” dalla società, e anche dall’EFSA.
Non entriamo nei dettagli della ricerca di Seralini, che ha esaminato tre sottogruppi di topi, alimentati con mais NK603 tollerante al Roundup, mais trattato con Roundup o solo Roundup a basse dosi, inferiori a quelle consentite nell’acqua e nei mangimi GM.
(Il Roundup è un potente erbicida prodotto dalla stessa Monsanto - il più usato nel mondo, per quanto molto discusso - che per contratto deve essere usato coi semi OGM della stessa casa. Questi semi vengono “modificati” per “tollerare” l’erbicida o per produrre essi stessi un effetto killer sulle erbacce, o entrambe le cose. Praticamente queste piante OGM sono “piante erbicide”, concludeva Seralini in una precedente ricerca. Ma torniamo alla nostra indagine).
RISULTATI ALLARMANTI: aumento vistoso di tumori e di morti premature, specie nelle femmine, nell’esposizione prolungata.
Riassumiamo: tra le femmine tumori alla mammella più frequenti e precoci; la ghiandola pituitaria il secondo organo più colpito; l’equilibrio ormonale sessuale modificato da OGM e Roundup. Nei maschi, congestioni del fegato e necrosi 2.5-5.5 volte più frequenti; severe nefropatie ai reni, 1.3-2.3 volte di più, 4 volte di più tumori palpabili, anche grandi come una palla di ping pong (vedi foto) - “e 4 volte di più vuol dire +400% “ sottolinea il post. All’inizio del 24° mese dell’ indagine il 50-80% delle femmine topo avevano sviluppato tumori in tutti i gruppi, rispetto al 30% dei topi controllo. I gruppi trattati con Roundup mostravano il maggior tasso di incidenza, l’80% e fino a 3 tumori per animale.
EFFETTO BOMBA. I risultati della ricerca Seralini hanno prodotto negli ambienti scientifici l’effetto di una bomba termonucleare. Hanno mostrato che i controlli “scientifici” della Ue sugli OGM non sono nient’altro che l’accettazione passiva dei test forniti dalle stesse società che gli OGM producono. Monsanto come la volpe a guardia del pollaio. Con la crescente attenzione della comunità scientifica internazionale nuovi risultati, la Commissione Ue e l’EFSA si sono ritrovate nel mirino come mai era accaduto, racconta il post. (Una rapida ricerca sul web sembra confermare le controversie).
Eppure la loro reazione è stata solo quella di fare muro. "Mostrando la collusione tra Monsanto e cartello agrochimico, e membri del panel OGM dell’ESA e della stessa Commissione UE, compresi i media e alcuni governi, come Spagna e Olanda", sostiene il post. Non senza qualche ragione.
I PRECEDENTI. L’EFSA aveva raccomandato l’approvazione del mais NK603 tollerante al Roundup nel 2009 senza condurre prima o assicurare alcun test indipendente. Nel loro giornale avevano ammesso che si affidavano alle “informazioni fornite dal proponente” (Monsanto), ai commenti di Stati membri, e al report dell’Autorità competente della Spagna, la Commissione per la Biosicurezza. Avevano anche ammesso che i test di Monsanto avevano coperto solo 90 giorni.
Il fatto è che il report spagnolo si limitava a dire che in accordo con le conoscenze internazionali e dopo aver esaminato i dati forniti da Monsanto, la commissione Biosicurezza spagnola avrebbe potuto dare parere favorevole. Come è stato.
La conclusione dell’EFSA fu che “i dati forniti (da Monsanto) erano sufficienti e non facevano sorgere preoccupazioni circa la sicurezza”. Il panel scientifico della Commissione approvò. Ritenne che “il mais NK603 è altrettanto sicuro di quello convenzionale” e che quel mais e i prodotti derivati “non sembrano avere effetto contrario alla salute umana, anche nel contesto degli usi previsti”.
Le linee guida della Commissione sono del resto rivelatrici delle (poche) precauzioni prese sull’uso di OGM e erbicidi tossici: “Dimostrazioni tossicologiche su test animali non sono esplicitamente richieste per l’approvazione di nuovi alimenti nella Ue o in Usa. Esperti indipendenti hanno stabilito che in certi casi analisi chimiche della composizione degli alimenti sono sufficienti per indicare che i nuovi OGM sono sostanzialmente equivalenti agli organismi tradizionali…. In anni recenti società biotech prima di metterli sul mercato hanno testato i loro prodotti transgenici (mais, soia, pomodori) su diversi animali per 90 giorni. E non sono stati osservati effetti negativi”.
Ma 90 giorni sono sufficienti? Forse no. Ma nessuno sembra esserselo domandato, prima della ricerca di Seralini. Nessuna autorità regolatrice al mondo ha richiesto studi più approfonditi su OGM per il consumo animale e umano e pesticidi collegati. E la Ue ha pubblicamente contestato posizioni critiche verso gli OGM, sostenendo che quegli studi indipendenti non erano basati su valutazioni scientificamente accettate, in quanto non erano stati sottoposti a revisione prima della pubblicazione.
OGGI. Il fatto che una tale revisione (la cosiddetta Peer Revew) abbia interessato invece la ricerca
Di Seralini non è però bastato agli esperti dell’EFSA. Quanto meno per chiedere nuove indagini indipendenti a lungo termine che suffragassero o meno quei risultati, in base al principio di precauzione che dovrebbe valere quando è in ballo la salute delle popolazioni.
L’EFSA ha anzi rifiutato di riesaminare la precedente decisione di approvare il mais NK603. E in un documento di 9 pagine ha prontamente messo in dubbio i risultati della ricerca Seralini, contestandone la validità metodologica e scientifica.
Il 28 novembre ha rilasciato un comunicato stampa che recita: “Seri difetti nel progetto e nella metodologia di un articolo di Seralini e altri stanno a significare che tale studio non raggiunge accettabili standard scientifici, e che non c’è bisogno di riesaminare le precedenti valutazioni del mas NK603”. Ed è questo comunicato che è stato poi ripreso dai giornali. “Crediamo così di aver fatto chiarezza”, concludeva Per Bergman, che ha guidato il lavoro dell’EFSA.
CONFLITTI DI INTERESSE. Ha davvero fatto chiarezza? Secondo il nostro post non ha fatto che confermare i conflitti di interesse all’interno dell’Autorità europea, minandone la credibilità. Come ha osservato anche ilCorporate Europe Observatory, gruppo indipendente “cane da guardia” delle decisioni industriali in Europa. Che ha accusato l’EFSA di coprire gli interessi di Monsanto.
Del resto, ha aggiunto l’Osservatorio, più della metà degli scienziati del panel OGM che hanno valutato il test Monsanto nel 2009, dando il via all’autorizzazione degli OGM, hanno conflitti di interesse con l’industria biotech. Conflitti che vanno dal ricevere finanziamenti per ricerche dall’industria a essere membri o collaboratori di associazioni industriali pro-biotech, allo scrivere o recensire pubblicazioni sponsorizzate dall’industria. O si tratta di conflitti scientifici con alcuni membri del panel sono coinvolti in lavori volti alla creazione di piante transgeniche
Il post fa anche qualche nome, a cominciare da quello dello scienziato olandese Harry Kuiper, presidente del panel OGM dell’EFSA. Uno studioso che ha stretti legami con l’industri biotech ed è un aperto sostenitori dei pochi controlli sulla proliferazione di semi modificati. Ed è stato al centro di una diatriba sulle patate OGM con geni resistenti agli antibiotici.
Kuiper ha guidato quel panel dal 2003, periodo in cui l’EFSA è passata dal bando degli OGM all’approvazione di 38 semi geneticamente modificati, consentiti per il consumo umano.
I criteri per l’approvazione del resto erano stati definiti per l’EFSA dallo stesso Kuiper insieme a Monsanto, all’industria biotech e a un organismo sostenuto da Monsanto: l’International Life Sciences Insitute (ILSI) che ha sede a Washington, nel cui consiglio nel 2011 sedevano esponenti di Monsanto, di ADM (uno dei maggiori produttori di soia e grano OGM), Coca Cola, Kraft e Nestlé – le grandi multinazionali alimentari, sostenitrici e utilizzatrici di cibi OGM.
Kuiper, che con Gijes Kleter, un altro membro del panel, è stato attivo nell’ILSI, occupa ancora il posto di presidente, malgrado il conflitto di interesse. Mentre la prof. Diana Banati lo scorso maggio è stata costretta a dimettersi dal Management Board dell’EFSA quando si è saputo che progettava di diventava direttore esecutivo e scientifico allo stesso ILSI, dove potrà far valere le relazioni politiche acquisite a Bruxelles.
Sono le note “porte girevoli” di Bruxelles, dove Mella Frewen, ex Monsanto è direttore generale di FoodDrinking Europe, un settore dell'EFSA, e dove i sentimenti pro OGM non si ritrovano solo all’EFSA.
Qualche settimana prima dell’uscita della ricerca Salini, Anne Glover, capo consigliere scientifico della Commissione Ue, in un’intervista del 24 luglio al sito europeo Euractiv, a proposito degli OGM ha dichiarato che “Non c’è nessun caso comprovato di qualche impatto avverso alla salute umana, a quella animale e all’ambiente, questa è una robusta evidenza, e sarei sicura di dire che non c’è più rischio nel mangiare alimenti OGM che qualsiasi cibo convenzionale”. Ha poi aggiunto che il principio di precauzione non si applica più, il che significa che la Ue sbaglierebbe, mettendosi dalla parte della cautela nell’approvazione degli OGM.
FRANCIA IN CAMPO. Fin qui il post, che conclude sostenendo che l’EFSA per un mero senso di responsabilità scientifica, avrebbe dovuto quanto meno chiedere subito ricerche multiple, indipendenti,per confermare o smentire i risultati dell’équipe Seralini.
Finisce invece per farle la Francia, forse il paese dove più alta l’avversione agli OGM, ma dove è prevalsa una certa cautela.
In un primo momento la Francia ha difeso a spada tratta la "sua" ricerca. “Chiederemo un divieto in tutta Europa” ha tuonato il Primo Ministro Jean Marc Ayrault. Trincerandosi però, correttamente, dietro l’approvazione di quei risultati da parte dell’Anses, l’agenzia nazionale a difesa della salute.
Il ministro dell’Agricoltura si è pronunciato per un immediato stop alle importazioni di quei semi.
E però, dopo il primo documento critico dell’EFSA ne è arrivato uno ben più corposo (37 pagine) dall’HCB, l’Haut Conseil des Biotechnologies, ente incaricato di fornire un supporto alle decisioni pubbliche in materia Biotech, molto critico anch’esso sullo studio di Seralini. Sotto accusa il protocollo sperimentale (non era quello di Monsanto?) l’esposizione frammentaria dei risultati e soprattutto la loro interpretazione, causa la metodologia statistica ritenuta inadeguata. ( vedi qui post italiano)
Non possiamo certo giudicare se le accuse siano fondate, dettate da necessitàpolitiche o effetto dei tentacoli lobbistici.
INFINE. Fatto sta che il Comitato economico, etico e sociale dell’ente francese ha raccomandato di effettuare un’indagine analoga, finanziata dal governo francese, con un protocollo da concordare tra gli esperti dell’HCB e dell’Anses (non dell’EFSA, a quanto pare).
Che è quel che, in effetti, avrebbe dovuto ordinare subito l’EFSA.
Il cui direttore esecutivo Catherine Geslain, peraltro, è arrivata a dichiarare : “Se escludessimo tutti quelli che ricevono denaro dall’industria, non resterebbero più molti esperti”.
Sconsolante.
CONCLUSIONE. Tutto rinviato, insomma. Intanto noi cittadini europei continuiamo a nutrirci di un numero sempre maggiore di cibi OGM, senza neppure che ci sia concesso di sapere cosa mangiamo, dal momento che è stata persino bocciata la proposta di scrivere OGM sulle etichette.
Mentre si comincia a ipotizzare che la recente enorme crescita di allergie e intolleranze alimentari nella popolazione possa derivare proprio dagli OGM. E cominciano ad arrivare allarmanti segnalazioni di germi resistenti agli antibiotici.
In ogni caso, oggi che si parla tanto degli alti costi della sanità pubblica, non sarebbe utile investire sulla prevenzione e verificare seriamente gli eventuali danni alla salute che possono derivare da tante sostanze/manipolazioni chimiche e, quanto meno, rafforzare i controlli? Lo si dice da anni, diventa sempre più urgente.
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