D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


mercoledì 9 gennaio 2013

ILARIA DONATIO – Una notizia: la società civile può fare schifo


idonatio2Di questi tempi, dici “società civile” e senti in sottofondo un sospiro di sollievo: ecco il nuovo nume tutelare della politica di oggi, avvizzita e provata da ogni genere di infortuni. Non sapete come farvi votare? A una lista civica nessuno potrà dire di no!
E allora ce n’è per tutti i gusti: la Vezzali (esponente della mitica società civile delle Olimpiadi), Piero Grasso e Ingroia (autorevoli espressioni delle virtù civiche in magistratura), Mario Sechi, Ida Dominijanni e Massimo Mucchetti, il giornalismo sub partes invaderà tutto l’arco istituzionale. E dunque c’è “Rivoluzione civile”, “Scelta civica”, ci sono liste che fanno incetta di cittadini-che-sono-più-cittadini-di-altri.
Che poi, a voler approfondire, quale sarebbe la società civile invocata dalla politica pre-elettorale? Quella del giusnaturalismo moderno per cui è sinonimo di ’società politica’ (vedi Hobbes e Locke)? O quella di Rousseau (una sorta dibellum omnium contra omnes)? O di Ferguson (prodotto storico, socialmente stratificato e complesso)? O della Filosofia del diritto di Hegel (Not- und Verstandesstaat, stato del bisogno e dell’intelletto)? O forse di Marx (la struttura: i rapporti sociali di produzione) oppure di Gramsci (sovrastruttura: luogo in cui la classe operaia può e deve esercitare la propria ‘egemonia’ su tutta la società)?
Domande folli.
Sì, perché, come scrivono Facci e Travaglio, “pochi hanno il coraggio di dire che la società civile può far schifo: esattamente come vent’anni fa”, può essere espressione di “cricche, clientele e mafie”, che la politica non solo rappresenta, ma che ingloba in sé e da cui è stata penetrata.
Perché questa politica che si battezza come “civica” per l’occasione, questo florilegio di appelli alla cittadinanza, questa infilata di mimesi, di catarsi civiche per ottenere una “forma” accettabile, un abito che sconfessi il professionismo ormai fallito e apra le porte a un nuovo mo(n)do anfibio di fare politica, si fonda essenzialmente su un’idea: quella del cittadino, consumatore finale di un prodotto offerto ancora dai partiti e confezionato su misura. Un cittadino che voti un altro cittadino che la politica ha selezionato per lui.
Il sociologo barese Franco Cassano, capolista Pd della Camera in Puglia, ha detto una cosa un po’ diversa dalla solita solfa in salsa civica. Ha detto, parlando del proprio impegno futuro: “Sarò un cittadino attivo, senza padroni”. Questo è spiegato meglio nel suo libro, “Homo civicus”, dove parla dei beni comuni: “La società civile entra nella politica anche per farsi gli affari suoi, mentre io preferisco parlare di cittadinanza attiva perché solo questa interpreta il proprio impegno in chiave di rinnovamento ed è in grado di trasformare il rapporto tra cittadini”.
Ecco, credo sia una cosa “troppo intelligente” per essere argomentata da tutti quelli che si sentono parte di questa fantomatica società civile. A cui, tuttavia, una domanda più modesta andrebbe posta: “Ma se voi siete la società civile, vuol dire che esiste anche una società incivile?”.
Ilaria Donatio – @iladonatio

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