“L’attuale crisi finanziaria è una crisi relativa alla distruzione dei capitali, è la conseguenza della cosiddetta “demonetizzazione” dell’oro, decisa quarant’anni fa il 15 agosto 1971 dal presidente americano Richard Nixon, con i consigli di Milton Friedman,vincitore del premio nobel per l’economia nel 1976”. (Prof. Antal Fekete, nel libro “Il ritorno al sistema aureo”)
L’ordine monetario internazionale è un castello di carte basato sulla fiducia degli investitori, dei politici e dei cittadini, i quali l’hanno accettato come valido. Per questo la finanza mondiale potrebbe implodere da un giorno all’altro. Basato sulla fiducia perché non più legato all’economia reale, alla produzione di beni e servizi, al deposito e al credito, alle leggi del plus-valore, del sistema aureo (in inglese, “gold standard”), delle frontiere nazionali. La moneta non è più un mezzo di pagamento bensì un bene sul quale fare profitto. Il capitale è diventato oppressore, predatore, apolide, devastatore, speculatore, non più al servizio della libera imprenditoria, delle famiglie e dei cittadini, bensì proprietà di una minoranza.
Sessant’anni di rivoluzione bancaria ed economica
Per capire questa rivoluzione bancaria ed economica è necessario ricollocarsi in una remota località turistica del New Hampshire, Bretton Woods, dove fu tenuta nel luglio del 1944, la Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni unite. Se prima di quella Conferenza – alla quale avevano partecipato 44 nazioni alleate – il metallo aureo era il bene di riferimento di ciascun Stato sovrano sulla propria moneta – che emetteva banconote proporzionalmente ai propri depositi preziosi -, dopo quel giorno fu concordato un nuovo ordine monetario, basato sull’unicità del dollaro quale moneta convertibile in oro; mentre tutte le altre valute potevano essere commutate esclusivamente in dollari.
Se i primi biglietti erano dello Stato (recavano la scritta United States of America sulla carta stampata), dal 1963 diventarono privati, cioè della Federal American Reserve (che non è né federale, né americana, né una riserva), il più grande cartello bancario e finanziario del mondo.
Non a caso l’ex presidente francese Charles De Gaulle, in una celebre conferenza stampa tenuta a Parigi il 4 febbraio 1965, allertò l’Europa intera, preconizzando un ritorno al sistema aureo tradizionale dato che a suo avviso gli Stati Uniti d’America non avrebbero avuto oro a sufficienza da scambiare contro i dollari.
Lo statista francese fu un visionario: pochi anni dopo, all’inizio degli anni Settanta, in conseguenza dei primi Accordi di Bretton Woods, l’80 per cento delle riserve valutarie di tutti gli Stati del mondo erano costituite da dollari, dato che la Federal American Reserve stampava colossali quantità di carta senza però avere la rispettiva riserva aurea per garantire l’equilibrio del sistema monetario mondiale. Non a caso, il 15 agosto 1971, Nixon annunciò a Camp David la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, abrogando unilateralmente gli accordi di Bretton Woods del 1944. Quest’accordo, spinto dal caposcuola di Chicago Milton Friedman (il più grande alfiere del liberismo), ha fatto sì che il denaro “svincolato” dall’oro, non si basava, come d’altronde non si basa tuttora, su nessuna base solida, reale.
Questo progressivo disfacimento dell’economia reale e di tutte le sue leggi – processo storico-economico appoggiato dagli alfieri del liberismo e della globalizzazione forsennata – è stato attuato in questi ultimi sessant’anni con la complicità dell’intera classe politica occidentale, fino a consolidarsi in Europa con l’avvento dell’Euro, una moneta nelle mani dei mercati come ha ricordato l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti in un suo libro: “diversamente dalle vecchie banche centrali nazionali, e a differenza delle altre banche centrali del mondo (ndr, la Federal Reserve, la Bank of Japan, la Bank of England, la Bank of China) , la Bce non è fornita di quella che dovrebbe essere la funzione principale e tipica di una vera Banca centrale: il ruolo di agente del governo, di garante di ultima istanza (lender of last resort).
La complicità delle nomenklature degli Stati era già stata denunciata a suo tempo da Ezra Pound nelle sue poesie in prosa quando scriveva che “i politicanti sono i camerieri dei banchieri”. Lo disse a modo suo anche l’ex presidente della Repubblica italiana Francesco Cossiga nel libro “Fotti il potere”: “i politici sono marionette nelle mani dei banchieri”. Ieri, banchieri e statisti, erano collusi. Oggi non si nascondono più e si appropriano direttamente del potere. Non a caso il golpista Mario Monti era un uomo della Goldman Sachs (una delle 12 banche proprietarie della Fed che durante la crisi ha persino triplicato gli utili!).
Nelle recenti elezioni l’unico ad aver rimesso in discussione l’Eurosistema parlando di “sovranità monetaria” è stato il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, il quale nei suoi venti punti propone un referendum sulla moneta unica europea: o dentro o fuori. Tuttavia per risalire ad una critica viscerale dell’attuale ordine monetario internazionale bisogna risalire ai vecchi spettacoli. In campagna elettorale il genovese si è limitato (soltanto?) a rimettere in discussione i trattati bancari che reggono l’Euro.
Di fatto un referendum propositivo di questo genere è sembrato distruttivo agli occhi dei più. È necessario che Beppe Grillo torni a spiegare, come faceva nei suoi vecchi spettacoli sotto gli insegnamenti del Prof. Giacinto Auriti, il processo storico che ha portato all’attuale recessione economica. Parlare dei costi della politica – questo fine settimana il MoVimento 5 Stelle ha approntato una proposta di tagli per 42 milioni di euro l’anno, sugli stipendi e le indennità dei deputati – non basta, o meglio è troppo facile, dal momento che la “casta” è l’albero che nasconde un’intera foresta (l’ordine economico, bancario e monetario internazionale).
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fonte: L’Intellettuale Dissidente
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