-di Stefano Vito Riccardi-
Torna alla ribalta l’ILVA di Taranto. Con un annuncio shock ci saranno 1500 esuberi. Intanto uno studio espone i tassi d’incidenza tumorale nella città pugliese…
ANCORA SALUTE E LAVORO A RISCHIO - Si torna a discutere della questione ambientale e sanitaria tarantina. Nei mesi scorsi tante voltedailySTORM ha trattato la questione economica che gira intorno alla fabbrica Ilva, pubblicando vari studi riguardo alle condizioni di salute dei cittadini di Taranto. Purtroppo, nonostante l’importanza della vicenda e nonstante Ministri della Salute e dell’Ambiente di vari governi, da quello di Berlusconi a quello di Monti agli attuali, si siano approcciati al caso, ognuno a proprio modo, sono usciti ora a settembre 2013 dei nuovi studi sull’incidenza tumorale nella città. E non poteva andare peggio.
Non sembra cambiato nulla da un anno a questa parte, quando si scriveva su ogni giornale d’Italia come vi fosse il ricatto tra il lavoro e la disoccupazione se la fabbrica ILVA avesse chiuso. Fabbrica che è stata dimostrata col tempo come la causa maggiore d’inquinamento nell’area, causa dell’incidenza anomala rispetto alle medie italiane di varie patologie gravi e con i proprietari, la famiglia Riva, che si sono rivelati come degli imprenditori della peggior specie. Ora la fabbrica è con l’acqua alla gola e piena di debiti, mentre la crisi ambientale e sanitaria non è assolutamente risolta e nemmeno affrontata come andrebbe. Ancora una volta, è giusto sottolinearlo, si rischia di rimanere senza fabbrica e in un situazione sanitaria devastante.
LO STUDIO – L’associazione ambientalista PeaceLink ha diramato un dato molto importante (diffuso anche dalla Asl) sui cittadini di Taranto: sono 8.916 le persone che hanno l’esenzione dal ticket per malattie tumorali. In particolare è interessante notare come nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all’Ilva (Tamburi, Paolo VI, Città vecchia e parte del Borgo), l’incidenza dei malati di tumore si attesta su un cittadino ogni 18. Proprio su tale ultimo dato Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione, ha precisato in una nota che sono 4.328 malati su 78mila abitanti mentre nel distretto sanitario 4, che comprende il resto della città, vi sono 4.588 malati di tumore su 120mila abitanti. Questa è la situazione attuale.
La proposta dell’Associazione, ora, è rivolta all’Ordine dei medici di Taranto perché venga compiuto un opportuno approfondimento su questi dati in modo da individuare le categorie di persone più esposte e di predisporre un sistema di rilevamento dati istantaneo. Anche perché, come spiega Carlo La Vecchia, responsabile del dipartimento di epidemiologia dell’Istituto Mario Negri e docente dell’Università degli Studi di Milano, il problema dell’Ilva resta comunque quello che i tumori attuali non possono essere attribuiti alle esposizioni attuali. Sia che siano associati alle esposizioni ambientali sia che non lo siano, quei valori vanno riferiti al passato (ricordiamo che l’Ilva è a Taranto dal 1964). Perciò la situazione non potrà che peggiorare.
AL VIA I LICENZIAMENTI – Intanto proprio oggi, 12 settembre, il gruppo siderurgico Riva, proprietario dell’Ilva, annuncia 1500 esuberi nelle sue società dopo il sequestro da 916 milioni di euro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Taranto su ordine del gip di Taranto, Patrizia Todisco. Da oggi cesseranno infatti tutte le attività dell’azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva energia e Muzzana trasporti). Tali attività, precisa una nota dell’azienda, non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento di Taranto.
Il sequestro scaturisce da un ulteriore dispositivo del giudice, che ha esteso il decreto di sequestro preventivo già emesso nello scorso mese di maggio, fino al raggiungimento della somma di 8,1 miliardi di euro, nei confronti delle società ‘Riva – F.i.r.e.’, Riva Forni Elettrici’ e ‘Ilva’, tutte con sede a Milano. Tale estensione, spiega la Guardia di Finanza, ha quindi riguardato le società “controllate, collegate o comunque sottoposte all’influenza dominante” dalle predette “ex articolo 2359 c.c.”. L’importo di 8,1 miliardi di euro era stato commisurato al vantaggio economico goduto dal gruppo industriale, derivante dalla mancata messa in opera delle strutture necessarie all’ambientalizzazione della nota azienda siderurgica tarantina.
Stefano Vito Riccardi - http://dailystorm.it
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