L’Italia ha perso vent’anni. Se per il Giappone e per la sua economia si parla spesso del decennio perduto, allora per l’Italia, che di ventennio ne ha già conosciuto uno, possiamo parlare di ventennio perduto. Il 17 febbraio 1992 l’ingegner Mario Chiesa, già assessore del Comune di Milano, fu arrestato per tangenti intascate in relazione ad appalti del Pio Albergo Trivulzio. Il 23 maggio dello stesso anno ricordo mia madre in lacrime: dietro la morte di Giovanni Falcone c’era la fine dellasperanza di un riscatto di tutti i “napoli”, gli immigrati al nord, spesso beffeggiati per una supposta inferiorità etica. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano i figli del Sud, capaci di raccontare una storia, tutta meridionale, di sacrificio e legalità, altro che Craxi e la Milano da bere. Con quella morte finiva quella speranza.
Tra Tangentopoli e gli attentati scoprii a 13 anni in che tipo di Paese fossi nato. Eppure la nascita di un impegno civile diffuso, il movimento dei lenzuoli e Libera nel 1994, l’idea che tutto si potesse scrivere da capo fu per me e tanti miei coetanei la scoperta di una coscienza civile, del senso di cittadinanza, della strada che finalmente il nostro Paese avrebbe dovuto intraprendere.
Venti anni dopo. Il 2 ottobre 2012 viene arrestato Francesco Fiorito, reo di aver utilizzato i fondi destinati all’attività politica per fini personali. Il collasso etico della classe dirigente raggiunge il suo culmine. La rinascita valoriale del nostro Paese è stata una promessa mancata. Eccoci di nuovo al punto di partenza.
Esattamente vent’anni di una Repubblica che chiude la sua cosiddetta seconda vita così come si era conclusa la prima. Nelle ruberie, negli scandali, nell’assoluta insostenibile arroganza del potere. Vent’anni nei quali abbiamo visto mutui di ministri dissolti in versamenti sconosciuti, compravendita di parlamentari da avanspettacolo, presidenti del Consiglio impegnati a occuparsi più di giovani nipoti di Presidenti stranieri che della nostra stessa economia, abbiamo visto una selezione della classe dirigente che neanche Caligola con il suo cavallo, politici in costume sulle passerelle e parlamentari condannati da far sbiadire il bagaglino e Cetto la qualunque. Primi Ministri capaci di chiamare eroi i condannati per mafia rinnegando il sangue dei martiri, dei servitori dello Stato caduti nella guerra alla mafia e offesi da pregiudizi folli su magistrati e giustizia.
In vent’anni nessuno si è occupato di intere generazioni lasciate ai margini del sistema produttivo, di uno stato crescente nei suoi costi e oppressore sui redditi dei cittadini, di una politica economica capace di innovare e sostenere l’economia, di un federalismo che ha aumentato i costi di Regioni e Sanità senza alcun controllo (oggi lo vediamo), della semplificazione istituzionale, della moltiplicazioni di enti pubblici nei campi più disparati, del crescente ricorso al debito da parte delle pubbliche amministrazioni, dell’assoluto disordine nella selva di contratti precari. In politica estera il ventennio perduto ci ha relegato ai margini del dibattito comunitario, alleati con i dittatori del nord africa che si opponevano a qualsiasi “concessione” democratica, assenti nelle politiche per il Mediterraneo, incapaci di affermare con orgoglio la nostra provenienza.
La Norma di Bellini, nella quarta scena del primo atto, canta di una Roma che morrà per i vizi suoi, non certo per la mano di nemici stranieri. Allo stesso modo, oggi i pessimi risultati economici, il crollo di interi settori produttivi, la difficoltà delle imprese, i tassi di disoccupazione altissimi non sono determinati da nemici stranieri, da una globalizzazione ingiusta, da speculatori occulti, da tetri circoli della finanza mondiale. Quei dati sono dovuti a un ventennio senza responsabilità, venti anni senza uno straccio di decisione in materia fiscale, senza interventi che aiutassero le imprese ad assumere e i giovani a trovare occupazione, senza alienazioni capaci di abbattere il debito. Se i tedeschi crescono con stipendi più alti, se non tutta l’Europa è ferma, allora vorrà ben dire che qualche colpa la abbiamo noi. Ce l’abbiamo noi, sì. Ce l’ha l’Italia con il suo ventennio perduto. Con i suoi conflitti di interesse e i suoi condannati in Parlamento, con le sue discussioni sulla giustizia e mai sull’economia, con le orecchie tappate di fronte alle urla di impresa e lavoro, con le sue passerelle e le sue feste in abiti romani mentre gli imprenditori si suicidano e i lavoratori si arrampicano sulle aziende. E sì…le feste in abiti romani….ricordano un po’ la Norma di Bellini.
Ora si chiuda questo maledetto ricorso storico. Ci si occupi una volta per tutte di un vero e proprio cambiamento, nei modi, nella cultura, nella selezione della classe dirigente. Sarà difficilissimo. Per ora solo macerie. Toccherà a tutti gli uomini e donne di buona volontà provare a ricostruire. Speriamo in meno di vent’anni.
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