di Nicola D’Angelo -
Ieri sera sul Tg1, quindi ormai a reti unificate, sproloquio di Silvio Berlusconi contro la magistratura. Ovviamente senza contraddittorio e in spregio alle regole che dovrebbero disciplinare l’informazione televisiva sui processi. Ovviamente senza che nessuno intervenga, pur potendolo e dovendolo fare, in primis l’Agcom. Ovviamente, infine, senza che se ne preoccupino i responsabili della Rai.
Stavolta però il caso è se possibile più grave. Intanto il misfatto accade sul servizio pubblico, e non sulle reti del medesimo imputato. Quindi su una rete televisiva regolata, almeno in astratto, da precise norme sull’obiettività dell’informazione e pagata dalle tasche degli italiani. Poi per la prima volta si mette in mezzo, oltre al solito Tribunale di Milano, la Corte di Cassazione, che nella sostanza viene invitata a pensarci bene prima di pronunciarsi sul lodo Mondadori.
Infine, si usa il “mezzo pubblico” per attaccare un diretto competitore di mercato. Il tutto in una intervista (uso un eufemismo) senza uno straccio di contraddittorio. Dopo essere stato ricevuto dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Repubblica, con ciò almeno implicitamente avvalorando la sua tesi sulla persecuzione, ora spazio nel principale telegiornale italiano per irridere una sentenza di un tribunale della Repubblica, in un crescendo che sa molto di orchestrato.
Commenti indignati? Pochissimi e dei soliti irriducibili “fessi” che pensano ancora che esista la legge o peggio che possa esistere una libera informazione. Invece, poche ore prima un esponente del governo aveva detto ”non é corretto dire su internet ciò che si vuole. Bisogna applicare le stesse regole della Tv”. Ci sarebbe da sganasciarsi dalle risate. Le stesse regole della televisione? Ma allora vogliamo anche noi, affezionati della rete, l’anarchia!
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